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LEONARDO DA VINCI E LA SESSUALITA'

La sessualità di Leonardo da Vinci è un argomento che ha suscitato interesse e dibattito tra gli studiosi. Tuttavia, a causa della mancanza di testimonianze dirette da parte di Leonardo o di persone del suo tempo, non c'è consenso sulla sua orientazione sessuale.

Leonardo da Vinci fu un uomo del Rinascimento italiano, vissuto nel XV secolo, e molti dettagli della sua vita personale sono rimasti oscuri. Leonardo non si sposò mai, e non ci sono prove di relazioni romantiche o sessualità documentate in modo specifico.

Alcuni studiosi suggeriscono che la mancanza di relazioni amorose documentate potrebbe essere attribuibile alla sua dedizione al lavoro artistico e scientifico, mentre altri speculano sulla possibilità che Leonardo potesse avere una qualche forma di omosessualità. Alcuni studiosi hanno basato queste speculazioni su alcuni aspetti delle sue relazioni personali, comprese le amicizie con giovani uomini, ma tali interpretazioni rimangono oggetto di discussione.

In breve, la sessualità di Leonardo da Vinci è un argomento ancora aperto a interpretazioni e dibattiti, e molti dettagli della sua vita personale rimangono avvolti nel mistero. Gli storici devono trattare con cautela tali questioni, poiché l'interpretazione delle prove disponibili può variare.

«Della verga: Questa conferisce collo intelletto umano, e alcuna volta ha intelletto per sé, e ancora che la volontà dell’omo lo voglia provocare, esso sta ostinato, e fa a suo modo, alcuna volta movendosi da sé, senza licenza o pensieri dell’omo, così dormiente, come desto, fa quello desidera: e spesso l’omo dorme e lui veglia, e molte volte l’uomo veglia e lui dorme; molte volte l’omo lo vole esercitare, e lui non vole; molte volte lui vole, e l’omo gliel vieta. Adunque è pare che questo animale abbia spesso anima e intelletto separato dall’omo, e pare che a torto l’omo si vergogni di nominarlo, non che di mostrarlo, anzi sempre lo copre e lo nasconde, il qual si dovrebbe ornare e mostrare con solennità, come ministro dell’umana spezie. (A proposito del membro virile, 1508)»

 

A proposito dei testicoli invece scrive: 

"Testiculos, testimoni del coito. Questi tengono in sé lo ardire, cioè sono aumentatori dell'animosità e della ferocia..." (De Anatomia, f. B, 13r). 

 

In un altro manoscritto si diverte a trovare nomi alternativi e aggettivi per il pene: 

 

"Cazzo, nuovo cazzo, cazuole, cazzellone, cazatello, cazata, cazelleria, cazate, cazo in ferigno, cazo erbato, caza vela, pinchellone". (Ar, f. 44v)

 

Poco si sa della sessualità di Leonardo in quanto, anche se ha lasciato centinaia di pagine autografe, ben poche di queste sono di natura personale. Non ha lasciato lettere, poesie o diari indicanti un qualsivoglia interesse romantico o sentimentale. Non si sposò mai e non può neppure essere affermato con certezza che abbia mai avuto una relazione intima o un rapporto sessuale completo con qualche persona, maschio o femmina che fosse.

 

Uno dei pochissimi riferimenti che Leonardo fa nei riguardi della sessualità umana nei suoi taccuini è la seguente affermazione: "L'atto del coito e le membra a quello adoprate son di tanta bruttura che, se non fusse la bellezza de' volti e li ornamenti delli opranti e la sfrenata disposizione, la natura perderebbe la spezie umana" (De Anatomia, A, f. 10r).

 

 

Michael White sottolinea il fatto che la volontà di discutere gli aspetti dell'identità sessuale di Leonardo è variata nel corso dei secoli. Il suo biografo quasi contemporaneo Vasari non fa alcun riferimento di sorta alla sessualità dell'artista[8]; tra i biografi del XX secolo si fa esplicito riferimento alla forte probabilità che Leonardo fosse omosessuale; anche se altri hanno poi invece concluso che per gran parte della sua vita mantenne uno stretto celibato. 


Una pagina del Codice Atlantico dove venne contraffatta la cosiddetta bicicletta di Leonardo; sotto, in basso a destra, si può interpretare un fallo eretto si dirige verso un buco (presumibilmente l'orifizio anale) sopra cui è scritto 'Salaì'.
Elizabeth Abbott, nella sua "Storia del celibato" sostiene che, anche se Leonardo era probabilmente omosessuale, il trauma causatogli dalla denuncia per sodomia lo convertì al celibato per il resto della sua vita. Una posizione analoga, ovvero quella di una forte inclinazione omosessuale passiva ma "casta" appare già nel famoso scritto del 1910 di Sigmund Freud intitolato "Leonardo da Vinci. Un ricordo della sua infanzia"; il fondatore della psicoanalisi sostiene che l'omosessualità di Leonardo fosse latente e che egli non avesse mai realizzato i suoi più reconditi desideri. Il lavoro di Freud, assieme a quelli di altri più recenti che hanno tentato di psicanalizzare Leonardo, viene discusso a lungo nel libro di Bradley Collins "Leonardo, Psychoanalysis and Art History". 

Altri autori, invece, sostengono che Leonardo fosse attivamente omosessuale: David M. Friedman sostiene che i taccuini mostrano una preoccupazione ed interesse costanti rivolti nei confronti degli uomini, dei corpi e delle funzioni maschili, ove le donne sono invece clamorosamente assenti; della stessa idea è anche lo storico dell'arte Kenneth Clark il quale dichiara che Leonardo non rinunciò mai alla propria vita omosessuale. 

Michael White, in "Leonardo: il primo scienziato" dice che probabilmente il processo che rischiò di subire in gioventù lo fece diventare molto più prudente, tenendolo sulla difensiva, ma che non lo dissuase affatto dall'avere relazioni intime con altri uomini: "non vi è dubbio che Leonardo rimase un omosessuale praticante". 

Nella biografia di White sono suggeriti altri rapporti intimi che egli avrebbe avuto, con un uomo di nome Fioravante di Domenico e con un giovane gentiluomo, Bernardo di Simone.

Uno dei più famosi studiosi di Leonardo Da Vinci, Carlo Pedretti, già nel lontano 2001 presentò delle prove concrete a riguardo della relazione amorosa che Leonardo Da Vinci ebbe con il Perugino, nome d’arte di Pietro Vannucci (1452-1523), autore, tra le tante importanti opere, dell’affresco “Consegna delle chiavi” presente nella Cappella Sistina.

 

Dell’omosessualità o almeno bisessualità di Leonardo si è già parlato, anche se non a sufficienza e senza riuscire a documentarla con prove forti. Ora, in un lungo articolo apparso sull’ultimo numero di Art & Dossier, ne parla con dovizia di riferimenti uno dei più illustri studiosi del genio di Vinci, quel Carlo Pedretti che già aveva reso possibile l’esposizione Stia (AR) del controverso disegno leonardiano dell’Angelo Incarnato.


Leonardo avrebbe avuto una relazione persino con il Perugino, nome d’arte di Pietro Vannucci (1452-1523), autore tra l’altro dell’affresco della Consegna delle chiavi nella Cappella Sistina.

E a riprova del fatto che l’autore della Monna Lisa avesse avuto questa relazione, Pedretti cita a testimone il pittore lombardo Giovan Paolo Lomazzo (1538-1600), autore di un manoscritto, intitolato "Il Libro dei Sogni" rinvenuto di recente presso la biblioteca del British Museum. 

Nell’opera il Lomazzo narra anche delle vicende della vita privata di Leonardo, oltre che delle sue doti artistiche. E cita un immaginario dialogo di Leonardo da Vinci sui suoi rapporti omosessuali con il suo allievo milanese Gian Giacomo Salai: qui, si trova una serie di elogi a quello che Leonardo chiamava l’"amor dei garzoni", che, «fuggendo la volubilità delle femmine» consente a «tanti rari spiriti» di uscire fuori. In questa affermazione, Pedretti individuerebbe un riferimento al Perugino, che era stato compagno di apprendistato di Leonardo.

 

 

Pedretti è il primo a sottolineare l’importanza di questo rapporto, che ha lasciato dei segni anche nelle parentele artistiche dei due pittori: si pensi all’uso comune di una tecnica per rendere le volumetrie dei corpi.

Che cosa sappiamo dell’omosessualità di Leonardo da Vinci? Possiamo affermare con certezza che il grande genio toscano fosse gay? Se il lettore è in cerca di una risposta immediata, allora la risposta è: no, non possiamo avere prove documentarie che Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 - Amboise, 1519) fosse omosessuale (o meglio: sodomita, perché questo era il termine in uso al tempo, “omosessuale” è invece un termine contemporaneo), dal momento che, essendo all’epoca la sodomia un reato molto grave, punibile con pene decisamente severe, è del tutto improbabile immaginare di poter trovare, nei pur numerosi scritti del vinciano, una sorta di coming out, nero su bianco. Questa, dunque, la risposta più rapida che si possa dare. Tuttavia, il fatto che Leonardo da Vinci non abbia lasciato tracce scritte dalle quali si possano desumere con palmare chiarezza i suoi gusti sessuali non esclude però che si possa lavorare sugli indizi per provare a ricostruire il rapporto di Leonardo con le persone dello stesso sesso. Il presente articolo non intende dare delle risposte, ma semplicemente provare a tracciare un sunto di ciò che conosciamo sul tema.

 

Intanto, occorre specificare che la discussione sull’omosessualità di Leonardo ha appassionato pochi storici dell’arte, e la gran parte di quei pochi che hanno affrontato l’argomento, lo ha fatto soprattutto per cercare di negare o ridimensionare l’idea di un Leonardo orientato verso le persone del suo sesso, col tentativo, viceversa, di attribuirgli relazioni con donne (sulla base, tuttavia, di appigli molto deboli, come si vedrà più avanti). 

Tra i rari storici dell’arte che hanno fatto cenno al tema in più ampie monografie dedicate alla produzione artistica di Leonardo, occorrerà citare almeno Frank Zöllner, uno dei massimi esperti di Leonardo, che nella sua monografia edita da Taschen riporta, nella sezione dedicata alla fase giovanile della sua carriera, che Leonardo “già da giovanissimo era noto per le sue inclinazioni omosessuali (un reato al tempo)” e che queste inclinazioni “nel XVI secolo erano accettate quasi come un tratto ovvio del suo ritratto di genio”. 

 

Si tornerà più avanti, nell’articolo, sui documenti che motivano e sostengono le due frasi di Zöllner: si può cominciare però in maniera più larga ricordando che la discussione moderna sull’omosessualità di Leonardo nasce con Sigmund Freud. Il padre della psicanalisi, nel 1910, scrisse un corposo saggio intitolato Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci (“Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci”) centrato su di un appunto che Leonardo da Vinci scrive in uno dei fogli (il verso del numero 186) del Codice Atlantico, dove l’artista rievoca un sogno che ebbe da bambino. 

“Ne la mia prima ricordazione della mia infanzia”, scrive Leonardo da Vinci, “è mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con la coda dentro alle labbra”. In sostanza, Leonardo ricorda di aver avuto un sogno in cui un nibbio gli colpiva ripetutamente la bocca con la coda. Secondo Freud, il nibbio (che per lo psicanalista austriaco è tuttavia un “avvoltoio”: per il suo saggio si era infatti basato su di una errata traduzione in tedesco dall’originale leonardiano) potrebbe essere un chiaro rimando a un rapporto orale, il che potrebbe essere il punto di partenza per provare a ricavare l’omosessualità dell’artista a partire dai suoi comportamenti. Tra questi vi sarebbero il suo forte attaccamento alla madre, la sua abitudine di circondarsi di allievi giovani, la costante presenza, nei suoi disegni e nei suoi dipinti, di soggetti androgini.

 

Si tratta, tuttavia, di indicazioni che di per sé non soltanto non forniscono alcuna prova, ma neppure costituiscono indizi utili se non supportati da altre evidenze. Ogni artista che teneva una bottega all’epoca era costantemente circondato di allievi giovani, e l’androginia di molti soggetti leonardiani potrebbe esser spiegata su basi culturali. 

Su quest’ultimo tema è interessante riportare, giusto a titolo di esempio, l’idea di uno dei massimi studiosi di Leonardo, Edoardo Villata, che nel 1997 ha dedicato un ampio saggio al San Giovanni Battista del Louvre, opera che, in virtù della sua spiccata sensualità, viene spesso chiamata in causa per attribuire un orientamento omosessuale a Leonardo sulla sola base dell’aspetto del santo. 

Villata riconosce che il carattere fortemente e scopertamente sensuale del san Giovanni Battista è uno degli aspetti più sottolineati dagli studiosi: “in nessun’altra opera, forse”, scrive lo studioso, “Leonardo sembra cedere al compiacimento di esibire un corpo giovanile di pulsante vitalità, la cui carne, quasi indorata dal ‘lume particulare’ che su di essa si riflette come su di una liscia superficie traslucida, si adagia in morbie pieghe e, insieme ai ‘belli e ricci capegli inanellati, di cui Lionardo si dilettò molto’, attribuisce alla figura un indeterminato carattere femmineo”. 

A cosa si deve tale aspetto? Villata rigetta, da un lato, l’idea che nel San Giovanni si possa percepire “l’effusione di un anziano omosessuale” (tesi sostenuta da un altro grande leonardista, Martin Kemp), e dall’altro anche una lettura in chiave neoplatonica, con presunti significati che rimandano alla tesi dell’androginia dell’uomo originario e perfetto: secondo lo studioso, la conturbanza del san Giovanni, che ritroviamo in altre opere di Leonardo (come la Leda e il cigno: non ne percepiamo tuttavia la stessa carica erotica per il fatto che l’immagine leonardiana ci è giunta solo attraverso copie e riproduzioni) è propria di figure che si fanno portatrici “di una fin troppo sconcertante naturalità vista anzitutto come potere (ma anche come necessità) generativo e metamorfico”, e si spiega “sulla base della sua speculazione teorica”. L’idea che la sensualità di certi suoi soggetti sia dunque da ricondurre all’atteggiamento fortemente indagatore di Leonardo potrà non convincere molti, ma è sufficiente per dare al lettore un’idea di quanto sia complicato, se non impossibile, desumere l’orientamento sessuale di Leonardo semplicemente osservando le sue opere, senza tener conto del contesto storico e culturale in cui operò e soprattutto senza tener conto delle sue idee, che conosciamo estesamente grazie ai suoi appunti.


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