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LEONARDO DA VINCI E LA GIOCONDA

Gioconda di Leonardo da Vinci

Titolo dell'opera: Gioconda

Data di produzione: 1503-1506

dimensioni: 77 x 53 cm

conservata presso: Museo dell'Louvre, Parigi

Soggetto: ritratto di donna

Tecnica: olio su tavola di pioppo lombardo

Attribuzione: Leonardo da Vinci

Sull’opera: “La Gioconda (Monna Lisa)

Quello della Gioconda è il solo dipinto la cui paternità non sia mai stata messa in dubbio da nessuno in cinque secoli. Stessa cosa si potrebbe dire per il suo Autoritratto a sanguigna (custodito a Torino) e per il ritratto su cartone effigiante Isabella d’Este (Parigi, Museo del Louvre). 

La totale documentazione dell’opera in esame è abbastanza precisa e dettagliata, anche se in alcuni piccoli particolari non tutti gli studiosi sono d’accordo.

Lisa Gherardini
Secondo gli studi e i documenti epigrafi, comprese epistole di Giorgio Vasari, “La Gioconda” chiamata anche Monnalisa, è espressione artistica di Leonardo da Vinci.

In particolare la donna nel soggetto, che all'epoca del ritratto aveva 25 anni. sembrerebbe essere Lisa Gherardini del Giocondo, da qui il nome Monna Lisa, moglie del fiorentino Francesco del Giocondo.

 

Francesco di Bartolomeo di Zanobi del Giocondo

Detto anche Francesco di Bartolomeo del Giocondo (Firenze, 1465 – Firenze, 1538), faceva parte di una  famiglia fiorentina dei Giocondi, famiglia certamente stimata ma mancante di riconoscimento di nobiltà. le cronache lo descrivono come un ricco mercante italiano di lane e tessuti, appartenente alla famiglia dei Giocondi, appassionati e collezionisti d'arte. Proprio la mancanza di titoli nobiliari suoi e nella sua famiglia, molto probabilmente lo spinse alla necessità di offrire almeno alla sua seconda consorte Lisa Gherardini, un ritratto degno della sua bellezza che mostrasse a tutti la purezza di stile e di gioventù.  

Bartolomeo, figlio di Francesco,  chiese ad Antonio di Donnino Mazzieri di dipingere un affresco sulla cappella funebre della famiglia, cappella situata all'interno della Basilica della Santissima Annunziata di Firenze. 

Furono richiesti  decorazioni pittoriche anche a Andrea del Sarto,  detto anche Andrea d'Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore Vannucchi. Del Sarto era già piuttosto noto per i suoi interventi e spesso veniva chiamato dalle famiglie e dalle signorie non solo fiorentine per la sua particolare capacità di ritocco e di linea di pittura, tanto che lo stresso Vasari dirà di lui un pittore "senza errori", sottolineandone l'assoluta perfezione formale, la decisa e articolata esecuzione pittorica. Fu proprio lui che ricevette dalla stessa famiglia di Francesco Bartolomeo alcuni ritratti da i quali, sembrerebbe, una madonna. la sua famiglia.

 

Secondo Giorgio Vasari, nella sua opera Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, sarebbe colui che commissionò a Leonardo da Vinci la Gioconda

 

Va specificato che l'attribuzione della Gioconda a Leonardo è certa, ma non è ancora certa, almeno secondo alcune recenti teorie di studiosi, che si trattasse realmente di Lisa Gherardini. Va ricordato infatti che proprio l’Anonimo Gaddiano, chiamato anche Magliabechiano è un manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Cod. Magliab. XVII, 17) appartenuto alla famiglia Gaddi,, che prende le distanze dal Vasari circa il soggetto ritratto nel quadro, afferma che Leonardo non avrebbe dipinto la Gioconda e che in realtà, sempre per l'anonimo Gaddiano, si trattava di un uomo, quindi di "Un Giocondo".

 

1584

Giovanni Paolo Lomazzo, pittore e trattatista italiano, scrive di due diverse opere pittoriche di Leonardo: una era la Gioconda e un'altra era al  Monna Lisa.

Verso il 1920,  André Charles Coppier, pittore conosciuto in Francia per le sue opere pittoriche e cartoni, ma anche  come storico dell'arte su Rembrandt e artisti del XV secolo, mette profondamente in dubbio che il soggetto attribuito alla mano di Leonardo sia Lisa Gherardini.

 

1517

Quando Antonio de Beatis, che fu segretario del cardinal Luigi d'Aragona e fece parte della scorta che nel 1517, accompagnò il cardinale nel viaggio attraverso l'Europa e la Francia, afferma, secondo lui che senza alcun dubbio, chi commissionò realmente la Gioconda non fu Francesco del Giocondo bensì Giuliano de’ Medici, protettore e amico di Leonardo.

La prima volta che l’opera venne menzionata fu quella di Antonio de Beatis nel suo diario: il 10 ottobre 1517, durante una sua visita a Leonardo che si trovava al castello di Cloux, egli scriveva di tre quadri, uno di 

 

“…..certa donna Fiorentina facta di naturale ad istantia del quondam magnifico Juliano de Medici, l’altro di S. Joane Battista giovane, et uno della Madonna e del figliolo che stan posti in grembo a S. Anna. tutti perfettissimi”. 

 

La donna raffigurata e descritta da De Beatis sarebbe dunque Pacifica Brandani, amante di Giuliano, figlia illegittima del nobile Giovanni Antonio Brandani, allora cortigiana alla corte di Urbino.

 

1550

Più tardi il Vasari scriveva

“Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatevi, lo lasciò imperfecto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontanableu”; a seguire una serie di indicazioni talmente particolareggiate, precise e corrette ( come se avesse visto davvero il quadro) che non corrispondono assolutamente alla verità: ad esempio parla di ciglia che la nostra Gioconda non ha.  

Il mistero della monnalisa di Leonardo da Vinci

Perché la Gioconda si trova in Francia:

Spesso si pensa an cora che la Gioconda di Leonardo sia di proprietà dello Stato italiano, in quanto Leonardo era fiorentino: non è cosi.

Per certo si può affermare che la Gioconda fu donata da Leonardo proprio al Re  Fu lo stesso artista a trasferire l’opera nel 1516 in Francia. Si suppone dovette essere poi acquistata – insieme ad altri dipinti – da Francesco I, per la consistente somma di 4.000 ducati d’oro. Dopo poco più di un secolo, nel 1625, un ritratto dal titolo “La Gioconda” veniva descritto dettagliatamente da Cassiano dal Pozzo insieme ad altre opere appartenenti alle collezioni dei reali di Francia. Sembrerebbe che la suprema opera, fin dal 1542, facesse parte degli ornamenti del castello di Fontainebleau (in particolare quelli della “Salle du bain”). Più tardi fu trasferita da Luigi XIV a Versailles e quindi, dopo la Rivoluzione francese, fatta pervenire al Museo del Louvre. Napoleone Bonaparte se ne impossessò personalmente per breve tempo (poi fu riportata al Louvre) facendola appendere in una parete della sua camera da letto. Durante la Guerra Franco-Prussiana del 1870-1871 la Gioconda venne nascosta in un posto sicuro custodito da persone affidabili.

2005

La Gioconda di Leonardo da Vinci è considerata da tutti coloro che hanno avuto modo di studiarla con le nuove tecnologie, un vero e proprio scrigno di segreti, che , a loro dire, sembrano celati enigmaticamente all'interno della sua rappresentazione.

 

Proprio gli esperti del Centro nazionale della ricerca scientifica francese (Cnrs) con l'ausilio dell'European synchrotron radiation facility (Esrf), un acceleratore atomico di particelle che analizza la struttura molecolare della materia, si è notato attraverso l'esame di un campione microscopico dello strato preparatorio che ricopre la tavola in legno di pioppo su cui la Gioconda fu dipinta. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Journal of the American Chemical Society, rivelano che la Monna Lisa ha una firma chimica distintiva: la plumbonacrite, un sottoprodotto dell’ossido di piombo. Tracce dello stesso composto, raro e stabile soltanto in un ambiente alcalino, sono state trovate anche nell’Ultima cena, realizzata tra il 1495 e il 1498 a Milano. Questo identifica che i materiali utilizzati per l'ultima cena e la Gioconda, non solo provengono dalla stessa zona geografica ma che si tratta della stessa miscela utilizzata in entrambe le opere.

 

Un'altra fonte d'illuminazione proviene dall'orizzonte, illumina il paesaggio e risalta il contorno della sua capigliatura. La bellezza della Gioconda non va ricercata nei suoi lineamenti facciali, ma nell'armonia degli elementi pittorici, nell'originalità meravigliosa dell'insieme e di ogni singolo particolare, nella saggia distribuzione dei colori ed anche nel perfetto accordo sorriso-paesaggio, che emana una sensazione misteriosa e irreale, come una sfida all'intelligenza e allo spirito di chi l'osserva.

 

Lo sguardo della Gioconda di Leonardo da Vinci
gli occhi della Gioconda mistero
le labbra della gioconda di Leonardo da Vinci

Leonardo, Ritratto di Lisa Gherardini,  1503-10 o 1513-19. Olio su tavola, 77 x 53 cm. - 11B1, particolare del viso

La bella signora presenta uno sguardo vivo e un sorriso enigmatico, un po’ ironico e un po’ malinconico; in effetti, osservando attentamente il dipinto si ha quasi l’impressione che Monna Lisa muti espressione davanti ai nostri occhi. Da profondo conoscitore dei meccanismi della visione, Leonardo aveva compreso che l’esattezza del disegno può conferire alle immagini una certa durezza. Pertanto, egli lasciò allo spettatore qualcosa da indovinare, come concedendo un margine alla sua fantasia, attraverso l’uso dello sfumato (qui, magistralmente utilizzato), che non definisce i contorni in maniera netta e lascia confluire una forma nell’altra.

 

Il suo viso appare quasi frontalmente, il corpo di tre quarti da un'impressione di movimento giratorio, una delle sua braccia riposa su uno dei braccioli della poltrona dove è seduta e la sua mano destra si posa delicatamente sull'altra.

Contrariamente ai ritratti femminili dell'epoca la donna non porta gioielli, né altri ornamenti.

D'accordo con la moda rinascimentale ha depilate le sopracciglia e parte dei capelli appena sopra la fronte, il petto stretto da un busto e il velo, che le avvolge i capelli, si distingue chiaramente per linea nera che ha sulla fronte.

Chiunque osserva un volto si concentra infatti sugli occhi e sulla bocca, i cui angoli definiscono l’espressione; e sono proprio questi particolari della Gioconda che Leonardo lasciò più indefiniti, immergendoli in una morbida penombra. In tal modo, l’espressione della donna sembra sfuggente ogni qual volta la si osservi e pare piuttosto riflettere, come in uno specchio, il momentaneo stato d’animo dell’osservatore. Studiando più attentamente il quadro, poi, ci si può accorgere che le due parti del paesaggio alle spalle della donna non sono corrispondenti, poiché l’orizzonte è più basso a sinistra che a destra, e anche le due metà del volto non si accordano.

le mani della gioconda di Leonardo da Vinci
alle spalle della gioconda di Leonardo da Vinci
il mistero della gioconda di Leonardo da Vinci

Leonardo, Ritratto di Lisa Gherardini,  1503-10 o 1513-19. Olio su tavola, 77 x 53 cm. - 13B4, particolare sfondo sinistra

1^ Ipotesi

"Quello raffigurato da Leonardo è a nostro parere il ponte di origine etrusco-romano Romito o ponte di Valle - ha spiegato Vinceti nel corso di una conferenza stampa nella sede della Stampa Estera a Roma - Attualmente del ponte rimane un solo arco, ma nel  periodo tra il 1501 e il 1503 il ponte era in funzione e frequentatissimo, come attesta un documento sullo stato dei manufatti nelle proprietà della famiglia dei Medici, ritrovato negli archivi di Stato di Firenze". E proprio in quel periodo Leonardo, secondo Vinceti, si trovava in Val d'Arno, prima al servizio di Cesare Borgia, detto il Valentino, e poi del gonfaloniere della Repubblica di Firenze Pier Soderini.

 

"La nostra ipotesi apparire più plausibile e documentata di altre - ha dichiarato Vinceti - Il ponte di Bobbio ha più di sei arcate, e quello a Buriano ne ha sei. Inoltre questi manufatti sono collocati su un terreno pianeggiante".

 

L’analisi delle immagini scattate col drone e dei documenti storici ci ha permesso di individuare, con un alto livello di probabilità, il paesaggio dipinto nella parte bassa a sinistra della Gioconda. Ovvero il complesso di balze o piramidi di terra nella zona del Valdarno superiore a cui Leonardo si è ispirato. E a questo proposito sono di fondamentale importanza alcuni disegni di balze presenti nel Codice Hammer (o Codice Leicester), famoso manoscritto di Leonardo databile tra il 1506 e il 1510”.

 

"Diverse sono le corrispondenze che intercorrono fra il ponte Romito - ha sottolineato Vinceti - le particolari morfologie dell'Arno in quel tratto di territorio e quanto riportato da Leonardo nel paesaggio alla sinistra della nobildonna raffigurata nel famoso dipinto. Queste corrispondenze sono emerse grazie alle immagini riprese da un drone che ci hanno consentito di evidenziare la presenza di due falesie nel lato sinistro e destro del ponte Romito e l'andamento sinuoso dell'Arno, così come raffigurati nel dipinto della Gioconda''.      

 

E la ricostruzione virtuale del ponte, realizzata in base alla larghezza dell'Arno nel tratto in cui si trova il ponte Romito, ha evidenziato una forte similitudine con il ponte presente nel ritratto. Lo stesso si può affermare per la forma e la grandezza dei quattro archi. "Significativi - ha osservato Vinceti - sono inoltre i  documenti storici che certificano come Leonardo in quel periodo risiedesse spesso a Fiesole, presso uno zio prete che si chiamava Amadori o Amadoro.

 

il ponte disegnato dietro la gioconda di Leonardo da Vinci

particolare del ponte 

dove si trova la Gioconda

per visitare quello che resta del ponte di Romito di Laterina, sulla strada tra Firenze e Arezzo

il panorama alle spalle della gioconda di Leonardo da Vinci

Leonardo, Ritratto di Lisa Gherardini,  1503-10 o 1513-19. Olio su tavola, 77 x 53 cm. - 13B12, particolare sfondo destra

 

1911, 20 Agosto

Il furto della grande opera avvenne presumibilmente la sera del 20 Agosto 1911. Il momento scelto per il furto era stato identificato con  quello di chiusura del museo. 

 

Peruggia, secondo le ricostruzioni investigative successive, si era nascosto in una stanzetta del Louvre e alla chiusura tolse la Gioconda dalla cornice arrotolandola e nascondendola sotto il suo cappotto, riuscendo a fuggire utilizzando una delle porte sul retro del museo, utilizzata normalmente dagli addetti alla manutenzione del museo. 

La mattina successiva alcuni impiegati notarono il quadro mancante ma non diedero l'allarme in quanto pensarono che il fotografo museale, addetto alle riproduzioni in pellicola ma, accertato che il quadro non fu mai spostato dal fotografo, scattarono gli allarmi blindando le uscite del museo; purtroppo era troppo tardi.  conosce bene il Louvre. Si reca spesso al museo parigino dilettandosi nell’eseguire copie. Quel giorno nel “ il Salon Carré”  è Il pittore Louis Béroud ma anche l’incisore Frédéric Laguillermie, entrambi presenti per studiare e, forse, copiare la Gioconda

 

Avvisata la polizia francese, già dal primo pomeriggio presente al Museo, al comando del  capo della polizia parigina, il signor Hamard, con una sessantina di ispettori, è sulla scena del crimine. Iniziano le verifiche nelle sale, per poi ricontrollare attentamente ogni angolo, sino a giungere alla piccola scala che conduce alla Corte Visconti, trovando con grande sorpresa solo la magnifica cornice rinascimentale italiana del dipinto.

Della clamorosa sottrazione venne subito sospettato il poeta francese Wilhelm Albert Włodzimierz Apollinaris de Wąż-Kostrowicky, meglio conosciuto come Guillaume Apollinaire , che venne arrestato il 7 settembre: in precedenza aveva più volte fatta esplicita dichiarazione di voler distruggere le opere custodite nei musei per sostituirle con quelle della nuova arte.

 In tale occasione fu chiamato a rispondere anche Pablo Picasso, ma entrambi furono poco dopo rilasciati.

 I sospetti si spostarono poi sull’Impero tedesco, all’epoca nemico della Francia.

 

Viene inviato sul luogo il famoso criminologo Alphonse Bertillon chem dopo diverse ore, individua un’impronta digitale posta sul vetro che faceva da protezione all'opera. decide quindi, in collaborazione con il capo della polizia, decide di procedere a interrogatori serrati tutti i  257 dipendenti : vennero interrogati tutti i dipendenti del museo, gli imbianchini, gli idraulici, persino gli ultimi corrieri che avevano portato le settimane precedenti opere da esporre nelle nuove sale, insomma, vi fu un vero e proprio caos.  molti assunti qualche giorno prima del furto. 

 

Malgrado l'intervento tempestivo della polizia, l'enorme lavoro di ispezione dei locali e la pressante azione dei giornali dell'epoca, la pressione cominciava a salire prepotentemente sul capo della polizia che, da li a poco, fu sollevato dall'indagine mentre il direttore del Louvre, Théophile Homolle, fu costretto alle dimissioni.

 

La notizia del furto della Gioconda, malgrado dovesse risultare riservata, ben presto arrivò alle redazioni dei giornali i quali scatenarono i loro giornalisti che stazionarono davanti alla stazione di polizia e al museo, nonchè nei bar e nei luoghi di aggregazione per carpire anche la minima informazione; in effetti si trattava di un furto importantissimo, forse…il furto del secolo!"

 

Dopo circa due anni si trovò il colpevole: Peruggia avrebbe voluto vendere la Gioconda alla Galleria degli Uffizi per qualche milione di lire. Affermò che la sua era stata un'azione patriottica e che l'Italia avrebbe saputo valorizzare maggiormente l'opera.

 

Ormai si incominciava a pensare che il dipinto non dovesse più riapparire: il vuoto lasciato dalla Gioconda nel Museo del Louvre fu riempito provvisoriamente da un’opera di Raffaello, il “Ritratto di Baldassarre Castiglione”. Si venne a sapere più tardi che Vincenzo Peruggia, un ex-impiegato del Museo, originario di Dumenza (comune italiano nel Luinese), convinto che il dipinto – realizzato da un pittore italiano – fosse esclusiva proprietà dell’Italia e che quindi non dovesse rimanere in Francia, lo aveva trafugato uscendo a piedi dal Louvre tenendolo semplicemente nascosto nel suo cappotto. 

 

Riposta la Gioconda dentro una valigia, tenuta sotto il letto di una piccola pensione parigina, la portò quindi a Luino con il preciso intento di farne dono alla nazione Italia, reclamando anche delle garanzie sul futuro dell’opera  che sarebbe dovuta rimanere nel suo paese: era infatti convinto che la Gioconda fosse stata rubata dalle truppe napoleoniche. 

 

1913

IL Peruggia decise di contattare un noto antiquario Firenze, convinto che  cercò di venderla ad Alfredo Geri, un antiquario di Firenze. Nel novembre del 1913 Peruggia decise di contattare l’antiquario fiorentino Alfredo Geri, dopo aver letto sul Corriere della Sera un suo annuncio relativo alla vendita di una importante collezione di quadri antichi, presso la casa di vendite “Arte antica e moderna” in via Borgognissanti 12.

Alfredo Geri fu effettivamente l’unico a prendere in considerazione la lettera del sedicente Leonard V., nonostante in un primo momento l’avesse interpretata come uno scherzo. Come dichiarerà nell’interrogatorio a cui fu sottoposto davanti al giudice istruttore, incuriosito dal contenuto della lettera, decise di parlarne con Giovanni Poggi, Direttore delle Gallerie degli Uffizi, e dopo essersi confrontato con lui, scrisse una lettera di risposta a Peruggia.

Tra le carte del fascicolo processuale è presente una nota della Questura relativa all’antiquario fiorentino, inviata al giudice istruttore il 20 dicembre 1913. Alfredo Geri viene descritto come persona intelligente e stimata, di buona condotta e con nessun precedente, ma dalle informazioni raccolte si ricava anche un breve profilo biografico del personaggio.

 

Fonte: Alberto Meloni, CIS - Leonardo da Vinci ETS

il furto della gioconda di Leonardo da Vinci
i giornali e la stampa raccontano il furto della Gioconda di Leonardo da Vinci

Due donne sovrapposte

Lo sguardo della famosa opera di leonardo è famoso in tutto il mondo. Chi ha visto la Gioconda al Museo de Louvre, si è reso conto di aver avuto la netta impressione di essere stato scrutato da quello sguardo penetrante. 

Dopo anni di studi si è giunti ad una nuova teoria, confutata da documentazione scientifica, che afferma la presenza di un altra figura femminile sotto la Gioconda.

 

Ci sarebbe un altro dipinto, con un’altra donna, eseguito da Leonardo da Vinci prima del celebre ritratto esposto al Louvre: a sostenerlo – dando alimento all’ennesima tesi sul mistero di Monna Lisa – è il francese Pascal Cotte, ingegnere ottico, inventore della prima camera multispettrale ad alta definizione. Si occupa dello sviluppo di nuove tecnologie per l’acquisizione e l’elaborazione di immagini. Afferma di  dice d’aver analizzato il quadro per 10 anni con nuove tecnologie. Cotte, protagonista di un nuovo documentario della Bbc, aggiunge che anche che l’identificazione della Gioconda con Lisa Gherardini è sbagliata e che il nome dell’opera andrebbe dunque cambiato.

Le sue rivelazioni potrebbero produrre uno shock nel mondo dell’arte, che però al momento ha reagito in modo piuttosto cauto alla presunta scoperta, dato che negli anni altri autori avevano avanzato ipotesi sul dipinto rivelatesi in alcuni casi infondate. Ma Cotte è sicuro del fatto suo e in particolare della validità di una tecnica che ha usato per analizzare il quadro, chiamata Layer Amplification Method (LAM).

 

«Funziona proiettando un fascio di luci intense sulla tela», ha spiegato lo studioso, che poi coi suoi collaboratori ha scattato foto ad alta risoluzione e le ha passate al setaccio. «In questo modo possiamo analizzare cosa esattamente c’è tra gli strati del dipinto, lo possiamo sbucciare come fosse una cipolla», ha aggiunto il ricercatore, fondatore nella capitale francese del centro di ricerca Lumiere Technology che ha già analizzato con lo stesso metodo altri capolavori di Leonardo.

Dietro la Gioconda ci sarebbe in effetti un’altra figura seduta. Non solo, secondo Cotte l’immagine intravista sotto la superficie ritrae un’altra donna, non Lisa Gherardini, moglie di un commerciante di seta fiorentino, Francesco del Giocondo. Secondo la versione più accreditata, invece, quella del grande pittore e storico dell’arte Giorgio Vasari, sarebbe stato quest’ultimo a commissionare il ritratto al maestro italiano: da qui il nome di Gioconda. E sarebbe dunque Lisa la protagonista del ritratto.

2004

Il Louvre, nonostante gli abbia concesso nel 2004 la possibilità di studiare il dipinto, non si scompone e fa sapere che Cotte «non fa parte del team scientifico» del museo.

I critici di maggior fama accademica appaiono a loro volta divisi e non mancano gli scettici, come Martin Kemp, professore di storia dell’arte ad Oxford. «Non penso che ci siano diversi strati che rappresentano diversi ritratti. Lo vedo piuttosto come un continuo processo di evoluzione e sono assolutamente convinto che la Monna Lisa sia Lisa», taglia corto.

Di tutt’altro avviso Andrew Graham-Dixon, volto noto della critica anche in tv e autore del documentario della Bbc, che parla di «straordinarie rivelazioni». «Non ho dubbi che questa sia una delle storie del secolo», aggiunge, dichiarandosi convinto che «dopo qualche riluttanza» il Louvre sarà alla fine costretto a cambiare il titolo del dipinto. Monna Lisa addio?

si ringrazia “La Stampa”.

Il sorriso, lo stesso che aleggia anche sulle labbra della Dama con l’ermellino, di Sant’Anna, del Battista, è il vero protagonista del dipinto. Grazie a questo sorriso ineffabile, l’umore di Monna Lisa sembra mutare continuamente: una volta appare beffarda, un’altra malinconica, un’altra ancora chiusa nel suo mistero. Non siamo mai sicuri dello stato d’animo con cui la signora ci guarda. Leonardo riuscì a ottenere questo effetto inventando la tecnica dello sfumato, che gli permetteva di lasciare alcune parti indefinite. Qui ha lasciato evanescenti gli angoli della bocca e gli angoli degli occhi, i punti dove si cela l’espressione di un volto.
I contorni del viso non sono delineati in maniera rigida, ma lasciando un po’ vaga la forma, come se svanisse nell’ombra. Questo rende viva la figura: è immobile, ma pronta a muoversi e a respirare.
La sensazione di movimento è data anche dall’asimmetria delle due metà del quadro. A destra l’orizzonte è più basso che a sinistra, perciò da questa parte la donna sembra più alta ed eretta. Anche nel volto i due lati non si accordano.
La luminosità quasi iridescente della pelle è resa dagli strati di biacca sotto le velature sottilissime di colore.
Non si sa quando Monna Lisa ha perso le sopracciglia: forse in qualche restauro antico, come sembra di capire da un resoconto di Cassiano dal Pozzo del 1625.
 

Il dipinto non è su tela, come molti credono, ma su tavola di pioppo tenero, nonostante Leonardo raccomandasse di usare legno di noce insieme con l’«arcipresso o pero o sorbo». Gli altri suoi quadri sono quasi tutti su noce.
Il craquelé regolare della pittura deriva dalla crettatura del fine strato di gesso duro con cui Leonardo aveva preparato la tavola. Sopra il gesso aveva poi steso un colore di base: blu sotto la parte superiore del paesaggio, rosso sotto la parte inferiore.
Inventore della prospettiva aerea, Leonardo dipinse paesaggi che danno l’impressione di essere visti o immaginati dal cielo. Nel 1500 si mise a studiare il volo degli uccelli per progettare un aliante che lo portasse sempre più in alto, al di sopra delle nuvole «acciò che l’alia non si bagni e per riscoprire più paesi».
Il ponte romanico, ancora perfettamente funzionante, sarebbe quello di Buriano, nel Valdarno vicino ad Arezzo.

esami e studi sulla Gioconda di Leonardo da Vinci

Bibliografia

bIV(EN) Roy McMullen, Mona Lisa: the picture and the myth, Boston, Houghton Mifflin, 1975, ISBN 0-395-20734-7.
(DE) Eugène Müntz, Leonardo da Vinci: artist, thinker and man of science, W. Heinemann, 1898, ISBN 
Giuseppe Pallanti, La vera identità della Gioconda. Un mistero svelato, Firenze, Skira, 2006, ISBN 88-7624-659-2, ..
(EN) Donald Sassoon, "Mona Lisa: the Best-Known Girl in the Whole Wide World, 2001, ISSN 1477-4569 (WC · ACNP)
(FR) C. Scaillerèz, Leonardo da Vinci. La Joconde, Parigi, Réunion des Musées Nationaux, 2003, ISBN 
(ES) Luisa Sofovich, Biografía de la Gioconda, Firenze, Espasa-Calpe, 1953, ISBN 978-84-239-1162-2.
Pietro Gioacchino Taglialatela, Leonardo da Vinci e il suo quadro per Monna Lisa del Giocondo, Tip. Pontificia Michele D'Auria, 1912, ISBN 
Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architettori, 1550, ISBN 88-7642-056-8.
(EN) Colin Wilson, The Mammoth Encyclopedia of the Unsolved, Carroll & Graf, 2000, ISBN 0-7867-0793-3,
(DE) Frank Zollner, Leonardo da Vinci, Mona Lisa. Das Portrat der Lisa del Giocondo. Legende und Geschichte, Francoforte, Fischer Taschenbuch Verlag, 1994, ISBN 3-596-11344-X.

Monnalisa o Gioconda di Leonardo da Vinci

2023: tracce di Plumbonacrite nella Gioconda

 

Il plumbonacrite è un minerale raro, che si trova principalmente come prodotto secondario in condizioni molto specifiche, spesso in associazione con processi di degrado o alterazione chimica dei composti a base di piombo. In natura, il plumbonacrite può trovarsi in giacimenti di piombo, in genere associato ad altri minerali di piombo come la cerussite o l’idrocerussite, anche se è estremamente raro in questi contesti.

 

Può formarsi in natura o in contesti artificiali, come in oggetti d'arte antichi e dipinti storici, specialmente quelli realizzati con pigmenti contenenti piombo.composto principalmente da carbonato basico di piombo con formula chimica Pb₅(CO₃)₃O(OH)₂

 

È noto soprattutto per il suo legame con il restauro e lo studio di opere d'arte, poiché è stato scoperto in alcune delle pitture di grandi artisti, come ad esempio Leonardo da Vinci.

 

La plumbonacrite si forma in condizioni molto particolari e può apparire come un sottoprodotto del degrado o della reazione chimica dei pigmenti a base di piombo, spesso utilizzati nei colori a olio. Ad esempio, la sua presenza è stata rilevata nella Gioconda di Leonardo da Vinci, suggerendo che l'artista potrebbe aver usato tecniche innovative per la sua miscela di colori o che ci sono state reazioni chimiche nel tempo che hanno portato alla formazione di questo minerale.

 

La plumbonacrite viene scoperta nelle opere d'arte grazie a tecniche scientifiche avanzate utilizzate per analizzare i materiali pittorici e i processi di invecchiamento dei dipinti. Questo minerale si forma in particolare in opere che contengono pigmenti a base di piombo, come il bianco di piombo o il minio, che reagiscono chimicamente nel tempo.

 

Secondo alcuni studi effettuti nel 2024, La plumbonacrite è stata rilevata in piccole quantità sulla superficie della Gioconda. Questo suggerisce che Leonardo abbia utilizzato una miscela innovativa di pigmenti a base di piombo, probabilmente cercando effetti particolari di trasparenza o tonalità. La presenza di questo minerale è stata scoperta grazie a tecniche avanzate di analisi come la spettroscopia a raggi X e la microscopia. La formazione del plumbonacrite è dovuta alla reazione chimica dei pigmenti nel corso dei secoli, in particolare del bianco di piombo, e potrebbe anche indicare l'invecchiamento e la trasformazione del dipinto.

 

Ma come viene rilevata la plumbonacrite?

Vi sono diverse tecniche per rilevarla. Qui vengono indicati alcuni passaggi con i quali si è evideniata la presenza sulla Gioconda.

 

Spettroscopia a raggi X (XRF e XRD)

XRF (Spettroscopia a fluorescenza a raggi X) viene usata per determinare la composizione elementare delle vernici. Può rivelare la presenza di piombo, che è un indicatore di pigmenti a base di piombo, e in seguito permettere analisi più specifiche.

 

XRD (Diffrazione a raggi X): Questa tecnica viene utilizzata per identificare le strutture cristalline dei minerali. Nel caso della plumbonacrite, l'XRD permette di distinguere questo minerale da altri composti di piombo, come la cerussite o l’idrocerussite.

 

Microscopia elettronica a scansione (SEM)

La microscopia elettronica a scansione (SEM), combinata con analisi a dispersione di energia (EDS), consente di studiare la superficie del dipinto a un livello molto dettagliato, esaminando le particelle minerali e identificando la loro composizione chimica e la loro morfologia. È particolarmente utile per analizzare piccolissime tracce di plumbonacrite.

 

Spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR)

La spettroscopia FTIR è impiegata per analizzare i legami chimici dei composti presenti nei pigmenti. Questa tecnica consente di identificare specifici gruppi funzionali nei minerali, aiutando a confermare la presenza della plumbonacrite.

 

Microspettroscopia Raman

La spettroscopia Raman è una tecnica non distruttiva utilizzata per esaminare i pigmenti. È utile per identificare la plumbonacrite analizzando le vibrazioni molecolari e le caratteristiche spettrali dei minerali. Questa tecnica permette di effettuare l'analisi senza danneggiare l'opera d'arte.

 

Microscopia ottica e campionamento microstratigrafico

Gli scienziati possono prelevare campioni microscopici dai dipinti per studiare i diversi strati di pittura. Attraverso l'osservazione ottica e l'analisi chimica, i restauratori possono identificare la plumbonacrite nei vari strati di vernice e nel processo di degrado dei materiali pittorici.

 

Riflessione della luce ultravioletta e spettrometria di massa

La riflessione UV può rivelare cambiamenti nei materiali pittorici, indicando possibili reazioni chimiche. In combinazione con altre tecniche, come la spettrometria di massa, può confermare la presenza della plumbonacrite.

 

 

Importanza nel restauro

La scoperta della plumbonacrite nei dipinti è cruciale per comprendere meglio le tecniche pittoriche degli artisti e per monitorare il degrado dei materiali. Sapere che questo minerale si forma nei pigmenti a base di piombo può aiutare i restauratori a sviluppare strategie di conservazione efficaci, prevenendo danni ulteriori dovuti alle reazioni chimiche che avvengono nel corso del tempo.

Questa scoperta aiuta i ricercatori e i restauratori a comprendere meglio le tecniche pittoriche di Leonardo e il comportamento dei materiali usati nei suoi dipinti nel corso dei secoli.

       

Anche se la plumbonacrite non è stata documentata in tutte le opere, è probabile che molte altre opere rinascimentali, che impiegavano pigmenti simili, abbiano visto la formazione di questo minerale nel tempo. Ogni opera d'arte che utilizzava bianco di piombo è un possibile candidato per la presenza di plumbonacrite, anche se la sua identificazione richiede analisi scientifiche sofisticate.

 

Importanza della scoperta

Per concludere, possiamo affermare con certezza che la scoperta della plumbonacrite nei dipinti rinascimentali è significativa per diversi motivi:

 

Restauro e conservazione

La plumbonacrite può indicare il degrado chimico del dipinto. Conoscere la sua presenza aiuta i restauratori a pianificare interventi più accurati e a preservare meglio le opere d'arte.

 

Comprensione delle tecniche pittoriche

La formazione della plumbonacrite riflette l'uso di pigmenti a base di piombo da parte degli artisti rinascimentali e fornisce indizi su come questi materiali si sono comportati nel tempo.

 

Analisi non distruttiva

Grazie a tecniche moderne come la spettroscopia a raggi X e la microscopia elettronica, è possibile studiare questi processi senza danneggiare le opere d'arte, migliorando la conoscenza dei materiali usati nel passato.

 

Fonte: CIS - Leonardo da Vinci ETS

La Gioconda di Leonardo da Vinci

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