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LEONARDO DA VINCI E MICHELANGELO BUONARROTI

Figlio di Ludovico Buonarroti Simoni e Francesca di Neri, Michelangelo nasce il 6 marzo del 1475 a Caprese, in provincia d’Arezzo. 

La famiglia Buonarroti si trova a Caprese a causa dell’impegno come magistrato podestarile di Ludovico. Pochi mesi dopo la sua nascita, la famiglia rientra a Settignano, sui colli fiorentini. 

Fin dalla tenera età Michelangelo dimostra presto inclinazione per l’arte, stringe amicizia con Francesco Granacci e, nonostante la contrarietà paterna, entra nella scuola del Ghirlandaio a Firenze.

 

1487
da questa data inizia il suo percorso di apprendista presso la bottega di Domenico Ghirlandaio a Firenze, con un contratto che lo obbliga a rimanere per altri tre anni. Michelangelo, però, rompe l’impegno ed aderisce dopo pochi mesi alla libera scuola di scultura e di copia dall’antico voluta da Lorenzo de’ Medici nei Giardini di San Marco e diretta dallo scultore Bertoldo di Giovanni, allievo di Donatello.

MICHELANGELO BUONARROTI

1488
Grazie al rapporto con Lorenzo de’ Medici , ha modo di essere introdotto presso la “Firenze bene” dove conosce e approfondisce le proprie idee sull'arte con Angelo Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola. 

 

1493 
I frati agostiniani della Chiesa di Santo Spirito ospitano Michelangelo su intervento diretto della famiglia Medici, affinchè lui possa continuare i suoi studi sull'anatomia umana. Proprio in questo periodo risultano i suoi studi sulla dissezione cadaverica.


1496 
Si stabilisce a Roma, dove inizia il “Bacco”. Gode della protezione del banchiere Jacopo Galli, compratore del “Bacco“, oggi conservato al Museo del Bargello di Firenze. Il 27 agosto 1498 Michelangelo stipula il suo primo importante contratto con il cardinale francese Jean Bilheres per la celebre “Pietà” nella Basilica di San Pietro. Si impegna a terminare l’opera in un anno, per un prezzo pattuito di quattrocentocinquanta ducati.

 

1501 – 1504 
Viene richiamato a Firenze per una importante commissione dell’Opera del Duomo. Inizia a lavorare al “David“, che nel 1504 verrà trasportato in Piazza della Signoria. La commissione viene pagata quattrocento ducati. Sono anni densi di commissioni, nei quali Michelangelo lavora a vari progetti paralleli al David. Nel frattempo segue infatti il progetto degli “Apostoli” per il Duomo, sbozzando però solo il “San Matteo” oggi esposto in Galleria dell’Accademia. Pier Soderini, Gonfaloniere di Firenze, gli commissiona la “Battaglia di Cascina” per il Salone dei Cinquecento, di cui si ha testimonianza di un cartone preparatorio, oggi perduto. La ricca famiglia Doni gli affida la realizzazione di una “Sacra Famiglia” dipinta su tavola, il famoso “Tondo Doni” oggi esposto agli Uffizi. Buonarroti si dedica inoltre alla scultura di “Madonna con Bambino” scolpita per la famiglia Mouscron per la Cattedrale di Bruges. 

L’artista vi lavorò in segreto e fu inviata gelosamente nelle Fiandre non appena terminata intorno al 1504. Esegue in questi anni anche un tondo di marmo per la famiglia Pitti, oggi conservato al piano terra del Bargello insieme al celebre Bruto di Michelangelo.


1504
Papa Giulio II lo chiama a Roma per realizzare il suo monumento funebre. Michelangelo non porterà mai del tutto a termine il progetto, riveduto rispetto a quello iniziale dagli eredi del Pontefice e di questa “tragedia sepolcrale”, come la definisce, si rammaricherà fino alla fine.

 

1508 
Dopo un periodo di lunghe liti, finalmente firma il contratto con Giulio II per il suo capolavoro, la “Cappella Sistina“. Michelangelo, che si sposta di continuo tra Roma, Firenze e Carrara, dove controlla personalmente il marmo per le sue opere, accantona il progetto della Tomba per Giulio II e si dedica alla Cappella Sistina ininterrottamente fino al 1512.

Giulio II muore nel 1513 e si ripropone il problema del monumento funebre: di questo secondo contratto stipulato con gli eredi ci restano il “Mosè”, oggi collocato nella Chiesa di San Pietro in Vincoli e i due Schiavi conservati al Louvre (Schiavo Morente e Schiavo Ribelle). La tomba, tormento della sua vita, verrà portata a compimento solo nel 1545, con un’ultima versione, in gran parte affidata agli aiuti.

 

1515
Michelangelo lavora per il nuovo papa, Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, fin dal 1514, quando rifece la facciata della sua cappella a Castel Sant’Angelo, opera purtroppo perduta. Nel 1515 la famiglia Buonarroti ottiene dal papa il titolo di conti palatini. Leone X era nato nello stesso anno di Michelangelo e molto probabilmente si erano conosciuti fin dall’adolescenza, trascorsa a Palazzo Medici prima della cacciata della famiglia da Firenze. A Michelangelo fu richiesto un progetto per completare la facciata della Chiesa di San Lorenzo a Firenze, per la quale Buonarroti elabora alcuni disegni preparatori ed un modello ligneo, ma la commissione viene abbandonata circa un anno dopo.

 

1520 
Viene affidata a Michelangelo la creazione di una monumentale cappella funebre per accogliere gli ultimi eredi diretti della dinastia medicea: Giuliano, Duca di Nemours deceduto nel 1516 e Lorenzo, Duca d’Urbino scomparso nel 1519.

Annullata quindi la progettazione della facciata di San Lorenzo, le risorse vengono destinate alla realizzazione della Sagrestia Nuova nel complesso di San Lorenzo, dove verranno trasferiti anche i resti di Giuliano e Lorenzo de’ Medici, rispettivamente zio e padre di Leone X.

 

1524 – 1534 
Clemente VII è il nuovo papa del casato mediceo in carica e commissiona al Buonarroti la “Biblioteca Laurenziana” per accogliere a Firenze la preziosa e vasta collezione di rotoli, pergamene, incunaboli collezionati dalla famiglia Medici fin dai tempi di Cosimo il Vecchio. Proseguono allo stesso tempo i lavori per la costruzione della Sagrestia Nuova con le sculture del “Crepuscolo” e l’Aurora per la tomba del Duca d’Urbino, la Madonna con Bambino, la “Notte” ed il ”Giorno” per la tomba del Duca di Nemours.

In questi anni vengono portate avanti altre cinque sculture per la tomba di Giulio II che resteranno inutilizzate. Rimasero nello studio di Michelangelo a Firenze finchè non furono donate dal nipote a Cosimo I de’ Medici nel 1564. Quattro di esse, chiamati i Prigioni o Schiavi, sono esposte oggi nel Corridoio o Galleria dei Prigioni alla Galleria dell’Accademia, mentre la quinta, “Il Genio della Vittoria” si può ammirare nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.

 

1529 
Viene incaricato di sovrintendere i lavori delle fortificazioni di Firenze durante l’assedio della città da parte delle truppe di Imperiali di Carlo V. Si occupa dei piani difensivi sul Colle di San Miniato fino al 1530, anno in cui fa proteggere il campanile dai pallettoni dei nemici con un’armatura fatta di materassi imbottiti. Lo stesso anno esegue l’Apollo per Baccio Valori.


1534
Anno di profondo cambiamento per Michelangelo, che lascia Firenze senza più farvi ritorno. Ottiene l’incarico per il “Giudizio Universale” nella Cappella Sistina, cheinizia nel 1536 e porta a termine nel 1541, suscitando consensi e polemiche. In questi anni Michelangelo è stabilmente a Roma e si lega d’amicizia con Tommaso de’ Cavalieri, con cui scambia lettere e al quale dedica disegni e poesie. C’è anche un importante rapporto epistolare con la marchesa di Pescara, Vittoria Colonna, vicina agli avvenimenti della Riforma e alle idee del Valdes, cui anche il maestro si accosta.


1539
Scolpisce il busto del “Bruto” per Niccolò Ridolfi, oggi conservato al Museo del Bargello di Firenze.

 

1547
Negli ultimi anni della vita, Michelangelo intervenne più volte sul tema della “Pietà”, in una sorta di meditazione sulla morte. La “Pietà Rondanini” fu iniziata intorno al 1547 e vi lavorò a più riprese in un lungo arco di tempo fino all’anno della sua morte. L’opera, che proviene dal romano Palazzo Rondanini, è esposta al Castello Sforzesco di Milano dal 1952.

 

1550
Dal 1550 attende agli affreschi della Cappella Paolina in Vaticano e svolge lavori come architetto, da Palazzo Farnese alla risistemazione del Campidoglio, fino ai lavori imponenti per la cupola di San Pietro, a capo della cui fabbrica lo vuole Papa Paolo III dal 1546. Fra il 1550 ed il 1555 viene datata la “Pietà Bandini” oggi nel Museo dell’Opera del Duomo a Firenze. In un primo momento venne concepita da Michelangelo per la propria tomba. Il gruppo scultoreo fu danneggiato e rimase incompiuto dallo stesso Michelangelo, insoddisfatto del risultato.

 

1564, Roma, 18 Febbraio 
Michelangelo muore nella sua casa romana, lasciando incompiuta la Pietà Rondanini. Il testamento, secondo quanto riportato dal Vasari era composto “di tre parole: che lasciava l’anima sua nelle mani di Dio, il suo corpo alla terra, e la roba a parenti più prossimi“.

 

fonte: Copyright Accademia.org 

Leonardo da Vinci vs. Michelangelo Buonarroti  


Della Battaglia di Anghiari, che Leonardo da Vinci doveva dipingere su una grande parete della Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio in Firenze, commissionata dal Gonfaloniere della Repubblica Fiorentina Pier Soderini che lo voleva in competizione con Michelangelo Buonarroti (entrambi contemporaneamente in Firenze in quel periodo), ci sono rimasti solamente alcuni splendidi disegni e qualche cartone. 

 

Più vecchio di ventitrè anni di Michelangelo, Leonardo aveva scelto la battaglia che un esercito fiorentino aveva vinto contro uno milanese, mentre Michelangelo preferì la Battaglia di Cascina vinta dai Fiorentini contro i Pisani ed il suo affresco non fu completato nel luogo deputato a questo perché Giulio II lo invitò ad affrescare la Cappella Sistina. 

Mentre l‟opera di Leonardo fu sostituita da quella del Vasari nel 1557 perché la tecnica da lui utilizzata si rivelò sbagliata e gli errori e le sbavature erano eccessive (come ho dimostrato). Leonardo non amava la tecnica dell'Affresco. Aveva bisogno di dipingere con tranquillità, variando, quando lo riteneva giusto, i particolari dello stesso disegno, delle figure, degli atteggiamenti, i colori. 

E questo era impedito dalla frenesia pittorica richiesta da quell'operare, che era sollecitato dall'asciugarsi veloce dell'intonaco lisciato e preparato sulla parete. Inoltre i pigmenti minerali che si debbono usare nei colori, non sempre davano il tono richiesto e si modificavano dopo la reazione chimica di carbonatazione della malta sottostante, scontentando spesso l‟artista. Aveva ricavato dalla Historia Naturalis di Plinio l‟antico “Encausto”, una metodologia che richiede di scaldare la parete una volta dipinta, con un forte calore, per fissarvi i colori della scena. E l‟aveva voluta adottare per la sua Battaglia. 

Ma luso di questa tecnica non lo aveva favorito, soprattutto nella parte alta dell‟opera che, sembra, gli sia costata un anno di tempo e la collaborazione di molti allievi. Le cronache storiche ne ricordano gli errori provocati. 

 
Sembra che le dimensioni di quei dipinti fossero notevoli, diciassette metri di lunghezza per setto od otto di altezza, in uno dei saloni più grandi di allora. Lattuale Sala dei 500 o Sala del Maggior Consiglio della Repubblica di Firenze, in Palazzo Vecchio, raggiungeva i cinquantaquattro metri di lunghezza ed una altezza di diciotto metri.  


Se il lavoro di Michelangelo Buonarroti e quello di Leonardo da Vinci, nella stessa sala di Palazzo vecchio, e quindi vicine, si fossero potute confrontare, le due opere dei più grandi artisti di sempre, sono convinto che si sarebbe notata una sostanziale diversità di interpretazione.   La si può evidenziare anche dai pochi cartoni e disegni rimasti delle due opere.  Il differente verismo delle scene, delle figure, delle movenze, dei corpi, dei volti. Il coinvolgimento di coloro che le guardavano sarebbe stato in favore di Leonardo da Vinci. E spiego il perché.  
Il verismo nell‟arte pittorica nel Rinascimento, imperava.  
Michelangelo viveva soprattutto di commesse ed appalti di Monsignori, Cardinali e Papi. I suoi soggetti erano inevitabilmente di carattere religioso, fedeli ai canoni ecclesiastici, ispirati da scene bibliche, evangeliche, rivolte a santi, martiri e madonne.  Per chiese, monasteri, ambienti liturgici, tombe. 

Opere, come la Cappella Sistina, per due volte gli avevano richiesto anni di lavoro continuo e faticoso, per la tecnica dell‟affresco. Anche sopra la testa, da sotto in su!  Per lui, più che l'aderenza al vero, aveva importanza trasmettere la natura del “divino”.  Nelle sue opere doveva prevalere il requisito della “santità”, per soddisfare i desiderata dei suoi committenti. Leonardo da Vinci, invece, per motivi anche contingenti, riceveva commesse quasi sempre da privati, spesso con carattere esclusivamente mercantile. 

Per non perdere il favore del committente (la Dama con l‟ermellino, La bella Ferronnière, il Cenacolo), per ottenerne dei benefici di altro genere (come La Gioconda), perché il soggetto lo interessava. Ritratti di amanti, di donne madri che divenivano poi tracce per le sue splendide madonne come la Madonna di Benois, e La vergine delle rocce etc.), che, come l'Annunciazione, sono radiose (ma episodiche). In Leonardo l‟aderenza al vero anatomico psicologico e interpretativo era una ricerca costante. Che poteva durare anche decenni.  


Non sono un critico d'arte, ma da questo punto di vista Leonardo aveva una marcia in più nei confronti degli eccellentissimi artisti della sua epoca, Michelangelo compreso. 

 

I suoi continui ed accurati studi sull'anatomia dei cadaveri, della fisiologia umana. degli aspetti esteriori, dei muscoli, dei tendini, delle posture, dei volti, regolarmente disegnati con una accuratezza e precisione unica, gli giovavano grandemente quando doveva dipingere qualcosa che riguardava la figura umana. 

La conosceva molto bene. Ma anche le innumerevoli materie trattate a fondo, i misteri della natura che cercava di svelare, il vivere una vita sempre dedita a sopravvivere ma anche a far valere le sue doti che non tutti gli riconoscevano (almeno a sentir lui). I viaggi e le complicate vicissitudini anche familiari.  Le continue difficoltà economiche dopo il periodo milanese. Il trattare con i grandi dell'epoca con i quali aveva rapporti non sempre facili o che non si rivelavano sempre amici. Tutto questo gli aveva fatto acquisire, anche dal punto di vista psicologico, una capacità di riportare in un volto gli elementi anche interiori del soggetto. Specie nei ritratti. 

Diceva che gli occhi erano lo specchio della persona. E, riprodurli con estrema accuratezza nel soggetto che stava dipingendo era probabilmente il suo obiettivo. Il sorriso enigmatico della Gioconda ne è un esempio. Essendo Monna Lisa incinta, quando l'aveva ritratta, sembra ne vedesse l'immagine di sua madre.   
Aveva acquisito quindi una serie di capacità tecniche e psicologiche uniche, che gli consentivano di fare non solo dei ritratti eccezionalmente uguali alla realtà non solo fisica, ma soprattutto nell'immaginare e disegnare volti, braccia, schiene, corpi in varie posizioni. Nell‟atto di fare qualcosa. Di posture, di movimenti, di situazioni, delicate o di combattimenti feroci. Gli studi del volto di giovani, di vecchi, di smorfie, di atteggiamenti di sorriso, di terrore, di dubbio che traspaiono dai suoi innumerevoli disegni, raggiungono l‟apice nel Cenacolo, quando Gesù comunica ai suoi apostoli che uno di essi lo tradirà. È rimasto una icona.  


La sua pittura, i suoi disegni sono talmente veri da risultare tecnicamente perfetti e molto simili alla realtà dal punto di vista anatomico, posturale ed anche psicologico. Vederli ed esserne profondamente coinvolti è un tuttuno.  
Un esempio della veridicità, immediatezza e coinvolgimento dei disegni di Leonardo è dimostrato dal fatto che un grande come Rubens ne copiasse uno dei pochi rimasti della Battaglia di Anghiari.  
 


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