PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
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LEONARDO DA VINCI: IL BESTIARIO
Bestiario
1.
Amore di virtù.
H. 5r
Calendrino è uno uccello, il quale si dice, che essendo esso portato dinanzi a uno infermo, che se 'l detto infermo debbe morire, questo uccello li volta la testa per lo contrario e mai lo riguarda; e, se esso infermo debbe iscampare, questo uccello mai l'abbandona di vista, anzi è causa di levarli ogni malattia.
Similmente, l'amore di virtù non guarda mai cosa vile, né trista, anzi dimora sempre in cose oneste e virtuose, e ripatria innel cor gentile, a similitudine degli uccelli nelle verdi selve sopra i fioriti rami; e si dimostra più esso amore nelle avversità che nelle prosperità, facendo come lume, che più risplende dove truova più tenebroso sito.
2.
Invidia.
H. 5v
Del nibbio si legge che, quando esso vede i sua figlioli nel nido esser di troppa grassezza, che per invidia egli gli becca loro le coste e tiengli sanza mangiare.
3.
Allegrezza.
H. 5v
L'allegrezza è appropiata al gallo, che d'ogni piccola cosa si rallegra e canta con vari e scherzanti movimenti.
4.
Tristezza.
H. 5v
La tristezza s'assomiglia al corb[o], il quale, quando vede i sua nati figlioli esser bianchi, che per lo grande dolore si parte, con tristo rammarichio gli abbandona, e non gli pasce insino che non gli vede alquante poche penne nere.
5.
Pace.
H. 6r
Del castoro si legge che, quando è perseguitato, conoscendo essere per la virtù de' sua medicinali testiculi, esso, non potendo più fuggire, si ferma e, per avere pace coi cacciatori, coi sua taglienti denti si spicca i testiculi e li lascia a sua nimici.
6.
Ira.
H. 6r
Dell'orso si dice che, quando va alle case delle ave per torre loro il mele, esse ave lo cominciano a pungere, onde lui lascia il mele e corre alla vendetta, e volendosi con tutte quelle che lo mordano vendicare, con nessuna si vendica, in modo che la sua ira si converte in rabbia, e gittatosi in terra, colle mani e co' piedi innaspando, indarno da quelle si difende.
7.
Gratitudine.
H. 6v
La virtù della gratitudine si dice essere più negli uccelli detti upica, i quali, conoscendo il benificio della ricevuta vita e nutrimento dal padre e dalla lor madre, quando li vedano vecchi fanno loro uno nido e li covano e li notriscano e cavan loro col becco le vecchie e triste penne e con certe erbe li rendano la vista in modo che ritornano in prosper[i]tà.
8.
Avarizia.
H. 6v
Il rospo si pasce di terra, e sempre sta macro perché non si sazia; tanto è 'l timore, che essa terra non li manchi.
9.
Ingratitudine.
H. 7r
I colombi sono assimigliati alla ingratitudine, imperocché quando sono in età che non abbino più bisogno d'essere cibati, cominciano a combattere col padre, e non finisce essa pugna insino a tanto che caccia il padre e tolli la mogliera facendosela sua.
10.
Crudeltà.
H. 7r
Il basalischio è di tanta crudeltà che quando colla sua venenosa vista non pò occidere li animali, si volta all'erbe e le piante, e fermando in quelle la sua vista, le fa seccare.
11.
Liberalità.
H. 7v
Dell'aquila si dice che non ha mai sì gran fame, che non lasci parte della sua preda a quegli uccegli che le son dintorno, i quali non potendosi per sé pascere, è necessario che sieno corteggiatori d'essa aquila, perché in tal modo si cibano.
12.
Correzione.
H. 7v
Quando il lupo va assentito intorno a qualche stallo di bestiame, e che, per caso, esso ponga il piede in fallo, in modo facci strepido, egli si morde il piè per correggere sé da tale errore.
13.
Lusinghe ovver soie.
H. 8r
La serena sì dolcemente canta, che addormenta i marinari; e essa monta sopra i navili, e occide li addormentati marinari.
14.
Prudenzia.
H. 8r
La formica, per naturale consiglio, provvede la state per lo verno, uccidendo le raccolte semenza, perché non rinaschino; e di quelle al tempo si pascono.
15.
Pazzia.
H. 8r
Il bo salvatico avendo in odio il colore rosso, i cacciatori vestan di rosso il pedal d'una pianta, e esso bo corre a quella, e con gran furia v'inchioda le corna, onde i cacciatori l'occidano.
16.
Giustizia.
H. 8v
E' si può assimigliare la virtù della iustizia allo re delle ave, il quale ordina e dispone ogni cosa con ragione, imperoché alcune ave sono ordinate andare per fiori, altre ordinate a lavorare, altre a combattere colle vespe altre a levare le spurcizie, altre a compagnare e corteggiare lo re; e quando è vecchio e sanza alie, esse lo portano, e s'evvi una manca di suo uffizio, sanza alcuna remissione è punita.
17.
Verità.
H. 8v
Benché le pernici rubino l'ova l'una all'altra, non di meno i figlioli, nati d'esse ova, sempre ritornano alla lor vera madre.
18.
Fedeltà ovver lialtà.
H. 9r
Le gru son tanto fedeli e leali al loro re che la notte, quando lui dorme, alcune vanno dintorno al prato per guardare da lunga, altre ne stanno da presso, e tengano un sasso ciascuna in piè, acciò che se 'l sonno le vincessi, essa pietra caderebbe e farebbe tal romore che si ridesterebbono; e altre vi sono che 'nsieme intorno al re dormano, e ciò fanno ogni notte, scambiandosi acciò che il loro re non vegni a mancare.
19.
Falsità.
H. 9r
La volpe, quando vede alcuna torma di sgazze o taccole o simili uccelli, subito si gitta in terra in modo, colla bocca aperta, che par morta; e essi occelli le voglian beccare la lingua, e essa gli piglia la testa.
20.
Busia.
H. 9v
La talpa ha li occhi molto piccoli e sempre sta sotto terra, e tanto vive quanto essa sta occulta, e, come viene alla luce, subito more perché si fa nota. Così la bugia.
21.
Fortezza.
H. 9v
Il lione mai teme, anzi con forte animo pugna con fiera battaglia contra la moltitudine de' cacciatori, sempre cercando offendere il primo che l'offese.
22.
Timore ovver viltà.
H. 9v
La lepre sempre teme, e le foglie che caggiano dalle piante per altunno sempre la tengano in timore e 'l più delle volte in fuga.
23.
Magnanimità.
H. 10r
Il falcone non preda mai se none uccelli grossi, e prima si lascerebbe morire che si cibassi de' piccoli o che mangiasse carne fetida.
24.
Vana gloria.
H. 10r
In questo vizio, si legge del pagone esserli più che altro animale sottoposto, perché sempre contempra innella bellezza della sua coda, quella allargando in forma di rota, e col suo grido trae a sé la vista de' circunstanti animali.
E questo è l'ultimo vizio che si possa vincere.
25.
Constantia.
H. 10v
Alla costanzia s'assimiglia la finice; la quale, intendendo per natura la sua renovazione, è costante a sostene' le cocenti fiamme, le quali la consumano, e poi di novo rinasce.
26.
Inconstantia.
H. 10v
Il rondone si mette per la incostanzia; il quale sempre sta in moto per non sopportare alcuno minimo disagio.
27.
Temperanza.
H. 10v
Il cammello è il più lussurioso animale che sia e and[r]ebbe mille miglia dirieto a una cammella, e se usassi continuo con la madre o sorelle, mai le tocca, tanto si sa ben temperare.
28.
Intemperanza.
H. 11r
L'alicorno, ovvero unicorno, per la sua intemperanza e non sapersi vincere, per lo diletto che ha delle donzelle, dimentica la sua ferocità e salvatichezza; ponendo da canto ogni sospetto va alla sedente donzella, e se le addormenta in grembo; e i cacciatori in tal modo lo pigliano.
29.
Umilità.
H. 11r
Dell'umilità si vede somma sperienzia nello agnello il quale si sottomette a ogni animale, e quando per cibo son dati all'incarcerati leoni, a quelli si sottomettano come alla propria madre, in modo che spesse volte s'è visto i lioni non li volere occidere.
30.
Superbia.
H. 11v
Il fa[l]cone per la sua alterigia e superbia, vole signoreggiare e sopraffare tutti li altri uccelli che son di rapina, e sen desidera essere solo; e spesse volte s'è veduto il falcone assaltare l'aquila, regina delli uccelli.
31.
Astinenza.
H. 11v
Il salvatico asino quando va alla fonte per bere e truova l'acqua intorbidata, non arà mai sì gran sete che non s'astenga di bere e aspetti ch'essa acqua si rischiari.
32.
Gola.
H. 11v
L'avoltore è tanto sottoposto alla gola che andrebbe mille miglia per mangiare d'una carogna e per que[sto] seguita li eserciti.
33.
Castità.
H. 12r
La tortora non fa mai fallo al suo compagno, e se l'uno more, l'altro osserva perpetua castità, e non si posa mai su ramo verde e non beve mai acqua chiara.
34.
Lussuria.
H. 12r
Il palpistrello per la sua isfrenata lussuria non osserva alcuno universale modo di lussuria, anzi maschio con maschio, femmina con femmina, sì come a caso si trovano insieme, usano il lor coito.
35.
Moderanza.
H. 12r
L'ermellino, per la sua moderanzia, non mangia se n[on] una sola volta il dì, e prima si lascia pigliare a' cacciatori che volere fuggire nella infangata tana. Per non maculare la sua gentilezza.
35 bis.
H. 12r
Moderanza raffrena tutti i vizi. L'ermellino prima vol morire che 'mbrattarsi.
36.
Aquila.
H. 12v
L'aquila, quando è vecchia, vola tanto in alto che abbrucia le sue penne, e natura consente che si rinnovi in gioventù caden[do] nella poca acqua. E se i sua nati non posso[n] tene' la vista nel sole, non li pasce. Nessuno uccel, che non vole morire, non s'accosti al suo nido. Gli animali forte la temano, ma essa a lor non noce: sempre lascia rimanente della sua preda.
37.
Lumerpa: fama.
H. 12v
Questa nasce nell'Asia maggiore, e splende sì forte che toglie le sue ombre, e morendo non perde esso lume, e mai li cade più le penne, e la penna che si spicca più non luce.
38.
Pellicano.
H. 13r
Questo porta grande amore a' sua nati, e trovando quelli nel nido morti dal serpente, si punge a riscontro al core, e col suo piovente sangue bagnandoli li torna in vita.
39.
Salamandra.
H. 13r
Questa non ha membra passive, e non si cura d'altro cibo che di foco e spesso in quello rinnova la sua scorza.
La salamandra nel foco raffina la sua scorza: per la virtù.
40.
Camaleon.
H. 13r
Questo vive d'aria e in quella sta subietto a tutti li uccelli e per istare più salvo vola sopra le nube, e truova aria tanto sottile che non pò sostenere uccello che lo seguiti. A questa altezza non va se non a chi da cieli è dato; cioè dove vola il cameleonte.
41.
Alep pesce.
H. 13v
Alep non vive fori dall'acqua.
42.
Struzzo.
H. 13v
Questo converte il ferro - per l'arme nutrimento de' capitani - in suo nutrimento. Cova l'ova colla vista.
43.
Cigno.
H. 13v
Cigno è candido sanza alcuna macchia, e dolcemente canta nel morire, il qual canto termina la vita.
44.
Cicogna.
H. 13v
Questa, bevendo la salsa acqua, caccia da sé il male; se truova la compagn[a] in fallo l'abbandona, e quando è vecchia, i sua figlioli la covano e pascano infin che more.
45.
Cicala.
H. 14r
Questa col suo canto fa tacere il cucco; more nell'olio e resucita nello aceto; canto per li ardenti caldi.
46.
Palpistrello.
H. 14r
Questo, dov è più luce, più si fa orbo e come più guarda il sole, più s'acceca.
Pel vizio che non pò stare dov'è la virtù.
47.
Pernice.
H. 14r
Questa si trasmuta di femmina in maschio e dimentica il primo sesso e fura per invidia l'ova a l'altre e le cova, ma i nati seguitano la vera madre.
48.
Rondine.
H. 14r
Questa colla celidonia allumina i sua ciechi nati.
49.
Ostriga: pel tradimento.
H. 14v
Questa, quando la luna è piena, s'apre tutta, e quando il granchio la vede, dentro le getta qualche sasso o festuca, e questa non si pò riserrare, onde è cibo d'esso granchio.
Così fa chi apre la bocca a dire il suo segreto, che si fa preda dello indiscreto ulditore.
50.
Bavalischio: crudeltà.
H. 14v
Questo è fuggito da tutti i serpenti. La donnola per lo mezzo della ruta conbatte con essi e sì l'uccide.
Ru[t]a per la virtù.
51.
L'aspido.
H. 14v
Questo porta ne' denti la subita morte e per non sentire l'incanti, colla coda si stoppa li orecchi.
52.
Drago.
H. 15r
Questo lega le gambe al liofante e quel li cade addosso e l'uno e l'altro more; e morendo fa sua vendetta.
53.
Vipera.
H. 15r
Questa nel suo co[ito a]pr[e la] bocca e nel fine strigne [i] denti e ammazza il marito; poi i figlioli in corpo cresciuti straccian il ventre e occidano la madre.
54.
Scorpione.
H. 15r
La sciliva, sputa[ta] a digiuno sopra dello scorpione, l'occide.
A similitudine dell'astinenzia della gola che tolle via e occide le malattie che da essa gola dipendano e apr[e] la strada alle virtù.
55.
Coccodrillo: ipocrisia.
H. 17r
Questo animale piglia l'omo e subito l'uccide. Poi che l'ha morto, con lamentevole voce e molte lacrime lo piange, e finito il lamento, crudelmente lo divora.
Cosi fa l'ipocrito che per ogni lieve cosa s'empie il viso di lacrime, mostrando un cor di tigro, e rallegrasi nel core dell'altrui male con piatoso volto.
56.
Botta.
H. 17r
La botta fugge la luce del sole, e se pure per forza v'è tenuta, sgonfia tanto che s'asconde la testa in basso e privasi d'essi razzi.
Così fa chi è nimico della chiara e lucente virtù, che non pò, se non con isgonfiato animo, forzatamente sta[r]le davanti.
57.
Bruco: della virtù in generale.
H. 17v
Il bruco, che mediante l'esercitato studio di tessere con mirabile artifizio e sottile lavoro intorno a sé la nova abitazione, esce poi fori di quella colle dipinte e belle ali, con quelle levandosi inverso il cielo.
58.
Ragno.
H. 17v
Il ragno partorisce fori di sé l'artifiziosa e maestrevole tela, la quale gli rende per benifizio la presa preda.
59.
Lione.
H. 18r
Questo animale col suo tonante grido desta i sua figlioli dopo il terzo giorno nati, aprendo a quelli tutti li addormentati sensi, e tutte le fiere che nella selva sono, fuggano.
Puossi assimigliare a' figlioli della virtù, che mediante il grido delle lalde si svegliano e crescan a li studi onorevole, che sempre più gli innalza[n], e tutti i tristi a esso grido fuggano, cessandosi dai vertuosi.
Ancora il leone copre le sue pedate perché non s'intenda il suo viaggio per inimici.
Questo sta bene ai capitani a celare i segreti del suo animo, acciò che 'l nimico non cognosca i sua tratti.
60.
Taranta.
H. 18v
Il morso della taranta mantiene l'omo nel suo proponimento, cioè quello che pensava quando fu morso.
61.
Duco e civetta.
H. 18v
Questi gastigano i loro schernidori privandoli di vita, che così ha ordinato natura perché si cibino.
62.
Leofante.
H. 19r - 20v
Il grande elefante ha per natura quel che raro negli omini si truova, cioè probità, prudenzia e equità e osservanzia in religione, imperoché quando la luna si rinnova, questi vanno ai fiumi, e quivi purgandosi solennemente si lavano, e così salutato il pianeta ritornano alle selve. E quando sono ammalati, stando suppini gittano l'erbe verso il cielo, quasi come se sacrificare volessino. Sotterra li denti quando per vecchiezza gli caggiano. De' sua due denti l'uno adopera a cavare le radici per cibarsi, all'altro conserva la punta per combattere. Quan[do] sono superati da cacciatori e che la stanchezza gli vince, percotan li denti - l'elefante - e quelli trattosi, con essi si ricomprano. Sono clementi e conoscano i pericoli. E se esso trova l'omo solo e smarrito piacevolmente lo rimette nella perduta strada. Se truova le pedate dell'omo prima che veda l'omo, esso teme tradimento, onde si ferma e soffia, mostrandola a li altri elefanti, e fanno schiera e vanno assentitamente. Questi vanno sempre a schiere, e 'l più vecchio va innanzi, el secondo d'età resta l'ultimo, e così chiudano la schiera. Temano vergogna, non usano il coito se non di notte e di nascosto, e non tornano dopo il coito alli armenti se prima non si lavano nel fiume. Non combattono [per] femmine come gli altri animali, ed è tanto clemente che malvolentieri per natura noce ai men possenti di sé, e scontrandosi nella mandria o greggi delle pecore, colla sua mano le pone da parte per non le pestare co' piedi, né mai noce se non sono provocati.
Quando son caduti nella fossa, gli altri con rami terra e sassi riempiano la fossa; in mo[do] l'alzano il fondo ch'esso facilmente riman libero. Temano forte lo stridore de' porci; e, fuggen[do] indirieto, e' non fa manco danno poi co' piedi a' sua che a' nimici. Dilettansi de' fiumi e sempre vanno vagabundi intorno a quegli, e per lo gran peso non possan notare. Divorano le pietre, e tronchi delli alberi son loro gratissimo cibo. Hanno in odio i ratti. Le mosche si dilettano del suo odore, e posandosili addosso, quello arrappa la pelle e ficca ['n] le pieghe strette, l'uccide. Quando passano i fiumi, mandano i figlioli di verso il calar dell'acqua e stando loro in verso l'erta rompono l'unito corso dell'acqua, acciò che 'l corso non li menassi via.
Il drago se li gitta sotto il corpo, colla coda l'annoda le gambe e coll'alie e colle branche li cigne le coste e co' denti lo scanna, e 'l liofante li cade addosso e il drago schioppa: e così colla sua morte del nemico si vendica.
63.
Il dragone.
H. 20v - 21r
Questi s'accompagnan insieme e si tessano a uso di [g]raticci, e colla testa levata passano i paduli, e notano dove trovan migliore pastura, e se così non si unissin, annegherebbono. Così fa la unizione.
64.
Serpenti.
H. 21r
Il serpente, grandissimo animale, quando vede alcuno uccello per l'aria, tira a sé sì forte il fiato che si tira gli uccelli in bocca. Marco Regulo, cunsulo dell'esercito romano, fu col suo esercito da un simile animale assalito e quasi rotto. Il quale animale essendo morto per una macchina murale, fu misurato 125 piedi, cioè 64 braccia e ½. Avanzava colla testa tutte le piante d'una selva.
65.
Boie.
H. 21r
Questa è gran biscia, la quale con se medesima s'aggluppa alle gambe della vacca in modo non si mova, poi la tetta in modo che quasi la dissezza. Di questa spezie, a tempo di Claudio imperadore, nel monte Vaticano ne fu morta una che aveva uno putto intero in corpo, il quale avea tranghiottito.
66.
Macli: pel sonno è giunta.
H. 21v
Questa bestia nasce in Iscandinavia isola. Ha forma di gran cavallo, se non che la gran lunghezza dello collo e delli orecchi lo variano. Pasce l'erba allo 'ndirieto, perché ha sì lungo il labbro di sopra che pascendo innanzi cop[r]irebbe l'erba. Ha le gambe d'un pezzo; per questo, quando vol dormire, s'appoggia a uno albero, e i cacciatori, antivedendo il loco usato a dormire, segan quasi tutta la pianta, e quando questo poi vi s'appoggia nel dormire, per lo sonno cade. E cacciatori così lo pigliano, e ogni altro modo di pigliarlo è vano, perché è d'incredibile velocità nel correre.
67.
Bonaso: noce colla fuga.
H. 22r
Questo nasce in Peonia, ha collo con crini simile al cavallo, in tutte l'altre parti è simile al toro, salvo che le sue corna sono in modo piegate in dentro che non pò cozzare, e per questo non ha altro scampo che la fuga, nella quale gitta sterco per ispazio di 400 braccia del suo corso, il quale dove tocca, abbrucia come foco.
68.
Leoni, pardi, pantere, tigri.
H. 22r
Questi tengano l'unghie nella guaina e mai le sfoderano, se none addosso alla preda o nemico.
69.
Leonessa.
H. 22r
Quando la leonessa difende i figlioli dalle man de' cacciatori, per non si spaventare dalli spiedi, abbassa li occhi a terra, acciò che per la sua fuga i figli non sieno prigioni.
70.
Leone.
H. 22v
Questo sì terribile animale niente teme più che lo strepido delle vote carrette e simile il canto de' galli, e teme assai nel vederli, e con pauroso aspetto riguarda la sua cresta, e forte invilisce quando ha coperto il volto.
71.
Pantere in africa.
H. 22v - 23r
Questa ha forma di leonessa, ma è più alta di gambe e più sottile e lunga. È tutta bianca e pun[t]eggiata di macchie nere a modo di rosette. Di questa si dilettano tutti li animali di vedere, e sempre le starebbon dintorno se non fussi la terribilità del suo viso, onde essa, questo conoscendo, asconde il viso, e li animali circunstanti s'assicurano e fannosi vicini per meglio potere fruire tanta bellezza, onde questa subito piglia il più vicino e subito lo divora.
72.
Cammelli.
H. 23r
Quegli batriani hanno due gobbi, gli arabi uno; sono veloci in battaglia, e utilissimi a portare le some. Questo animale ha regola e misura osservantissima, perché non si move se ha più carico che l'usato, e se fa più viaggio, fa il simile: subito si ferma, onde li bisogna a' mercatanti alloggiare.
73.
Tigro.
H. 23v
Questa nasce in Ircania; la quale è simile alquanto alla pantera per le diverse macchie della sua pelle ed è animale di spaventevole velocità. Il cacciatore, quando truova i sua figli, li rapisce subito ponendo specchi nel loco, donde li leva; e subito sopra veloce cavallo si fugge. La tigra tornando truova li specchi fermi in terra, ne' quali vedendo sé, li pare vedere li sua figlioli, e raspando colle zampe, scuopre lo 'nganno; onde mediante l'odore de' figli seguita il cacciatore e quando esso cacciatore vede la tigra, lascia uno de' figlioli, e questa lo piglia e portalo al nido, e subito rigiugn[e] esso cacciatore e fa [il s]imile insino a tanto ch'esso monta in barca.
74.
Catoplea.
H. 24r
Questa nasce in Etiopia vicina al fonte Nigricapo. È animale non troppo grande, è pigra in tutte le membra e ha 'l capo di tanta grandezza che malagevolmente lo porta in modo che sempre sta chinato inverso la terra, altrementi sarebbe di somma peste alli omini, perché qualunque è veduto da sua occhi, subito more.
75.
Basilisco.
H. 24v
Questo nasce nella provincia cirenaica, e non è maggiore che dodici dita e ha in capo una macchia bianca a similitudine di diadema. Col fischio caccia ogni serpente; ha similitudine di serpe ma non si move con torture, anzi ma ritto dal mezzo innanzi. Dicesi che uno di questi essendo morto con un'aste da uno che era a cavallo, che 'l suo veneno discorrendo su per l'aste, e nonché l'omo ma il cavallo morì. Guasta le biade, e non solamente quelle che tocca, ma quelle dove soffia. Secca l'erba, spezza i sassi.
76.
Donnola ovver bellola.
H. 24v
Questa, trovando la tana del basilisco, coll'odore della sua sparsa orina l'uccide; l'odore della quale orina ancora spesse volte essa donnola occide.
77.
Ceraste.
H. 24v
Queste hanno quattro pi[ccoli] corni mobili, onde quando si vogliano cibare nascondano sotto le foglie tutta la persona, salvo esse cornicina, le quali movendo, pare agli uccelli quelli essere piccoli vèrmini che scherzino, onde subito si calano per beccarli, e questa subito s'avviluppa loro in cerchio e sì li divora.
78.
Anphesibene.
H. 25r
Questa ha due teste, l'una nel suo loco, l'altra nella coda, come se non bastassi che da uno solo loco gittassi il veneno.
79.
Iaculo.
H. 25r
Questa sta sopra le piante e si lancia e passa attraverso le fiere e l'uccide.
80.
Aspido.
H. 25r
Il morso di questo animale non ha rimedio se non di subito tagliare le parti morse. Questo sì pestifero animale ha tale affezione nella sua compagna che sempre vanno accompagnati; che se per disgrazia l'uno di loro è morto, l'altro con incredibile velocità seguita l'ucciditore, ed è tanto attento e sollecito alla vendetta che vince ogni difficultà passando ogni esercito, solo il suo nemico cerca offendere, e passa ogni spazio e non si può schifarlo se non col passare l'acque o con velocissima fuga. Ha gli occhi in dentro e grandi orecchi, e più lo move l'aldito che 'l vedere.
81.
Ichneumone.
H. 25v
Questo animale è mortale nemico all'aspido, nasce in Egitto, e quando vede presso al suo sito alcuno aspido, subito corre alla lita ovver fango del Nilo e con quello tutto s'infanga, e poi risecco dal sole, di novo di fango s'imbratta, e così seccando l'un dopo l'altro, si fa tre o quattro veste a similitudine di corazza, e di poi assalta l'aspido e ben contasta con quello in modo che, tolto il tempo, se li caccia in gola e l'anniega.
82.
Crocodillo.
H. 25v - 26r
Questo nasce nel Nilo, ha quattro piedi, nuoce in terra e in acqua, né altro terreste animale si truova sanza lingua che questo e solo morde movendo la mascella di sopra. Cresce insino in quaranta piedi, è ungliato, armato di corame atto [a] ogni colpo. El dì sta in terra e la notte in acqua. Questo, cibato di pesci, s'addormenta sulla riva del Nilo colla bocca aperta, e l'uccello detto trochilo, piccolissimo uccello, subito li corre alla bocca, e saltatoli fra i denti, dentro e fora li va beccando il rimaso cibo, e così stuzzicandolo con dilettevole voluttà lo 'nvita aprire tutta la bocca e così s'addormenta. Questo veduto dal eumone subito si li lancia in bocca, e foratoli lo stomaco e le budella, finalmente l'uccide.
83.
Delfino.
H. 26r
La natura ha dato tal cognizione alli animali che oltre al [c]onoscere la lor comodità, cognoscano la incomodità del nimico; onde intende il delfino quanto vaglia il taglio delle sue penne posteli sulla schiena e quanto sia tenera la pancia del coccodrillo, onde nel lor combattere se li caccia sotto e tagliali la pancia e così l'uccide. Il coccodrillo è terribile a chi fugge e vilissimo a chi lo caccia.
84.
Hippotamo.
H. 26v
Questo, quando si sente aggravato, va cercando le spine o dove sia i rimanenti de' tagliati canneti, e lì tanto frega una vena che la taglia e, cavato il sangue che li bisogna, colla lita s'infanga e risalda la piaga. Ha forma quasi come cavallo, l'unghia fessa, coda torta e denti di cinghiale, collo con crini. La pelle non si pò passare se non si bagna. Pascesi di biade ne' campi; entravi allo 'ndirieto acciò che pare ne sia uscito.
85.
Ibis.
H. 26v
Questo ha similitudine colla cicogna, e quando si sente ammalato, empie il gozzo d'acqua e col becco si fa un cristero.
86.
Cervi.
H. 26v
Questo, quando si sente morso dal ragno detto falange, mangia de' granchi e si libera di tale veneno.
87.
Lucerte.
H. 27r
Questa, quando combatte colle serpi, mangia la cicerbita e son libere.
88.
Rondine.
H. 27r
Questa rende il vedere all'innorbiti figlioli col sugo della celidonia.
89.
Bellola.
H. 27r
Questa, quando caccia ai ratti, mangia prima della ruta.
90.
Cinghiale.
H. 27r
Questo medica i sua mali mangiando della edera.
91.
Serpe.
H. 27r
Questa, quando si vuol renovare, gitta il vecchio scoglio cominciandosi dalla testa; mutasi 'n un dì e una notte.
92.
Pantera.
H. 27r
Questa, poi che le sono uscite le interiora, ancora combatte coi cani e cacciatori.
93.
Camaleonte.
H. 27v
Questo piglia sempre il colore della cosa dove si posa, onde insieme colle frondi, dove si posano, dalli elefanti son divorati.
94.
Corbo.
H. 27v
Questo, quando ha ucciso el cameleont[e], si purga coll'alloro.
95.
Dell'antivedere.
H. 48v
Il gallo non canta se prima tre volte non batte l'alie. Il pappagallo nel mutarsi per rami non mette i piè dove non ha prima messo il becco.
Ms. 17.142.2 The Metropolitan Museum of Art, New York
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