PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
COOKYE POLICY
In collaborazione con:
leonardodavinci-italy.com - all right reserved 2024 - divisione cultura, Sede legale: Milano Piazza IV Novembre 4, cap 20124 -P.IVA 11463490968 – CCIAA MI 90266 REA 2604702
PORTALE DI DIVULGAZIONE DEDICATO ALLA VITA E ALLE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
l Salone dei Cinquecento è il punto di riferimento storico e artistico di Palazzo Vecchio a Firenze.
In origine era chiamato palazzo dei Priori, per poi verso il XV secolo prese il nome di “palazzo della Signoria”.
1540
il duca Cosimo I de' Medici ne fece la sua residenza e venne rinominato “palazzo Ducale”, fino a giungere nel 1565 quando il granduca Cosimo I lo scelse a reggia il palazzo Pitti, dove prese il nome di Palazzo vecchio .
1494
Il Salone venne progettato e costruito da Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, architetto, scultore e disegnatore italiano, su commissione di Savonarola che, rimpiazzando i Medici alla guida di Firenze, la volle come sede del Consiglio maggiore, che era composto da più di 1500 cittadini, che si riunivano a rotazione a gruppi di 500.
Fu in seguito allargata da Vasari, così che Cosimo I potesse far corte in questo salone.
Questo Salone racconta la storia e l'incontro tra due straordinari esponenti del Rinascimento italiano: Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti
Fu il gonfaloniere a vita Pier Soderini per primo a preoccuparsi della decorazione della sala, riuscendo ad accordarsi con i due più grandi artisti fiorentini dell'epoca, Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, per la realizzazione di due grandi affreschi (circa 17x7 metri) per decorare le pareti della sala, con scene di battaglia che celebrassero le vittorie della Repubblica (1503).
Progetto di Leonardo e Michelangelo
Leonardo iniziò a realizzare la Battaglia di Anghiari, mentre a Michelangelo venne destinata un'altra porzione di parete per la Battaglia di Cascina. I due affreschi monumentali (si parla di misure che vanno dai 5 ai 7 metri in altezza e dai 18 ai 17,5 in larghezza) si dovevano trovare sul lato maggiore a est, ai lati del seggio del gonfaloniere, Michelangelo a sinistra e Leonardo a destra, mentre sul lato opposto doveva trovarsi un altare, quindi inadatto alla rappresentazione profana.
I due maestri del Rinascimento avrebbero avuto così modo di lavorare per un certo periodo faccia a faccia, ma nessuna delle loro opere fu mai completata:
Descrizione :
Leonardo immagina di rappresentare il “vero inferno”, composto da scene di battaglia cruente, cavalli imbizzarriti e cavalieri trafitti dalle lance.
La scelta di questa rappresentazione fu probabilmente voluta dall'immortalare in modo violento quanto potesse essere terribile e sconvolgente la "pazzia bestialissima" della guerra, come Leonardo la definiva.
La scena riflette il pensiero dell'artista fondato su una visione pessimistica dell'uomo, che deve lottare per vincere le proprie paure.
Vai ai cartoni preparatori e alle bozze disegnate da Leonardo per quest'opera
La tecnica dell'encausto
Si legge, infatti, dal biografo Anonimo Gaddiano (Cod. Magliab. XVII, 17, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze):
«Lionardo da Vinci fu nel tempo di Michele Agnolo: et di Plinio cavò quello stucco con il quale coloriva, ma non l'intese bene: et la prima volta lo provò in uno quadro nella Sala del Papa che in tal luogo lavorava, et davanti a esso, che l'haveva appoggiato al muro, accese un gran fuoco, dove per il gran calore di detti carboni rasciughò et secchò detta materia: et di poi la volse mettere in opera nella Sala, dove giù basso il fuoco agiunse et seccholla: ma lassù alto, per la distantia grande non vi aggiunse il calore et colò.»
Si tratta di una tecnica molto antica che i romani ereditarono dagli ellenici.
si basa sull'uso di colori mescolati alla cera attraverso il calore. Si è a lungo ritenuto che Leonardo avesse voluto sperimentare, per il suo murale, la tecnica dell'encausto, da adoperare in luogo del tradizionale affresco. La tecnica prevedeva la realizzazione dell'opera sull'intonaco secco, e la conseguente asciugatura mediante il calore sprigionato da pentoloni alimentati a legna per la Battaglia di Anghiari invece, decise di utilizzare la pittura ad Encausto tipica dell’era romana. Come mai allora non riuscì nell'intento?
Possiamo affermare con certezza che Leonardo sbagliò la tecnica ad encausto, perchè se avesse seguito scrupolosamente i tempi e le procedure, non avrebbe combinato il disastro, anzi, ora saremmo di fronte ad un opera straordinaria conservata nei secoli che sarebbe giunta ai giorni nostri senza nessun problema.
.
Ci sono diversi motivi per i quali Leonardo si trovò di fronte al suo fallimento e il primo va ricercato nella sua “creatività” che lo spinse ad utilizzare anche l'olio di noce, che modificò la struttura chimica delle materie prime utilizzate.
Perchè utilizzò l'olio di noce?
Leonardo era uno sperimentatore e decise di utilizzare questo tipo di olio in quantio L'olio di noce ammorbidisce e fluidifica i colori a olio e per la sua caratteristica di non ingiallire nel tempo è particolarmente indicato per i colori bianchi e molto chiari. Diminuisce la viscosità del colore a olio e ha tempi di asciugatura intermedi. In questo modo avrebbe potuto lavorare con maggiori risultati sulle sfumature ma non poteva sapere che a contatto con fonti di calore, avrebbe perso le peculiarità per le quali Leonardo stesso lo avrebbe utilizzato.
Una volta utilizzato l'olio di noce sui colori, Leonardo dovette accendere i bracieri e , con la carrucola, posizionava la fonte di calore vicino al muro facendola salire e scendere a seconda delle zone da fissare: ecco, qui nasceva il secondo problema: il calore scioglieva tutto. Dopo che i suoi assistenti accesero i bracieri nella parte bassa del dipinto, nel giro di pochi secondi tutti i colori utilizzati cominciarono a sciogliersi e anzichè fissarsi al muro, colavano rovinosamente verso il basso.
Sorprende il fatto che Leonardo, da uomo attento e scrupoloso, non abbia sperimentato prima la tecnica ( che non conosceva approfonditamente).
La tecnica dell'encausto prevede per un corretto fissaggio dei colori una fonte di calore molto forte, ma Leonardo molto probabilmente non prese in considerazione la vastità della superficie da fissare (si parla di misure che vanno dai 5 ai 7 metri in altezza e dai 18 ai 17,5 in larghezza). Per Leonardo questo dipinto fu un vero disastro tecnico-pittorico e, forse proprio per questo, decise di abbandonare definitivamente l'opera senza mai portarla a termine.
Fu Giorgio Vasari circa sessant'anni dopo, ad occuparsi personalmente delle decorazioni del salone. Purtroppo non vi sono documenti in grado di affermare quale fosse lo stato del dipinto di Leonardo e, alcune fonti non confermate, attestano che lo stesso Vasari decise di nascondere il lavoro di Leonardo, creando un nuovo intonaco sopra la sua pittura ma, ad oggi, non vi sono certezze scientifiche che ciò sia davvero avvenuto.
braciere di fusione riscostruito
Siamo sicuri che Leonardo abbia fatto “La Battaglia di Anghiari?”
Nel 2012 ben otto anni fa lo studioso Maurizio Seracini con l’appoggio dell’allora sindaco Matteo Renzi e la collaborazione del National Geographic e dell’Università della California a San Diego svolse numerose indagini sulle pareti del Salone del Cinquecento senza però trovare tracce certe dell’affresco.
Dalla configurazione architettonica all’apparato decorativo“, curato da Roberta Barsanti, Gianluca Belli, Emanuela Ferretti e Cecilia Frosinini, presentato a Firenze alla presenza del direttore degli Uffizi Eike Schmidt afferma che Leonardo Da Vinci non realizzò mai la Battaglia di Anghiari ma solo il suo “cartone”.
“I nuovi studi di hanno permesso di ridirezionare la ricerca – ha spiegato Francesca Fiorani, docente di storia dell’arte moderna dell’University of Virginia -, siamo passati dalla domanda fondamentale ‘dove sta la battaglia di Anghiari’ ad una domanda diversa, ovvero ‘c’è stata la battaglia di Anghiari?’ e ‘cosa ha fatto Leonardo da Vinci nella sala grande?’. Ecco a queste domanda si può dare una risposta basata sulla rilettura dei dati noti e sullo studio di nuovo dati: Leonardo non ha mai dipinto la battaglia su quel muro”.
“In pratica ci si è accaniti per decenni ad andare a caccia di un fantasma – ha aggiunto lo storico Marcello Simonetta – anche in base all’idea, colpa di un libro di Dan Brown, secondo cui la frase ‘Chi cerca trova’, vergata da Vasari in uno stendardo del suo affresco sulla Vittoria di Cosimo I a Marciano in Val di Chiana, fosse una sorta di gioco ad enigma, un indizio a rintracciare nella parete sottostante il capolavoro perduto di Leonardo. Questa idea si è rivelata totalmente infondata:
La frase infatti non ha nulla a che fare con Leonardo, ma è uno sfottò molto pesante, fatto da Vasari per conto di Cosimo, nei confronti dei fuoriusciti, i suoi avversari, come una replica al motto “Libertà vo cercando”: una ricerca vana, perché, questo il messaggio, i Medici non se ne sarebbero mai andati. Cioè: “hai cercato la libertà, ecco, l’hai trovata”. Come possiamo vedere, l’ignoranza storiografica genera mostri”.
“Occorre rifondare completamente gli studi sulla Battaglia di Anghiari – ha quindi sottolineato Emanuela Ferretti – è necessario impostare una prospettiva di metodo che spesso, negli studi su Leonardo, anche a causa dell’esposizione mediatica, ha spinto a imboccare strade che non sono quelle maestre del rigore e della ricerca scientifica. In passato si è cercato la Battaglia senza nemmeno preoccuparsi di studiare la struttura e la storia della sala che, secondo il progetto, avrebbe dovuto ospitarla; questo è invece proprio quello che abbiamo fatto, il motivo per cui abbiamo dato vita al gruppo interdisciplinare che ha portato a termine questo studio”.
Cecilia Frosinini ha poi parlato degli aspetti dell’indagine riguardanti la ricerca del dipinto effettuata nel 2011 anche attraverso fori effettuati nel grande dipinto di Giorgio Vasari, sotto il quale si riteneva potessero rinvenirsi tracce del perduto capolavoro di Leonardo. ” Uno di quei tre famosi prelievi, tirati fuori bucando il lavoro del Vasari, fu magnificato come il ritrovamento del “Nero della Gioconda“. Ma non esiste alcun nero tipico di Leonardo: al tempo tutti gli artisti usavano gli stessi pigmenti, dal Medioevo fino alla metà del Settecento, con l’introduzione dei pigmenti di sintesi artificiale. Il punto è che questi tre celebri prelievi poi sono scomparsi: l’Opificio voleva analizzarli a fondo, ma non ci sono mai ‘stati dati. In ogni caso, in base alle descrizioni delle analisi chimiche dei materiali rinvenuti, Mauro Matteini, il più famoso esperto chimico nel campo dei Beni Culturali, ha chiarito nel suo saggio nel volume che non si trattava affatto di materiali pittorici ma semplicemente di elementi comuni a ritrovarsi in murature del tempo”.
2020
Secondo gli ultimi studi, sembrerebbe che Leonardo non abbia neppure iniziato la fase di fissaggio con i bracieri, quindi non abbia mai effettivamente provato la tecnica dell'encausto, ma si sia fermato semplicemente al disegno su muro e ai cartoni preparatori dell'opera.
Dove si può vedere la Battaglia di Anghiari?
ORGANIZZA IL TUO VIAGGIO E SOGGIORNO A FIRENZE
NUMERI UTILI
Vigili del fuoco tel.115
Forze dell'ordine tel. 112
Pronto soccorso tel. 118
Il museo della Battaglia di Anghiari
Se volete conoscere davvero la storia della battaglia di Anghiari, potete visitare il museo a lei dedicato che si trova nel paese omonimo. Il piccolo museo offre una ricostruzione esaustiva della storica battaglia combattuta il 29 giugno 1440 da Fiorentini e Milanesi.
Museo della Battalia di Anghiari - Per informazioni e visite: https://www.battaglia.anghiari.it/
Per segnalazioni su questa pagina clicca qui