PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
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Titolo dell'opera: Dama con ermellino
Data di produzione: 1489-1490
Dimensioni: 54,8 x 40,3 cm
Conservata presso: Castello di Wawel, Museo Czartoryski
Soggetto: Cecilia Gallerani
Tecnica: olio su tavola di noce
Attribuzione: Leonardo da Vinci
Chi è la dama rappresentata nel dipinto?
1^ ipotesi, Madame Ferron
Alla scritta apocrifa “la bele feroniere – Leonard d’Awinci” posta sul quadro si deve un’altra ipotesi, che identifica la dama con Madame Ferron, una delle amanti di Ludovico il Moro.
Secondo una diceria storica la dama sarebbe divenuta l'amante di Re Francesco I di Francia (1494-1547). Il re Francesco I di Francia, noto per il suo patronato delle arti e per essere stato una figura centrale nel Rinascimento francese, è stato associato a diverse donne durante la sua vita, ma una delle più famose è senza dubbio la sua relazione con Anne de Pisseleu d'Heilly, nota anche come Anne de Pisseleu, duchessa d'Étampes.
Anne de Pisseleu d'Heilly, nata intorno al 1508, era una nobildonna francese che divenne l'amante di Francesco I durante il suo regno. Non solo fu la sua amante, ma anche la sua favorita e una delle donne più influenti della sua corte. Il loro rapporto iniziò intorno al 1526, poco dopo che Anne si sposò con Jean IV de Brosse, signore di Boussac e Conte di Penthièvre. Nonostante il matrimonio di Anne, la sua relazione con Francesco I continuò per diversi anni.
Anne de Pisseleu ricevette numerosi favori e onori da Francesco I, incluso il titolo di duchessa d'Étampes nel 1534. La sua influenza sulla politica e sulla corte francese era considerevole, e molte decisioni del re erano influenzate dai suoi consigli e desideri.
La relazione tra Francesco I e Anne de Pisseleu terminò alla morte del re nel 1547. Dopo la sua morte, Anne perse gran parte della sua influenza e potere alla corte francese.
Questa relazione è stata uno degli episodi più noti nella vita personale di Francesco I e ha avuto un impatto significativo sulla politica e sulla corte francese del tempo.
Si narra che il marito di Anne de Pisseleu d'Heilly, il benestante Jean IV de Brosse, signore di Boussac e conte di Penthièvre che sposò Anne nel 1521, prima di diventare l'amante del re Francesco I di Francia. Jean de Brosse, pur essendo il marito di Anne, non sembra essere stato coinvolto direttamente nella vita o nelle attività della corte francese durante il regno di Francesco I, ma era probabilmente a conoscenza della relazione di sua moglie con Anne, una delle tanti amanti predilette del re. De Brosse venne a conoscenza della relazione di sua moglie e capendo che il re, suo amante, era una persona tra le più potenti in quel momento d'Europa, un eventuale scontro, sarebbe stato penalizzante per lui. Decise quindi di vendicarsi in modo più sottile ma certamente rischioso proprio per lui: scelse di contrarre la sifilide, malattia della quale all'epoca non esistevano cure efficaci e gli unici trattamenti disponibili includevano rimedi a base di erbe, purganti e bagni, ma spesso erano inefficaci e avevano effetti collaterali nocivi, fino a causare la morte per sofferenza. Secondo l'idea dello stesso marito, il modo più veloce per contrarla era quella di frequentare i bordelli parigini, scarsamente protetti da possibili infezioni e fucine di batteri per poi, senza dire nulla, contagiare la moglie Anne che, di conseguenza , avrebbe contagiato il re stesso; in questo modo avrebbe compiuto la sua sottile e terrificante vendetta.
La dama avrebbe poi introdotto la moda di adornare la fronte con un filo arricchito di pietre preziose (denominato, dal nome della sua ideatrice, "ferronière") per occultare la "corona di Venere", tipica manifestazione della sifilide secondaria.
La moda si diffuse largamente nella seconda metà del XVI sec. e poi nel XIX sec., epoche in cui la malattia era dilagante. Durante il Rinascimento, l'uso di fili arricchiti di pietre preziose sulla fronte non era una pratica comune o diffusa come potrebbe essere oggi. Tuttavia, nel contesto delle opere d'arte e dei ritratti rinascimentali, possiamo trovare raffigurazioni di persone nobili e aristocratiche che indossano gioielli elaborati, compresi diademi, corone o copricapi decorati con gemme preziose.
E' importante sapere che nel rinascimento, in particolare quello francese, i ritratti di donne nobili spesso mostrano gioielli intricati e ornamenti per capelli decorati con perle, diamanti e altre pietre preziose. Questi gioielli erano un segno di status e ricchezza e venivano indossati in occasioni speciali come matrimoni, cerimonie di corte e altre celebrazioni importanti.
Tuttavia, non esistono prove concrete o testimonianze storiche che indichino un'ampia pratica di indossare fili di pietre preziose direttamente sulla fronte durante il Rinascimento per occultare la "corona di Venere", tipica manifestazione della sifilide secondaria.
2^ ipotesi, Caterina Sforza
Nacque intorno al 1463 e descritta come donna coraggiosa e ferma nelle decisioni, era figlia di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e Lucrezia Landriani.
Caterina, dopo l'assassinio del marito Girolamo Riario, si mise a capo dei proprio soldati nel 1488, difese la città di Forlì dai terribili e violenti attacchi delle truppe papali, difendendo strenuamente la sua città fino alla cacciata del nemico.
Si sposò Giovanni de' Medici, fratello di Papa Leone X.
Caterina morì nel 1509.
Alcuni studiosi per anni hanno identificato la Dama con ermellino nella figura di Caterina Sforza, figlia di Galeazzo Maria Sforza. Secondo questa interpretazione la collana di granati neri, pietra preziosa molto attraente utilizzata nel rinascimento per la creazione di gioielli eleganti e sofisticati, significherebbe che la dama dipinta mostrava tutto il suo dolore attraverso il lutto rappresentato dalla collana nera; la dama infatti perse il padre nella congiura del 1476.
L'ermellino rappresentato, nella simbologia araldica, è associato a diverse qualità, tra cui purezza, nobiltà e virtù. È spesso rappresentato con una pelliccia bianca macchiata di nero, simboleggiando la purezza (il bianco) macchiata dal peccato (il nero). È anche considerato un simbolo di nobiltà e status sociale e, in riferimento all'opera in oggetto, sarebbe un richiamo allo stemma araldico della famiglia di Giovanni Andrea Lampugnani, ritenuto il vero omicida del duca.
3^ ipotesi, Lucrezia Crivelli
Lucrezia Crivelli nacque intorno al 1452 a Milano e apparteneva a una famiglia nobile ma non particolarmente influente. Divenne famosa quando, intorno al 1480, divenne l'amante di Ludovico Sforza, fratello di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano. Ludovico Sforza, meglio conosciuto come Ludovico il Moro, divenne successivamente duca di Milano nel 1494.
La relazione tra Ludovico Sforza e Lucrezia Crivelli fu ben documentata nei resoconti dell'epoca. Nonostante non avesse un titolo nobiliare elevato, Lucrezia ottenne una notevole influenza sulla corte di Milano durante il periodo in cui Ludovico fu al potere. Tuttavia, la sua influenza diminuì dopo che Ludovico sposò Beatrice d'Este nel 1491.
Lucrezia Crivelli ebbe un figlio da Ludovico Sforza, Gian Galeazzo Sforza, nato nel 1491. Questo figlio fu riconosciuto dal padre come legittimo e fu in seguito nominato duca di Milano dopo la morte di Ludovico nel 1508. La discendenza di Lucrezia Crivelli continuò a giocare un ruolo significativo nella storia italiana, poiché i suoi discendenti fecero parte delle dinastie nobili che governarono Milano per molti anni.
Nonostante la sua influenza nella corte milanese e il ruolo nella successione al trono di Milano, Lucrezia Crivelli è in gran parte oscurata dalla fama dei suoi famosi amanti e le informazioni su di lei sono relativamente limitate.
4^ ipotesi, Cecilia Gallerani
Cecilia nacque intorno al 1473 a Siena, da una famiglia nobile, e fu educata nella corte di Ludovico Sforza a Milano. È nota per la sua bellezza e intelligenza, e divenne l'amante di Ludovico Sforza quando aveva circa sedici anni.
Secondo li studiosi più accreditati, come il prof.Carlo Pedretti, la" Dama con ermellino" ci riporta ad identificare con altissime probabilità che la giovane dipinta su tavola da Leonardo da Vinci, sia senza dubbio la dama Cecilia Gallerani.
Chi era Cecilia Gallerani?
(Milano, 1473 – San Giovanni in Croce, 1536), giovanissima, divenne amante del duca Ludovico il Moro, da cui generò un figlio maschio, Cesare Sforza, ottenendo come premio la donazione del feudo di Saronno. Buona conoscitrice del latino e frequentatrice di poeti e letterati, fu poetessa ella stessa, ma la sua fama è dovuta essenzialmente al fatto che posò per Leonardo da Vinci, che la immortalò in un suo ritratto. Quest'ultimo è stato identificato con la famosa Dama con l'ermellino, oggi custodito al Museo Czartoryski di Cracovia. Sposò il conte Ludovico Carminati di Brembilla.
Donna rappresentata
Da una prima superficiale osservazione è facile notare una donna con in braccio un piccolo animale. Si tratta di una giovane donna, probabilmente adolescente, che sembra osservare l'esterno della tavola con lo sguardo orientato alla profondità di un orizzonte immaginario; il suo vestito sembra
La scritta sul dipinto
Si può notare che sul dipinto in alto a destra vi è la la scritta “La Bele Feroniere Leonard d’Awinci”.
E' assolutamente certo che non si tratti di Leonardo da Vinci che, come oramai abbiamo imparato a conoscere scriveva in modo speculare, piuttosto si tratterebbe di una indicazione posticcia e maldestra che un addetto alla catalogazione piuttosto un “titolo” che i proprietari precendenti dell'opera stessa hanno voluto indicare. E' normale pensare che non si tratti di un falso: esistono errori di ortografia leggibile, il carattere è inconsueto per Leonardo. nell’angolo in alto a destra del dipinto, rischia di mandarci fuori strada: come indicano anche le inesattezze ortografiche, si tratta di un elemento apocrifo aggiunto probabilmente in Polonia, e in effetti non abbiamo alcun motivo per pensare che l’opera raffiguri Madame Ferron, l’amante di Francesco I di Francia protagonista di un altro celebre capolavoro di Leonardo.
Parapetto
La separazione tra lo spettatore e la giovane ritratta, resa dalla balaustra alla fiamminga in primo piano, è solo apparente. Il pubblico viene immediatamente coinvolto nella scena dall’intensità dello sguardo della donna le cui mani restano tuttavia invisibili.
Lo sfondo
Nei ritratti del Rinascimento, lo sfondo scuro o neutro era spesso preferito per diversi motivi:
Uno sfondo scuro o neutro permetteva al soggetto del ritratto di essere il punto focale dell'opera. Senza distrazioni causate da dettagli o colori vivaci nello sfondo, lo sguardo dello spettatore era naturalmente attirato verso il volto e la figura del ritratto.
Uno sfondo scuro o neutro consentiva all'artista di concentrarsi maggiormente sulla resa dettagliata del volto, delle mani e degli abiti del soggetto del ritratto. In questo modo, l'artista poteva mettere in evidenza la personalità e le caratteristiche del ritratto in modo più efficace.
Lo sfondo scuro o neutro contribuiva a creare un'atmosfera intima e concentrata intorno al soggetto del ritratto. Questo tipo di sfondo poteva suggerire una sensazione di intimità e profondità emotiva nel ritratto.
Utilizzando uno sfondo scuro o neutro, gli artisti potevano evitare il degrado cromatico nel tempo. I pigmenti scuri erano meno suscettibili al deterioramento rispetto ai colori chiari o luminosi, quindi questa scelta potrebbe essere stata motivata anche dalla volontà di preservare l'opera nel corso del tempo. Probabilmente Leonardo voleva dare l'importanza solo alla giovane ragazza, facendo in modo che l'attenzione fosse tutta su di leievitando dispersioni cromatiche e particolari di contorno che considerava inutili.
La tradizione del ritratto della scuola lombarda nel Rinascimento è caratterizzata da diversi elementi distintivi e influenze artistiche che riflettono le tendenze culturali e sociali della regione lombarda durante quel periodo storico.
I ritratti lombardi del Rinascimento sono noti per il loro realismo e per la cura dei dettagli. Gli artisti lombardi erano abili nel catturare le sfumature delle espressioni facciali, la texture della pelle e i dettagli degli abiti con grande precisione.
Spesso mostrano una raffinatezza formale nella composizione e nell'uso del colore. Gli artisti lombardi tendevano ad adottare un approccio più controllato e sofisticato rispetto ad altre scuole regionali, dando ai loro ritratti un senso di eleganza e nobiltà.
Milano, era un importante centro culturale e commerciale nel Rinascimento, e gli artisti lombardi erano influenzati dalle tendenze artistiche provenienti da altre parti d'Italia e d'Europa. Ad esempio, la presenza di artisti fiamminghi e francesi a Milano durante il dominio dei Visconti e degli Sforza ha contribuito a arricchire il panorama artistico locale.
Molti ritratti dell'epoca ritraevano membri della nobiltà lombarda e della corte milanese, inclusi duchi, duchesse, principi e altre figure di rilievo. Questi ritratti erano spesso commissionati per celebrare il potere e la ricchezza dei committenti e riflettevano la cultura della corte rinascimentale.
Oltre ai ritratti di corte, gli artisti lombardi producevano anche ritratti di santi, vescovi e altre figure religiose, che erano spesso commissionati dalla Chiesa cattolica o da istituzioni religiose locali.
Complessivamente, la tradizione del ritratto lombardo nel Rinascimento era caratterizzata da un'elevata qualità artistica, un realismo accurato e una raffinatezza formale, che riflettevano il contesto culturale e sociale della regione lombarda durante quel periodo storico.
Attraverso la postura e l’espressione del volto continua la sua ricerca nella resa dei moti dell’animo, lasciando immaginare emozioni e situazioni piuttosto che descriverle esplicitamente. , mentre un impercettibile sorriso aleggia sulle labbra della donna: lo stesso che possiamo osservare nel San Giovanni Battista e nella Gioconda.
L’abbigliamento della giovane è curatissimo e ricercato, come si addice a una dama di corte che abbia il privilegio di essere l’amante di uno dei signori più potenti d’Italia. È proprio Ludovico, preso da autentica passione per Cecilia, a commissionare il ritratto a Leonardo. La fanciulla veste alla spagnola, come divenne di moda a Milano in seguito all’avvicinamento degli Sforza al Regno di Napoli. L’acconciatura elaborata che sottolinea i lineamenti con un laccio sulla fronte e il velo dello stesso colore dei capelli, le maniche ampie e preziose adornate da nastri, la collana di granati - simbolo di fedeltà - che spicca sulla carnagione luminosa dipingono in maniera elegante e dettagliata i costumi di una grande stagione, destinata a chiudersi presto con la cattura del Moro ad opera dei francesi.
Pigmenti utilizzati
Per quanto riguarda i pigmenti utilizzati nel dipinto "Dama con l'Ermellino" di Leonardo da Vinci, non esistono registrazioni dettagliate riguardo ai materiali specifici impiegati dall'artista. Tuttavia, è possibile fare alcune ipotesi basate sulle conoscenze delle tecniche pittoriche dell'epoca e su analisi scientifiche condotte sul dipinto.
Si ritiene che Leonardo da Vinci abbia utilizzato una combinazione di pigmenti tradizionali comuni al Rinascimento, tra cui:
Questi sono solo alcuni esempi di pigmenti che potrebbero essere stati utilizzati da Leonardo nella "Dama con l'Ermellino". Tuttavia, la composizione esatta dei pigmenti può variare a seconda delle tecniche personali dell'artista, delle disponibilità locali e delle preferenze del committente.
Dama
L'abbigliamento della donna è curatissimo, ma non eccessivamente sfarzoso, per l'assenza di gioielli, a parte la lunga collana di granati.
Le collane di granati erano popolari e ricercate come ornamenti preziosi. I granati, con il loro colore rosso intenso, venivano considerati simboli di passione, amore e forza, e venivano spesso indossati come gioielli per mostrare status sociale ed eleganza. Le collane di granati erano indossate sia dagli uomini che dalle donne, e potevano essere composte da granati tagliati e montati su fili d'oro o d'argento, formando catene o girocolli che circondavano il collo.
Queste collane non erano solo oggetti di moda, ma anche simboli di potere e ricchezza. Le persone di rango elevato, inclusi nobili e membri della corte, spesso indossavano gioielli di granato per mostrare il loro status e la loro affluenza. Inoltre, le collane di granati potevano avere significati simbolici specifici, come la protezione dalla negatività o l'augurio di prosperità e successo.
Le collane di granati erano ampiamente disponibili nel mercato del Rinascimento, e potevano essere acquistate presso gioiellieri specializzati o commissione a artigiani esperti per la loro creazione su misura. Alcuni esempi di collane di granati rinascimentali sopravvissute sono conservate nei musei e nelle collezioni private, testimonianza del loro valore e della loro bellezza anche oggi.
Il colore rosso intenso dei granati poteva simboleggiare l'amore e la passione, valori celebrati e riscoperti durante il Rinascimento, periodo di fervente interesse per la bellezza, la sensualità e l'amore cortese.
con la sua vivace tonalità rossa, poteva anche essere interpretato come simbolo di vitalità, energia e rinascita. Questo concetto era in linea con l'ideale rinascimentale di rinascita culturale, artistica e spirituale dopo il periodo del Medioevo.
Indossare una collana di granati, soprattutto se realizzata con materiali preziosi come l'oro o l'argento, poteva essere un segno di status sociale ed eleganza. Le persone di rango elevato indossavano gioielli per mostrare la propria ricchezza e posizione nella società.
Mano della dama
Grande rilievo è dato al movimento della mano, che accarezza l’animale con le dita affusolate sottolineandone grazia e purezza
Analisi ai raggi x
L'analisi ai raggi X della "Dama con l'Ermellino" di Leonardo da Vinci ha rivelato importanti informazioni sul processo creativo dell'artista e sulla storia del dipinto.
L'analisi ai raggi X ha rivelato che sotto la superficie dipinta della "Dama con l'Ermellino" ci sono dei disegni preparatori eseguiti dall'artista durante la fase di progettazione del dipinto. Questi disegni possono fornire informazioni preziose sulle modifiche apportate da Leonardo durante il processo creativo e sulle sue scelte compositive.
È stato osservato che Leonardo ha apportato delle modifiche alla posizione dell'ermellino, il piccolo animale che la donna tiene tra le braccia. L'analisi ai raggi X ha permesso di vedere le correzioni e le regolazioni fatte dall'artista per ottenere l'effetto desiderato E inoltre, dall'analisi ai raggi X rivelano che dietro la spalla sinistra della dama era disegnata, forse anche dipinta ma non si ha certezza, una piccola quadrella più chiara, molto simile ad una finestra.
L'analisi ha anche rivelato dettagli anatomici dell'ermellino e della figura umana dipinta, come ad esempio le proporzioni del corpo e la struttura ossea dell'ermellino stesso. Questi dettagli possono essere utili per comprendere meglio il modo in cui Leonardo ha rappresentato la natura e la figura umana nei suoi dipinti.
L'analisi ai raggi X può anche rivelare i materiali utilizzati dall'artista per realizzare il dipinto, come ad esempio i pigmenti della pittura e la composizione del supporto su cui è dipinto il dipinto.
Animale in braccio alla dama
1^ ipotesi: ermellino
Si è scelto di riconoscerlo come tale poiché l’ermellino è il simbolo araldico sforzesco, dal 1486: ossia da quando Ludovico il Moro si unì all’Ordine dell’Ermellino, il quale ovviamente aveva le insegne con questo animale.
L'ermellino potrebbe essere stato associato alla famiglia Sforza come simbolo araldico, utilizzato negli stemmi e nelle insegne della famiglia.
L'ermellino è notevolmente più piccolo del furetto. Solitamente, l'ermellino ha una lunghezza del corpo di circa 20-30 centimetri, mentre il furetto può essere più grande, con una lunghezza del corpo che va da 40 a 50 centimetri.
L'ermellino ha una pelliccia invernale bianca con una punta nera sulla coda, mentre in estate la sua pelliccia diventa di colore marrone. Il furetto ha una pelliccia più uniforme, spesso di colore marrone, nero o albino.
L'ermellino è diffuso in Eurasia e Nord America, e abita in una varietà di habitat, compresi i boschi, le pianure e le aree montuose.
Il furetto è originario dell'Europa e dell'Africa settentrionale, ma è stato ampiamente introdotto in tutto il mondo come animale domestico. In natura, può essere trovato nelle aree agricole e nelle zone con copertura erbosa.
L'ermellino è un predatore agile e solitario, noto per la sua abilità nel cacciare roditori e piccoli mammiferi. È un animale carnivoro e si nutre principalmente di carne.
Nel Rinascimento italiano, l'ermellino era un animale simbolico e iconografico associato a diverse virtù e significati. Alcuni dei simboli e dei significati associati all'ermellino durante il Rinascimento includono:
Purezza e nobiltà: L'ermellino era considerato un animale nobile e aristocratico, spesso associato alla purezza e alla nobiltà morale. La sua pelliccia bianca e marrone chiaro era vista come un simbolo di raffinatezza e di elevato status sociale.
Virtù femminili: Nell'arte rinascimentale, l'ermellino veniva spesso associato alle donne, simboleggiando virtù femminili come la grazia, la bellezza e la purezza. Le donne aristocratiche del tempo indossavano spesso abiti decorati con pelliccia di ermellino come segno di prestigio e status.
Amore e fedeltà: L'ermellino era anche associato all'amore e alla fedeltà. La sua reputazione di essere un animale fedele al suo compagno, così come la sua elegante bellezza, lo rendeva un simbolo appropriato per esprimere sentimenti romantici e ideali di amore duraturo.
Potere politico e dinastico: L'ermellino era spesso utilizzato negli stemmi araldici e nelle insegne dei sovrani e dei nobili durante il Rinascimento. Il suo uso simboleggiava il potere politico, la nobiltà e l'importanza dinastica della famiglia che lo adottava come emblema.
2^ipotesi: furetto
Facendo un’analisi attenta della morfologia dell’animale si può notare che in realtà che il roditore che abbiamo davanti è più somigliante ad un furetto. Il corpo di un ermellino difficilmente supera i 30 cm, mentre quello del dipinto sembra misurare tra i 40 e i 60 cm, dunque si tratterebbe di un furetto.
Perché una scelta simile? Gli ermellini sono animali mordaci e selvatici, sarebbe stato difficile farlo posare insieme alla fanciulla proprio per questa sua natura vivace. I furetti invece sono animali facilmente addomesticabili e semplici da trovare nelle campagne lombarde all’epoca.
Il furetto è anche un carnivoro e si nutre principalmente di carne, ma tende a cacciare in gruppo e ha un comportamento più socievole rispetto all'ermellino. Inoltre, il furetto domestico è stato allevato per diversi secoli per diventare un animale da compagnia, ed è molto popolare come animale domestico in molte parti del mondo.
In sintesi, mentre l'ermellino e il furetto condividono alcune caratteristiche fisiche e comportamentali, ci sono anche notevoli differenze nelle loro dimensioni, habitat, dieta e comportamento sociale.
Il viso di Dama
Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra: per esprimere un sentimento Leonardo preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite.
Dipinti con attenzione al dettaglio, Gli occhi sono seducenti, acquitrinosi, e di un dolce castano dorato. Il naso della dama è piccolo con le narici poco sporgenti.
capelli
La capigliatura di Cecilia é curata in tutti i particolari. Pare che abbia una treccia complessa dietro il collo. Un fascio di capelli incorniciano il volto e passano sotto il mento, nascondendo le orecchie. La riga in mezzo dà al volto luce ed eleganza. Le è stata applicata sulla fronte una specie di cordicella nera, probabilmente in uso a quel tempo. Sotto c'è un'altra strisciolina che, a differenza dell'altra, passa sotto i capelli, è gialla ed ondulata.
Cecilia è stata rappresentata con un'eleganza molto raffinata.
I suoi lineamenti sono dolci e delicati , gli occhi fieri, il sorriso accennato appena ricorda quello della "Gioconda", le mani sono lunghe e affusolate.
Caterina Sforza è stata una figura storica di grande rilievo durante il Rinascimento italiano, nota per il suo coraggio, la sua determinazione e la sua abilità politica.
1463
Nasce a Milano, il padre è Galeazzo Maria Sforza duca di Milano, la madre è la bellissima dama di corte, sua amante, Lucrezia Landriani.
Era quindi membro della potente famiglia Sforza, che dominava il Ducato di Milano e aveva un'influenza significativa sulla politica italiana dell'epoca.
1473
Sposò Girolamo Riario, signore di Forlì. Papa Sisto IV, zio di Girolamo attraverso sua madre, lo nominò signore di Forlì e Imola. Questo gli conferì una notevole influenza politica e militare nella regione.
1482
Giacomo Trotti fu a Milano e qui riuscì a intrecciare una fitta rete di relazioni e ad entrare nelle grazie dello Sforza.[8] Fu proprio il Trotti a gestire, con Eleonora d'Aragona, le trattative che portarono a firmare il contratto matrimoniale fra il Moro e la futura moglie.[
1483
Cecilia, che ha dieci anni, viene promessa dalla madre Margherita in sposa a Giovanni Stefano Visconti di Crenna, figlio di Francesco Visconti e Ginevra Corti, più grande di lei di ben ventiquattro anni. Le nozze premature vennero stabilite per evitarle la vita monastica, allora normale consuetudine per le figlie femmine che non si sposavano.
Cecilia avrebbe dovuto convolare a nozze al compimento dei suoi dodici anni, ma questo matrimonio non verrà mai più celebrato. Infatti, per ragioni oscure, l'attesa delle nozze si prolungò per anni, fino a quando la promessa non venne sciolta formalmente nel
1487.
Questa unione mancata potrebbe essere spiegata dal presentarsi di un più allettante partito per i Gallerani, l'ancora scapolo Ludovico Sforza, detto il Moro.
Vincenzo Calmeta, segretario di Beatrice d'Este, traccia una breve biografia di Cecilia, dicendo che, non potendo i suoi parenti combinarle un matrimonio convenevole alla sua posizione a causa della ristrettezza finanziaria, "piccolina la messero [misero] in un monastero, dove ella crescendo in tempo e in virtute, pervenne la fama delle sue bellezze e maniere sue all'orecchie di Lodovico Sforza, il quale, essendo senza mogliere né ancora assunto al Ducato di Milano, s'innamorò della fama di questa giovinetta".
Infatti, al maggio di quell'anno risale una petizione firmata e depositata a corte da Cecilia e dai fratelli, nella quale, vista la situazione economica familiare poco stabile, chiedono di tornare proprietari delle terre di cui sono eredi e che, probabilmente, vennero confiscate quando il padre era ancora in vita; il motivo di mettere in atto questa operazione poteva essere dovuto al fatto che i Gallerani si sentissero probabilmente forti del solido appoggio del Moro. Ancora, sempre nel giugno di quell'anno, il Moro dovette egli stesso intervenire personalmente per fare da paciere tra la famiglia dei Gallerani e quella dei Taverna, ponendosi a favore di Sigerio Gallerani, fratello di Cecilia, anche se fu proprio quest'ultimo ad aver causato i dissidi, poiché s'era macchiato dell'omicidio di un membro familiare dei Taverna.[1] Infine, è importante notare che, al momento della suddetta petizione, Cecilia non era più dimorante nella casa paterna, ma risulta domiciliata in una non meglio specificata abitazione situata nella parrocchia del Monastero Nuovo; quest'ultima dimora potrebbe essere il luogo predisposto dal Moro per i suoi incontri amorosi con la giovane Cecilia.
1488
secondo una lettera del luglio 1484, lo stesso Ludovico il moro descrive, con dovizia di particolari, la personalità:
"del piacere ch'io prehendo già alchuni dì fa cum una giovane milanese, notabile de sangue, honestissima et formossa quanto più havesse possuto desiderare".
Alcuni storici hanno supposto che la relazione con la giovanissima Cecilia, all'incirca quattordicenne, fosse cominciata proprio in quei giorni. Del resto la sorella maggiore Zanetta era già amante di Luigi Terzago, presunto figlio bastardo del condottiero Jacopo Piccinino, nonché segretario del Moro. Quest'ultimo avrebbe senz'altro avuto modo, tramite il proprio segretario, di scoprire già allora la bellezza dell'adolescente Cecilia.
In quest'anno Ludovico il moro fu investito dal re di Napoli con il titolo prestigioso onorifico di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino
1488
Dopo l'assassinio del marito durante una rivolta a Forlì, sua moglie Caterina Sforza continuò a giocare un ruolo importante nella politica italiana, quando le truppe armate Papa Innocenzo VIII tentarono di conquistare la città, assediandola per settimane.
Senza più il marito, Caterina prese la testa delle sue truppe e con sprezzo del pericolo, difese strenuamente la città di Forlì.
La narrazione tramandata di quelle settimane racconta di una Caterina assai coraggiosa, decisa a morire per difendere i suoi cittadini. Scelse di portarsi suo bastioni della città affiancata dai suoi figli che combatterono con lei e che avrebbe voluto vederli morire da difensori delle terre piuttosto che diventare schiavi del papato. Fu un durissimo scontro che alla sua conclusione, oltre che riportare migliaia di morti da entrambe le parti, consenti a Caterina di cacciare le truppe papali e mantenere saldo il controllo della città.
1493,
il poeta Bernardo Bellincioni compose il sonetto Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo:
«Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.
L'onore è tuo, sebben con sua pittura
La fa che par che ascolti e non favella:
Pensa quanto sarà più viva e bella,
Più a te fia gloria in ogni età futura.
Ringraziar dunque Ludovico or puoi
E l'ingegno e la man di Leonardo,
Che a' posteri di te voglia far parte.
Chi lei vedrà così, benché sia tardo, -
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel eh' è natura et arte.»
Dopo la morte, venne presumibilmente sepolta nella cappella della famiglia Carminati, all'interno dell'antica Chiesa di San Zavedro, presso San Giovanni in Croce.
1497
Caterina si sposò con Giovanni de' Medici, fratello di Papa Leone X, noto anche come Giovanni delle Bande Nere. Giovanni delle Bande Nere era un condottiero italiano e membro della potente famiglia dei Medici di Firenze. La loro unione sottolineò un'alleanza politica tra le famiglie Medici e Sforza, consolidando il potere e l'influenza di entrambe le famiglie in Italia centrale.
1509, 28 maggio
A soli 46 anni e In seguito ad una polmonite, Caterina Sforza muore a Firenze.
Le notizie della sepoltura indicano il monastero delle Murate di Firenze e, ad oggi, non si conosce la posizione della sua tomba e dove sia stata tumulata.
1789
"La Dama con l'ermellino", che è stato acquisito dalla famiglia Czartoryski nel 1798.
1801
la collezione è stata aperta al pubblico come Museo Czartoryski a Cracovia, in Polonia. Il museo è diventato una delle principali attrazioni culturali della città e ha attirato visitatori da tutto il mondo per ammirare le sue opere d'arte.
Eventi storici: Durante la storia travagliata della Polonia, la collezione ha subito vari eventi traumatici, compresa la confisca da parte delle autorità russe nel XIX secolo e i danni durante la seconda guerra mondiale. Tuttavia, molte delle opere d'arte sono state recuperate e restaurate dopo la guerra.
1^ ipotesi
Questo saccheggio culturale, noto come "Kunstschutz", faceva parte del programma nazista di depredazione delle risorse culturali e si tradusse nel furto di migliaia di opere d'arte preziose e il regimento fanteria tedesco si impossesso dell'opera per portarla, assieme ad altre opere, via treno in Germania..
2^ ipotesi
"La Dama con l'ermellino" non fu tra le opere saccheggiate dai nazisti nell'operazione "Kunstschutz" e nemmeno in operazioni minori. La sua ubicazione durante la guerra non è stata compromessa e il dipinto è rimasto relativamente al sicuro. La famiglia Czartoryski, che possedeva il dipinto e la Collezione Czartoryski in cui era esposto, ha fatto sforzi significativi per proteggere le opere d'arte durante l'occupazione nazista. Dopo la guerra, il dipinto è tornato nella Collezione Czartoryski a Cracovia, dove è esposto al pubblico fino ad oggi.
La collezione è stata fondata da August Aleksander Czartoryski, un nobile polacco e un mecenate delle arti, nel corso del XVIII secolo. La famiglia Czartoryski era nota per il suo sostegno e patronato delle arti e della cultura.
Nel corso dei decenni successivi, la collezione è stata costantemente arricchita con nuove acquisizioni di opere d'arte e oggetti storici di grande valore. La famiglia Czartoryski ha viaggiato in Europa per acquistare opere d'arte e ha ricevuto donazioni da altri collezionisti e artisti.
1939-1945
Durante la Seconda Guerra Mondiale gli invasori nazisti occuparono la Polonia e la città di Cracovia, resero il castello del Wawel, risalente al X secolo, ampliato e trasformato da diverse dinastie regnanti, tra cui i re polacchi, i sovrani austriaci e i vescovi di Cracovia, comando e residenza dei generali dell'esercito. Hans Frank fu nominato Governatore Generale del Governatorato Generale della Polonia occupata, un'entità amministrativa creata dai nazisti per governare i territori polacchi occupati. In questa posizione, Frank fu responsabile di implementare politiche di occupazione brutali e di organizzare la deportazione e l'omicidio di milioni di ebrei e altri gruppi perseguitati, nonché nominato a capo dei tesori artistici di tutta la Polonia. Secondo documenti storici fu proprio Hans Frank che diede l'ordine di spostare tutte le opere d'arte sequestrate presso il castello, catalogarle per dimensioni e spedirle attraverso la rete ferroviaria direttamente a Berlino; tra queste opere vi era la “Dama con ermellino”.
1946
Dopo una attenta analisi, alcuni studiosi che ebbero accesso all'opera, notarono che proprio sull’angolo inferiore destro della tavola vi era l’impronta di un tallone. E' probabile pensare che durante la catalogazione dell'opera da parte dei nazisti, non vi fu una particolare cura della tavola. Di seguito i restauratori che ebbero il compito di intervenire per un micro restauro, eliminarono l'impronta dalla tavola.
2016
la Collezione Czartoryski è stata integrata nel Museo Nazionale di Cracovia, che è diventato responsabile per la sua gestione e manutenzione. La collezione continua a essere una delle più importanti collezioni d'arte in Polonia e in Europa, testimoniando il patrimonio culturale e artistico ricco e diversificato del paese.
La storia della Collezione Czartoryski riflette la passione e l'impegno della famiglia Czartoryski nell'accumulare e preservare opere d'arte di grande valore storico e artistico per le generazioni future.
Dove si può vedere l'opera?
Salvata nel corso della Seconda guerra mondiale, il dipinto, assieme ad altri pezzi della collezione Czartoryski, venne nascosto nel castello del Wawel, per poi essere rinvenuto dai nazisti nell'invasione della Polonia.
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