PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
COOKYE POLICY
In collaborazione con:
leonardodavinci-italy.com - all right reserved 2024 - divisione cultura, Sede legale: Milano Piazza IV Novembre 4, cap 20124 -P.IVA 11463490968 – CCIAA MI 90266 REA 2604702
Come affrontava Leonardo la moralità? In questi sui scritti estratti dal Codice Leicester, Trivulziano, Winsor, Atlantico e Hammer, possiamo coglierne appieno il suo pensiero!
Pensieri morali
I. 15r
Chi non stima la vita, non la merita.
C. A. 91v a
Alli ambiziosi, che non si contentano del benefizio della vita nè della bellezza del mondo, è dato per penitenzia che lor medesimi strazino essa vita, e che non possegghino la utilità e bellezza del mondo.
Triv. 27r
Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire.
Triv. 35v
L.a vita bene spesa lunga è
W. 12282r
Non si volta chi a stella è fisso.
C. A. 111r a
Acquista cosa nella tua gioventù, che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento.
Ox. A. 29r
Se piglierai il piacere, sappi che lui ha dirieto a sé chi ti porgierà tribolazione e pentimento.
Questo si è il piacere insieme col dispiacere, e figuransi binati perchè mai l’uno è spiccato da l’altro. Fannosi colle schiene voltate, perchè sono contrari l’uno a l’altro; fannosi fondati sopra un medesimo corpo, perchè hanno un medesimo fondamento, imperò che il fondamento del piacere si è la fatica del dispiacere, il fondamento del dispiacere sono i vari e lascivi piaceri. E però qui si figura colla canna nella man destra, ch’è vana e senza forza, e le punture fatte con quella son venenose. Mettonsi in Toscana al sostegno de’ letti, a significare che quivi si fanno i vani sogni e quivi si consuma gran parte della vita, quivi si gitta di molto utile tempo, cioè quel della mattina, che la mente è sobria e riposata, e così il corpo, atto a ripigliare nove fatiche; ancora lì si pigliano molti vani piaceri e colla mente immaginando cose impossibili a sé e col corpo pigliando que' piaceri che spesso son cagione di mancamento di vita, sì che per questo si tiene la canna per tali fondamenti.
C. A. 289v c
Aristotile nel terzo dell’Etica: l’uomo è degno di lode e di vituperio solo in quelle cose che sono in sua potestà di fare e di non fare.
H. 119r
Non si pò avere maggior, nè minor signoria che quella di se medesimo.
H. 118(25)v
Domanda consiglio a chi ben si corregge.
H. 119r
Chi non raffrena la voluttà colle bestie s'accompagni.
C. A. 358v a
La passione dell'animo caccia via la lussuria.
Triv. 38r
Comparazione. – Un vaso crudo rotto si pò riformare, ma il cotto no.
A. 96r
Le stanze overo abitazione piccole ravvian lo 'ngegno e le grandi lo sviano.
An. B 21v
Non ti promettere cose e non le fare, se tu [v]e’ che, non l’avendo, t’abbino a dare passione.
C. A. 289v e
Mal fai se lodi e peggio istù riprendi la cosa, quando bene tu no' la 'ntendi.
H. 118v
Chi non punisce il male, comanda che si facci.
For. II 41v
Tanto è a dire ben d'un tristo, quanto a dire male d'un bono.
H. 16v
Reprendi l'amico in segreto e laldalo in paleso.
H. 118r (25v)
Al traditore la morte evita, perchè se usa lialtà non gli è creduta.
C. A. 358v a
Gli strumenti de' barattieri sono la semenza delle bestemmie umane contro agli dei.
Ash. I 10r
Per mantenere il dono principal di natura, cioè libertà, trovo modo da offendere e difendere, in stando assediati da li ambiziosi tiranni; e prima dirò del sito murale, e ancora perchè i popoli possino mantenere i loro boni e giusti signori.
H. 63v
Il calderigio dà il tortomalio a' figlioli ingabbiati: prima morte che perdere libertà.
Triv. 23v
IDov'è più sentimento, lì è più, ne' martiri, gran martire.
C. A. 117v b
Comparazione della pazienzia. – La pazienzia fa contro alle 'ngiurie non altrementi che si faccino i panni contra del freddo; imperocché se ti multiplicherai di panni secondo la multiplicazione del freddo, esso freddo nocere non ti potrà. Similmente alle grande ingiurie cresci la pazienzia; esse ingiurie offendere non ti potranno la tua mente.
W. 12642r
Orazio: Iddio ci vende tutti li beni per prezzo di fatica.
C. A. 382v a
Tutti li animali languiscano, empiendo l’aria di lamentazioni, le selve ruinano, le montagne aperte per rapire li generati metalli; ma che potrò io dire cosa più scellerata di quelli che levano le lalde al cielo di quelli che con più ardore han nociuto alla patria e alla spezie umana?
W. 12495v
E se alcuno infra loro si trova, che alcuna bontà possegga, non altrimenti come che me, dalli altri uomini trattati sono; e in effetto io ho questa conclusione, ch’è male se li sono nemici, e peggio se li son amici.
F. 5v
E molti fecen bottega con inganni e miraculi finti, ingannando la stolta moltitudine, e se nessun si scopria cognoscitore de' loro inganni, essi gli puniano.
Ox. A. 29v
Subito che nasce la virtù quella partorisce contra sé la invidia, e prima fia il corpo sanza l'ombra, che la virtù sanza invidia.
W. 12700r
Mani nelle quali fioccan ducati e pietre preziose, queste mai si stancano di servire; ma tal servizio è sol per sua utilità e non è al nostro proposito.
Naturalmente. Natura così mi dispone.
For. III 17v
E questo omo ha una somma pazzia, cioè che sempre stenta per non istentare, e la vita se li fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati.
F. 96v
Ogni omo desidera far capitale per dare a' medici, destruttori di vite. Adunque debbono essere ricchi.
C. A. 80v a
Del consiglio e della miseria. – Ecci una cosa che, quanto più se n’ha di bisogno, più si refuta. E questo è il consiglio, mal volentieri ascoltato da chi ha più bisogno, cioè dagl’ignoranti.
Ecci una cosa che, quanto più n’hai paura e più la fuggi, più te l’avvicini. E questo è la miseria, che quanto più la fuggi, più ti fai misero e sanza riposo.
H. 119r
Nessun consiglio è più leale che quello che si dà dalle navi che sono in pericolo.
C. A. 252r a
Quando io crederò imparare a vivere, e io imparerò a morire.
A. 114v
Non si dimanda ricchezza quella che si può perdere. La virtù è vero nostro bene ed è vero premio del suo possessore. Lei non si può perdere, lei non ci abbandona, se prima la vita non ci lascia. Le robe e le esterne devizie sempre le tieni con timore, ispesso lasciano con iscorno e sbeffato il loro possessore, perdendo lor possessione.
Testi: Leonardo da Vinci, Philosophische Tagebücher (Italienisch und deutsch) Herausgegeben von Giuseppe Zamboni, Hamburg: Rowohlt 1958 Leonardo da Vinci, Scritti letterari, ed. A. Marinoni, Milano: Rizzoli 1952
Per segnalazioni su questa pagina clicca qui