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LEONARDO DA VINCI E GINEVRA DE BENCI

Ginevra de Benci ritratto di Leonardo da Vinci

Titolo dell'opera: Ginevra de Benci

Data di produzione: 1474–1478

Dimensioni: 38 x 37 cm

Conservata presso:  National Gallery of Art West Building

Soggetto: Ginevra de' Benci

Tecnica:  Colore ad olio

Attribuzione: Leonardo da Vinci

Descrizione dell'opera

 

È un ritratto a olio su tavola raffigurante Ginevra de' Benci (Firenze, agosto 1457 – 1521), che fu una delle donne più colte, raffinate e belle della Repubblica di Firenze ed è celebre perché posò per Leonardo da Vinci in un suo famoso ritratto. , dipinto da Leonardo a Firenze appena ventunenne nel 1474, con la tecnica della velatura, ovvero leggeri strati di colore, stesi uno sull’altro che solo la pittura ad olio permette, poiché i colori sono trasparenti.

 

Si tratta del “Ritratto di Ginevra Benci”, noto anche come “La Dama Liechtenstein” (dal nome dei principi che l’ebbero nella loro galleria per circa tre secoli). Gli studiosi concordano nell’identificare la giovane con Ginevra Benci, figlia di Amerigo e nipote di Giovanni Benci. 

 

La ragazza ritratta

Ginevra de' Benci nacque nell'agosto del 1457 da Amerigo de' Benci, un ricchissimo fiorentino impiegato nel mondo bancario e politico, ed era appartenente all'illustre casata dei Benci.

Probabilmente, il nome datole alla nascita le venne attribuito per omaggiare la nonna paterna, Ginevra Peruzzi.

 

Leonardo ritrae Ginevra de’ Benci circa un anno dopo le sue nozze forzate, all’età di 16 anni, con Luigi di Bernardo Lapo Niccolini, di 15 anni più vecchio di lei. Non è un matrimonio d’amore ma di interesse, quindi Leonardo, in questo quadro, non riporta tanto la sua fisicità o la sua bellezza ma piuttosto il suo animo interiore.

Lei, una donna molto colta, così come la descrive Lorenzo dei Medici, è innamorata di un altro uomo. Si tratta di Bernardo Bembo (padre dell’umanista Pietro Bembo), ambasciatore a Firenze per conto della Repubblica di Venezia. Bernardo si sposò due volte. Dal primo matrimonio con Elena Morosini di Matteo non nacquero figli.

Dal secondo matrimonio con Elena Marcello nacquero; è lui molto probabilmente il committente dell’opera. Il loro è stato un amore platonico, così come testimoniano ampiamente le fonti letterarie.

 

Si sa che la ragazza era ritenuta una delle più colte e brillanti della sua generazione, aveva numerosi spasimanti, e addirittura poeti che le dedicavano sonetti. Il dipinto è stato commissionato a Leonardo dall’ambasciatore di Venezia a Firenze Bernardo Bembo, che essendo stato rifiutato dalla giovane ne aveva voluto portare con sé un ricordo. La palma e il lauro infatti fanno parte anche dell’emblema di Bembo e un’indagine a raggi infrarossi ha permesso di scoprire il motto della casata del Bembo sotto quello dedicato alla giovane Ginevra.

La vita di Ginevra fu immersa nella cultura e ottenne certamente una formazione molto raffinata, poiché ebbe la possibilità di interfacciarsi direttamente con la più alta sfera intellettuale dell'epoca.

Infatti, alla morte del nonno, 

 

1457

il padre entrò in possesso del cospicuo patrimonio familiare che, da una stima del 1457 era stato valutato nel complesso 26.338 fiorini, facendo di esso il secondo più grande patrimonio fiorentino e superato solo da quello dei Medici. Così, il padre iniziò ad interessarsi sempre di più alla brulicante vita colta del panorama toscano, iniziando a collezionare le opere degli antichi classici latini e greci ed iniziando ad accogliere nella sua dimora in via de' Benci vari intellettuali, studiosi e uomini d'arte.

 

1474 

Già orfana di padre, nel 1474 andò in sposa a Luigi Niccolini, figlio di Bernardo Niccolini e nipote di Lapo di Giovanni di Lapo Niccolini. Il marito era più anziano di lei di quindici anni e Ginevra si sposò con lui portando una ricca dote di 1400 fiorini.

 Il contratto matrimoniale venne stipulato dal notaio Simone Grazzini da Staggia il 15 gennaio 1473 a Firenze, ma visto il modo fiorentino di calcolare il calendario secondo lo stile dell'Incarnazione, la data corrisponde in realtà al 1474.

 

1474 - 1480

E fu proprio Leonardo che, frequentando Palazzo Benci tra il 1474 e il 1480, vi dipinse il celebre ritratto di Ginevra de' Benci. La notizia è anche riportata dallo storico e artista Giorgio Vasari, che nella biografia leonardesca delle sue Vite afferma che «Ritrasse la Ginevra d'Amerigo Benci cosa bellissima».

 

 

La famiglia de Benci

Tra coloro che orbitarono attorno alla famiglia Benci, si ricorda soprattutto il geniale artista Leonardo da Vinci. Quest'ultimo venne probabilmente presentato ai Benci, Questa famiglia Benci, detta Benci Bicchierai, fioriva nel XIV secolo e risiedeva nel quartiere di Santa Maria Novella, da Lorenzo de' Medici, sebbene è noto che questi già frequentassero la sua famiglia. Difatti, tra il 1458 e il 1465, vari membri della famiglia come Bartolomeo, Donato, Niccolò, Amerigo e Francesco, figli di Giovanni Benci, furono clienti del notaio ser Piero da Vinci, che era il padre di Leonardo.

 

E tra gli amici e gli ospiti della dimora dei Benci ci furono i membri del circolo intellettuale di Lorenzo de' Medici, detto "il Magnifico", e, in particolare, il filosofo umanista Marsilio Ficino. Ma lo stesso Magnifico frequentò i Benci, poiché è noto che il suo ultimo amore fu proprio una familiare di Ginevra; difatti, come riportato dal celebre storico Francesco Guicciardini in un passaggio delle sue Storie fiorentine dal 1378 al 1509, il Magnifico ebbe come sua ultima passione amorosa la storia con Bartolomea de' Nasi, moglie di Donato Benci e zia proprio di Ginevra. Ancora, come tanti altri, fu proprio il Magnifico a scrivere e dedicare a Ginevra due dei suoi sonetti, Segui, anima devota e Fuggendo Lot.

 

Se è certa la figura paterna, questo non vale per quanto riguarda quella materna. Infatti, secondo quanto riportato dalla studiosa Carla Glori, la madre è una "figura assente", ma, nonostante questo, non è difficile ipotizzare che dovette lasciare Ginevra orfana di madre molto presto, forse perché morta prematuramente o addirittura di parto, dandola alla luce. Se ciò avvenne non è chiaro, ma di certo non era un evento inusuale all'epoca. Tuttavia, secondo quando asserito nel libro edito da Carmen Bambach, Alison Manges e Rachel Stern, una certa Monna Antonia di Lorenzo Cresci (c.1438–1484) viene riportata come madre di Giovanni, fratello di Ginevra, e quindi della stessa Ginevra.

 

1463

Per quanto riguarda i vari membri maschili della sua famiglia, invece, le fonti non scarseggiano. Il padre Amerigo, che poi fu priore nel 1463, iniziò la sua carriera entrando come impiegato nella compagnia commerciale della famiglia Medici, seguendo le orme del suo stesso padre.

 Infatti, Giovanni di Amerigo di Simone di ser Donato de' Benci, padre di Amerigo e nonno di Ginevra, fu uno dei principali collaboratori di Cosimo de' Medici, detto "il Vecchio", e ricoprì prima il ruolo di direttore della filiale svizzera di Ginevra della compagnia medicea e poi quello di unico direttore generale di tutte le filiali e compagnie associate dei Medici, dal 1443 al 1455.

 E, proprio come il padre, anche Amerigo fece ben presto carriera diventando prima socio e poi direttore della filiale ginevrina, per poi imporsi successivamente come un vero e proprio mecenate.

Morto il padre, già prima che Ginevra convolasse a nozze, a sostituirlo nel ruolo di capofamiglia e mecenate ci fu suo figlio Giovanni de' Benci, fratello di Ginevra.

 

1517

Giovanni, divenne infatti anche amico di Leonardo da Vinci e fu proprio a lui che quest'ultimo lasciò il suo mappamondo, una parte dei suoi libri, strumenti di lavoro e pietre preziose; nonché, fu proprio nella sua dimora, che il genio lasciò la sua Adorazione dei Magi (oggi custodita agli Uffizi) prima di abbandonare Firenze per Milano. Giovanni fu anche il possessore del codice con la volgarizzazione del Liber de medicina veterinaria di Giordano Ruffo.

Palazzo Benci  Firenze

Ginevra de Benci e LEONARDO

Lo sfondo 

dietro al volto della donna, è un paesaggio con piante e un laghetto. Proprio dietro a Ginevra c'è una cupa conifera. Il volto della donna, che ha i capelli raccolti dietro la testa e tanti riccioli biondi che lo contornano, è inespressivo, con gli occhi 'semisocchiusi' e lo sguardo perso nel vuoto. Le labbra sono chiuse, severe; manca in questo ritratto di Leonardo, l'accenno del sorriso come negli altri suoi più celebri ritratti. Il vestito di Ginevra è molto semplice, adatto ad una ragazza: il corpetto rosso lascia intravedere una camicia finissima e sulle spalle Ginevra porta una sciarpa nera e stretta.
Il ritratto è stato dipinto su una piccola tavola che si pensa sia stata anche tagliata: infatti del busto di Ginevra mancano forse la parte inferiore e le mani. Si pensa sia un'opera giovanile di Leonardo, compiuta ancora quando era a bottega dal Verrocchio.

 

il mistero del ritratto di Ginevra de Benci

Ginevra de Benci - Leonardo ad Vinci, dettaglio A34

dettaglio del quadro di Ginevra de Benci di Leonardo

Ginevra de Benci - Leonardo ad Vinci, dettaglio A29

Retro dell'opera

Su retro del quadro poi è dipinto uno stemma con al centro sempre un ginepro e a fianco una palma e un ramo d'alloro. La palma simboleggia la purezza, mentre l’alloro la cultura. Sotto c’è iscritto un motto, VIRTUTEM FORMA DECORAT, ovvero la forma abbellisce la virtù, dedicato alla giovane.

Curiosità: una studiosa italiana ha scoperto cinquanta anagrammi di Leonardo da Vinci formati con le lettere del motto dietro a questo quadro che raccontano la storia di Ginevra de Benci a conferma ulteriore dell’identità del soggetto.

 

Un nastro avvolto alla ghirlanda a mo’ di ornamento porta un’iscrizione in latino - VIRTUTEM FORMA DECORAT - che significa: “La bellezza adorna la virtù”. Quindi, la bellezza di Ginevra adorna la sua virtù, così come il nastro con la scritta, aggiunto ad avvolgere l’intreccio dei rami, abbellisce il rametto di ginepro.

 

Ad esempio tale stemma decora la copia autografa di Bernardo dei “Commentarium in Platonis Convivium de Amore” del Ficino; ed inoltre il predetto stemma, disegnato da Bartolomeo Sanvito, con all’interno la scritta VIRTUS ET HONOR compare anche in un poema di Paolo Marsi. Si è pertanto pure ipotizzato che la ghirlanda dipinta da Leonardo sul retro del ritratto vada letta come la rappresentazione del suo desiderio di congiungere alla linea della sua famiglia l’amata Ginevra .

 

il rebus di leonardo

Infatti, le stesse lettere costitutive della scritta sul nastro che adorna il ginepro (simbolo di Ginevra stessa e perciò parte essenziale dell’iscrizione) sono costitutive di un’altra frase, calzante sotto ogni aspetto con il ritratto e la biografia di Ginevra, riportante la “firma” del pittore.

La chiave per la soluzione del rebus sta (come nel caso dell’altra decifrazione da me operata, a conferma di analoga metodologia crittografica) nella parola “iuniperus” (ginepro) aggiunta alla scritta del cartiglio in quanto elemento essenziale e costitutivo del ritratto.

 

Ginevra de Benci - Leonardo ad Vinci, dettaglio A33

1° VIRTUTEM FORMA DECORAT+ IUNIPERUS

occulta al suo interno il seguente messaggio da me decriptato:

 

2° VINCI PERITUS AUDET FORMARE TORUM

La verifica può essere fatta tramite cancellazione delle lettere biunivocamente corrispondenti.

Per rendere immediata la verifica quantifico le lettere che compaiono in identico numero complessivo di ventinove lettere nelle due frasi:

 

 

- n. 1 V

- n. 3 T

- n. 4 R

- n. 3 U

- n. 3 E

- n. 2 M

- n° 3 I

- n. 2 O

- n. 1 N

- n. 2 A

- n. 1 C

- n. 1 D

- n. 1 F

- n. 1 P

- n. 1 S

 

La frase contenente le medesime ventinove lettere celata per così dire “sul rovescio“ della scritta dell’insospettabile cartiglio, da me portata alla luce, contiene una serie di informazioni:

 

- innanzitutto la firma “VINCI”

 

- inoltre la descrizione “istantanea” di ciò che il pittore sta dipingendo: (una descrizione esatta, riferita a un dettaglio del piccolo dipinto: L’esperto Vinci osa formare il (giro di) nastro (alla ghirlanda)

 

- infine ha in sé alcune significative implicazioni, apportatrici di sviluppi.

 

Importa sottolineare l’esattezza del riferimento fatto con la parola TORUM al nastro avvolto intorno alla ghirlanda e la sua pertinenza nel contesto del dipinto e della storia fin nei particolari biografici relativi a Ginevra (così come ricostruiti dagli studiosi).

 

La parola TORUM non significa in questo caso soltanto “nastro avvolto alla ghirlanda”, in quanto può essere correlata pure con la situazione sentimentale di quel momento, vissuta da Ginevra Benci, così come ricostruita da storici e studiosi: infatti, come si è detto, la Benci era prossima al matrimonio con un uomo che - a quanto tramandato - non amava (e che probabilmente non l'amava). Perciò, in questo senso, il letto nuziale che per lei si andava preparando era anche un letto funebre. 

Nella sua ambiguità (quale parola portatrice di legame di amore e morte) la parola TORUS doveva sembrare perfetta a Leonardo per definire il nodo inestricabile che si andava chiudendo sulla virtuosa Ginevra. 

E mentre, sul rovescio del pannello, egli andava stringendo il nodo intorno alla ghirlanda (che era simile allo stemma del Bembo, da lei amato), sulla parte frontale una fitta trama (un vero ginepraio) si addensava in una sagoma tenebrosa sulla sua testa e la imprigionava…

 

A ben vedere anche il verbo AUDET non è di facile interpretazione.

 

L’esperto pittore “osa” dare forma, sulle due facce del dipinto, a quell’intrico inesplicabile di amore/morte, al nodo nuziale funesto che si andava formando nella realtà. “Osa” nel senso attenuato di “risolversi a” formare quel nodo (come dopo una esitazione, forse gravosa), di tentare l’impossibile impresa di dar forma a quel confuso dramma? Oppure “osa” nel significato più forte di cimentarsi, arrischiarsi nel senso di una sfida che si sa ardua? O nel suo osare nel dar forma è prevaricante l’idea della sperimentazione pittorica unita, nel segno del “conoscere”, a una sorta di lucido, sovrumano distacco?

 

O magari in quell’“osa” prevale l’ironia di fronte a se stesso, nel trovarsi a dover dare forma sulla tela a quella faccenda intricata e confusa, un autentico “ginepraio”?

 

O la frase è semplicemente la descrizione del gesto di dipingere il nastro ornamentale che avvolge la ghirlanda con al centro il rametto di ginepro simbolo di virtù?

L’analisi della frase VINCI PERITUS AUDET FORMARE TORUM contenuta nel corpus delle lettere della scritta VIRTUTEM FORMA DECORAT, comprendente il rametto “IUNIPERUS” ivi dipinto, aveva pertanto le seguenti caratteristiche che risultavano convincenti :

- a) era in un latino corrente e corretto, senza forzature di sorta

 

- b) rispecchiava ciò che era dipinto ed era riferita all’azione (reale e non si sa quanto “simbolica” né in che senso) che il pittore medesimo stava compiendo in quel “mo mento/contesto”

 

- c) conteneva la parola TORUM, assolutamente pertinente.

 

- d) era una espressione “diretta”, immediata (e al tempo stesso forse intrinsecamente ambigua) del pittore stesso, ed al contempo veicolava informazioni precise in riferimento a notizie biografiche e relative alla commissione del quadro

 

- e) soprattutto, conteneva il suo nome: VINCI.

 

La decifrazione, verificabile e falsificabile, si propone quindi come “matematicamente” esatta e conforme sotto il profilo della coerenza logico-testuale. Ma ciò che è logicamente e computabilmente esatto, (soprattutto nel caso di Leonardo), si conferma in arte indefinitamente sfuggente e portatore di molteplici dimensioni di significato e aperture interpretative.

 

Come se sotto il velo di colore sottile della scritta chiara in stampatello maiuscolo, e dietro la mano che formava sul nastro la frase e il suo segreto rovescio infine decifrato, si aprisse lo spazio indefinito e perturbante di un enigma insoluto: Leonardo da Vinci... that is the question

 

- nota 1 - Sono arrivata a formulare l’ipotesi, che si direbbe “inconcepibile”, dell’esistenza di una frase celata nel cartiglio del Ritratto di Ginevra Benci a partire dalla ricerca su di una frase fortemente enigmatica di un altro cartiglio (quello del Ritratto di Luca Pacioli del Museo di Capodimonte), contenente un messaggio alquanto criptico, decifrato con procedura metodologica analoga a questo nel 2010

 

 

BIBLIOGRAFIA

E. Forcellini, Lexicon totius latinitatis, Padova 1876-1925.

C. Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, 1883.

Thesaurus Linguae Latinae TLL (cd-rom, 2004)

A. Ernout, A. Meillet, Dictionnaire étymologique dé la langue latine, Parigi 1959.

C. Daremberg, E. Saglio, Dictionnaire des antiquités greques et romaines, Parigi 1887.

Carla Glori - Ugo Cappello, "Enigma Leonardo: decifrazioni e scoperte. La Gioconda. In memoria di Bianca - La Ricerca", Edizioni Cappello, 2011


 

 

 

 

Analisi dei termini latini nella frase decifrata

VINCI PERITUS AUDET FORMARE TORUM

Contributo di Elisa Camera


Al fine di supportare la decifrazione del cartiglio, provando che la frase latina decifrata da Carla Glori ha senso morfologico e sintattico, presento il risultato dell'analisi dei singoli termini in essa presenti alla luce di una ricerca effettuata su testi della letteratura latina classica, medievale e umanistica (come da "bibliografia specifica" in calce), in cui i singoli termini sono stati usati in contesti o espressioni corrispondenti a quelli da lei scoperti, con particolare attenzione per il valore etimologico di ogni lemma.

 

PERITUS: dal latino Peritus, -a, -um un aggettivo della prima classe con un significato di "esperto conoscitore", ma, nel latino tardo, con il valore di "artistico" come in Ausonio Epist, 16,22: Suescat peritis fabulis simul jocari et discere. Qui potrebbe essere riferito a Vinci in forma sostantivata, traducibile con "artista", considerando anche l'assenza di un'espressione (composta da un genitivo, da in con ablativo, da ad più accusativo) che completi il termine specificando in quale ambito Vinci sarebbe esperto.

 

AUDET: terza persona singolare del presente indicativo del verbo semideponente audeo. -es, ausus sum, ere, "osare" oppure "volere". Qui è preferibile il primo significato. Questo verbo regge l'infinito che nel testo è dato da formare.

 

FORMARE: infinito presente attivo del verbo formo, -as, -avi, -atum, are. "rappresentare, "plasmare". È una forma verbale che, con il suo primo significato, è riconducibile al lessico artistico-pittorico e come tale risulta perfettamente calata nel contesto della frase.

 

TORUM: dal latino torus, -i, "filo" "nastro", che potrebbe costituire l'interpretazione letterale del termine. In riferimento all'immagine rappresentata nel dipinto, potrebbe assumere, come significato secondario, il valore di "letto nuziale" accettabile in accordo con le nozze imminenti di Ginevra; il termine torus ha anche il significato di "letto funebre, feretro". Leonardo farebbe qui una tacita allusione al matrimonio combinato a cui era destinata Ginevra che si sarebbe inevitabilmente rivelato per lei un'unione funesta e infelice.

Ginevra de Benci

Ginevra de Benci - Leonardo da Vinci, dettaglio A22

Riassunto

 

Ginevra de' Benci apparteneva a una delle famiglie nobili fiorentine, i Benci. I Benci erano una famiglia benestante e influente, attiva sia nelle attività commerciali che nella politica a Firenze durante il Rinascimento. La famiglia era coinvolta nel commercio e finanziamento e aveva legami con le istituzioni religiose.

 

Ecco alcune informazioni sulla famiglia Benci e la loro connessione con l'opera di Leonardo da Vinci:

 

Attività Economiche

La famiglia Benci era coinvolta nelle attività finanziarie e commerciali a Firenze. Erano conosciuti per il loro successo economico e la loro posizione nella società.


Coinvolgimento Religioso

Oltre alle attività commerciali, i Benci erano anche coinvolti in questioni religiose. Alcuni membri della famiglia fecero parte di organizzazioni religiose e ordini monastici, contribuendo così alla vita ecclesiastica.


Matrimonio di Ginevra

Ginevra de' Benci sposò Luigi di Bernardo di Lapo Niccolini, un matrimonio che potrebbe essere stato motivato da considerazioni politiche e familiari tipiche dell'epoca.


Commissione del Ritratto a Leonardo da Vinci

Il ritratto di Ginevra de' Benci da parte di Leonardo da Vinci potrebbe essere stato commissionato in relazione a eventi familiari, come il suo matrimonio. L'iscrizione nel dipinto menziona il cipresso come simbolo di fedeltà coniugale, indicando che il ritratto potrebbe essere stato commissionato in un contesto matrimoniale.


Fortuna della Famiglia

La fortuna della famiglia Benci permise loro di sostenere artisti e intellettuali dell'epoca. Ginevra stessa era nota per la sua bellezza e intelligenza, ed è possibile che la commissione del ritratto a Leonardo sia stata influenzata anche dalla reputazione della famiglia.
La famiglia Benci fu protagonista delle dinamiche sociali, economiche e politiche della Firenze rinascimentale, contribuendo al contesto culturale dell'epoca.

 

Berengo, Marino, Il governo veneziano a Ravenna, estratto da: Ravenna in età veneziana, sito “Storia di Venezia”.
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LEONARDO DA VINCI e Ginevra de Benci

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