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Leonardo non smetteva mai di pensare, rifletteva su ogni tipologia di fenomeno naturale, chiedendosi costantemente il perché avvenisse. E’ stato anche un grande precursore degli studi di geologia, tra i primi a rendersi conto di che cosa fossero i fossili, e come mai in cima alle montagne si ritrovavano fossili marini, di conchiglie e pesci.
Leonardo, in totale opposizione con il pensiero dominante all’epoca, teorizzò i movimenti delle masse d’acqua sulla terra in modo simile a ciò che avviene con la circolazione del sangue, ossia un ciclo chiuso in continuo movimento, con lento ma inesorabile ricambio.
Grazie all’osservazione e ai suoi ragionamenti non troppo convenzionali, Leonardo arrivò alla conclusione che i luoghi di montagna dove si trovavano i fossili, un tempo dovevano essere fondali marini, contraddicendo le teorie dell’epoca, di chiara ispirazione religiosa, secondo le quali era grazie al diluvio universale, o ad altri fenomeni divini, che i fossili di conchiglia potevano trovarsi in montagna, ben lontani dal mare.
Le continue osservazioni arricchite da ragionamenti non convenzionali, condussero Leonardo a una scoperta che si è poi rivelata sorprendentemente esatta.
Per studiare il territorio Leonardo si dedicò anche alla rappresentazione dello stesso in mappe che sorprendono per la loro precisione e accuratezza, oltre che per il grado artistico in esse contenuto.
Famose sono la Mappa di Imola e la Mappa della Toscana, che include anche parte dell’Emilia Romagna, entrambi nel Codice Windsor, ma anche la Mappa della Valdichiana e quella della Pianura Pontina, quest’ultima usata da Leonardo per il progetto di bonifica commissionatogli dai Medici, e sorprendentemente precisa in termini di rilevazioni geografiche e altimetriche.
Un recente studio ha rilevato, nell’Appennino piacentino, il laboratorio paleontologico di Leonardo da Vinci
Uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricerca ha attribuito la vera paternità dei primi studi di Paleontologia a Leonardo da Vinci, il quale riuscì a scoprire la reale natura dei fossili utilizzando come laboratorio per le sue ricerche l’Appennino piacentino.
La squadra internazionale di scienziati che ha conseguito questo importante risultato è stata guidata dal paleontologo Andrea Baucon (Università di Genova). Del team hanno fatto parte, inoltre, Fabrizio Felletti (Università degli Studi di Milano), Girolamo Lo Russo (Museo di Storia Naturale di Piacenza) e Carlos Neto de Carvalho (Naturtejo UNESCO Global Geopark/Istituto D. Luiz, Portogallo).
Le conclusioni della ricerca sono state pubblicate sul numero di marzo della rivista RIPS (Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia), tra le 30 migliori riviste al mondo di geologia. Comparando i Codici di Leonardo da Vinci, in particolare il Codice Leicester, con il registro fossilifero dell’Appennino piacentino. I Codici costituiscono una preziosa fonte di informazione sulla vita artistica e culturale del grande italiano in quanto raccolte di annotazioni, appunti e disegni realizzati da Leonardo su diversi argomenti.
Leonardo da Vinci, precursore della Paleontologia
Nel Codice Leicester Leonardo ha descritto minuziosamente delle particolari forme impresse nella pietra. Il genio toscano ha saputo interpretare correttamente queste forme come icnofossili (tracce fossilizzate lasciate da forme di vita che si sono mosse su un substrato).
Questa intuizione risulta ancora più incredibile se si pensa che fino alla prima metà del XX secolo gli scienziati li hanno interpretati erroneamente come alghe.
Da Vinci è stato in grado di rilevare la natura organica delle “conchiglie pietrificate” (fossili di molluschi) che nel Rinascimento erano considerate soltanto come delle meraviglie inorganiche.
Secondo i ricercatori, Leonardo avrebbe realizzato queste scoperte studiando i fossili presenti nel sito Pierfrancesco (nei pressi di Castell’Arquato).
Leonardo non smetteva mai di pensare, rifletteva su ogni tipologia di fenomeno naturale, chiedendosi costantemente il perché avvenisse. E’ stato anche un grande precursore degli studi di geologia, tra i primi a rendersi conto di che cosa fossero i fossili, e come mai in cima alle montagne si ritrovavano fossili marini, di conchiglie e pesci.
Leonardo, in totale opposizione con il pensiero dominante all’epoca, teorizzò i movimenti delle masse d’acqua sulla terra in modo simile a ciò che avviene con la circolazione del sangue, ossia un ciclo chiuso in continuo movimento, con lento ma inesorabile ricambio.
Grazie all’osservazione e ai suoi ragionamenti non troppo convenzionali, Leonardo arrivò alla conclusione che i luoghi di montagna dove si trovavano i fossili, un tempo dovevano essere fondali marini, contraddicendo le teorie dell’epoca, di chiara ispirazione religiosa, secondo le quali era grazie al diluvio universale, o ad altri fenomeni divini, che i fossili di conchiglia potevano trovarsi in montagna, ben lontani dal mare.
Le continue osservazioni arricchite da ragionamenti non convenzionali, condussero Leonardo a una scoperta che si è poi rivelata sorprendentemente esatta.
Per studiare il territorio Leonardo si dedicò anche alla rappresentazione dello stesso in mappe che sorprendono per la loro precisione e accuratezza, oltre che per il grado artistico in esse contenuto.
Famose sono la Mappa di Imola e la Mappa della Toscana, che include anche parte dell’Emilia Romagna, entrambi nel Codice Windsor, ma anche la Mappa della Valdichiana e quella della Pianura Pontina, quest’ultima usata da Leonardo per il progetto di bonifica commissionatogli dai Medici, e sorprendentemente precisa in termini di rilevazioni geografiche e altimetriche.
Le colline su cui sorge Castell’Arquato sono modellate sui sedimenti che si depositarono in un periodo di tempo che va da 5 a circa 1,2 milioni di anni fa in un braccio di mare che occupava l’attuale Pianura Padana ed era l’habitat naturale per una grande quantità di organismi: dai molluschi ai granchi, dai coralli ai grandi cetacei.
I loro resti, rimasti imprigionati per millenni nelle sabbie e nelle argille, oggi si presentano sotto forma di fossili. Gran parte della zona orientale della provincia di Piacenza ne è talmente ricca che un piano geologico del Pliocene è universalmente conosciuto con il termine di “Piacenziano”.
“Nel bacino del Mediterraneo […] il livello delle acque lambiva le falde dei monti che lo circondavano; e le cime dell'Appennino si trovavano in questo mare, spuntando come isole, strette da acque salate. […] Anche sopra le pianure d'Italia, dove oggi volano a stormi gli uccelli, i pesci erano soliti muoversi in numerosi branchi”.
Leonardo da Vinci, Codice Leicester
Codice Leicester e estratti sulla geologia
Il Codice Leicester, anche conosciuto come Codice Hammer, è un manoscritto di Leonardo da Vinci, composto da circa 72 pagine contenenti disegni e appunti su una vasta gamma di argomenti scientifici e tecnici. Il nome deriva da Thomas Coke, conte di Leicester, che lo acquistò nel 1719. Il Codice è ora noto come Codice Leicester dopo che è stato venduto all'astronomo statunitense Kenneth Miller nel 1980 per la cifra record di $5.126.000. È considerato uno dei manoscritti più preziosi di Leonardo da Vinci e contiene molti dei suoi pensieri e teorie su vari argomenti, inclusi la fisica, l'astronomia, la geologia e la matematica.
Di seguito pubblichiamo gli scritti originali relativi alla geologia presenti nel Codice Leicester e Codice Atlantico , che lo stesso Leonardo ha scritto.
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