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La giustizia nel Rinascimento variava significativamente da luogo a luogo e da periodo a periodo, poiché era influenzata dalle diverse strutture politiche e sociali presenti in Italia durante quel tempo. Tuttavia, ci sono alcuni elementi generali che caratterizzano il funzionamento della giustizia nel Rinascimento:
Il sistema legale nel Rinascimento era influenzato da una combinazione di tradizioni giuridiche romane, consuetudini locali e influenze ecclesiastiche. Poiché l'Italia era divisa in una moltitudine di città-stato e signorie, il sistema legale poteva variare notevolmente da luogo a luogo. Tuttavia, ci sono alcuni elementi generali che caratterizzano il sistema legale nel Rinascimento:
Diritto romano
Il diritto romano aveva una profonda influenza sul sistema legale del Rinascimento, specialmente nelle città che facevano parte dell'ex Impero Romano. Molti principi legali romani, come il principio della legalità, della proprietà privata e della responsabilità personale, erano ancora rilevanti durante il Rinascimento.
Consuetudini locali
Oltre al diritto romano, molte città avevano le proprie consuetudini legali e tradizioni giuridiche che governavano la vita quotidiana e le questioni legali. Queste consuetudini potevano variare notevolmente da città a città e potevano essere basate su tradizioni locali, pratiche economiche o usanze sociali.
Magistrati e tribunali
I casi legali nel Rinascimento erano presieduti da magistrati e giudici locali, che venivano nominati dalle autorità civili o religiose. Questi magistrati potevano essere professionisti legali o individui rispettati all'interno della comunità, scelti per svolgere un ruolo giudiziario temporaneo.
Procedure legali
Le procedure legali nel Rinascimento seguivano una serie di regole e pratiche standardizzate, influenzate dal diritto romano e dalle consuetudini locali. Le parti coinvolte nel processo presentavano prove e testimonianze, e i giudici prendevano decisioni basate sulle leggi e le consuetudini applicabili.
Punizioni
Le punizioni nel Rinascimento potevano variare da multe e confische di proprietà a pene corporali e persino alla pena di morte. Le punizioni erano determinate dal tipo e dalla gravità del crimine commesso, nonché dalle circostanze specifiche del caso.
Corruzione e nepotismo
Come in molte epoche storiche, la giustizia nel Rinascimento era spesso influenzata dalla corruzione e dal nepotismo. I ricchi e potenti potevano godere di favoritismi e influenze nei confronti delle autorità giudiziarie, mentre i poveri e svantaggiati potevano essere soggetti a ingiustizie e abusi di potere.
Autorità della Chiesa
La Chiesa cattolica esercitava un'influenza significativa sulla vita sociale, politica e giuridica dell'Europa nel XVI secolo. I tribunali ecclesiastici erano responsabili di applicare il diritto canonico, che riguardava le leggi e le norme ecclesiastiche.
Competenze giurisdizionali
I tribunali ecclesiastici avevano competenza su una vasta gamma di questioni, compresi i casi di eresia, ereticato, blasfemia, immoralià, matrimoni e divorzi, testamenti e questioni di diritto di famiglia, ma anche per sodomia come nel caso del processo a Leonardo da Vinci.
Struttura giudiziaria
I tribunali ecclesiastici erano guidati da vescovi o arcivescovi e comprendevano una serie di funzionari ecclesiastici, come vicari, notai e avvocati canonici. Questi tribunali potevano essere organizzati a livello diocesano, regionale o nazionale, a seconda della dimensione e dell'importanza della giurisdizione.
Forca o decapitazione
Soprattutto a partire dal XIV secolo la pena di morte e le mutilazioni gravi divennero le misure più comuni e i giudici le imponevano ogniqualvolta si persuadevano che l’imputato costituisse una minaccia per la società. La pena capitale acquisì un nuovo significato; essa non era più lo strumento estremo destinato ai reati più gravi, ma un mezzo per liberarsi di individui pericolosi e nemmeno ci si curava troppo di verificare la colpevolezza (o l’innocenza) di un sospettato. Anche le esecuzioni divennero ancora più brutali e spietate: in Francia molti sventurati malviventi, o presunti tali, spirarono fra atroci sofferenze, immersi in calderoni pieni di olio o di acqua bollente. Sorte non meno terribile toccava ai condannati a morte per affogamento, che venivano gettati nelle acque del mare o di un fiume, dopo essere stati rinchiusi in un sacco insieme a un cane, un gatto o un gallo.
Modalità punitive tanto efferate servivano alle autorità per convogliare l’odio delle masse contro i singoli fuorilegge e deviare così da sé le responsabilità per la difficile situazione economica: le esecuzioni pubbliche, talora di decine di persone alla volta, erano un macabro spettacolo che attraeva folle imponenti.
La forca era il modo più diffuso per giustiziare i rei delle classi basse, colpevoli di delitti più o meno comuni. Per loro lo strazio non terminava nemmeno da morti; i cadaveri infatti erano lasciati a penzolare per giorni come monito, in modo che tutti potessero vederli e temere una sorte simile. La decapitazione, invece, morte più rapida e reputata più onorevole, era riservata agli appartenenti alle classi elevate.
Bruciati e squartati
I crimini più turpi, secondo la mentalità medievale, erano puniti con la morte sul rogo, nella convinzione che il fuoco portasse la purificazione del corpo e l’espiazione dei delitti. Candidati a questa fine tremenda, oltre ai sodomiti, erano soprattutto gli accusati di eresia o stregoneria, ma anche i responsabili di azioni incendiarie gravi. Il condannato veniva solitamente legato a un palo, intorno al quale erano posti abbondanti fasci di legname a cui veniva dato fuoco. Gli infelici costretti a subire questo martirio potevano ritenersi fortunati se la morte sopraggiungeva naturalmente, anche i cadaveri dei traditori rimanevano esposti a lungo, appesi per le gambe e preda delle bestie.
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