PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
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Pompeo Leonio, nato nel 1503, fu il figlio di Leone Pompeo, abile incesellatore e scultore di Arezzo e di Diamante martini la notizia che lo vorrebbe milanese.
Quando il genio toscano morì nel 1519, per sua volontà testamentaria, tutti i codici di Leonardo da Vinci passarono nelle mani di Francesco Melzi.
L’allievo decise di portare i codici di Leonardo da Vinci da Amboise, in Francia, alla sua villa a Vaprio d’Adda, a due passi da Milano. E qui i codici di Leonardo da Vinci rimasero tutti insieme almeno fino al 1570, anno in cui morì lo stesso Francesco Melzi.
Orazio Melzi, figlio di Francesco, si disinteressò completamente dei codici di Leonardo da Vinci. E da questo momento in poi, i manoscritti iniziarono a girovagare per l’Europa intera.
Entrò in possesso delle carte e dei disegni che Leonardo da Vinci aveva lasciato a Francesco Melzi dopo la sua morte e iniziò un lento lavoro di smembramento di ogni singolo disegno, appunto e quant'altro scritto da Leonardo, il tutto per un fine legato alla vendita delle opere del maestro, cercando di monetizzare quanto più possibile.
E' infatti molto probabile che abbia anche “ritoccato” alcuni scritti se non addirittura dei disegni, ma di questo non vi sono evidenti e significative testimonianze.
A lui va ricondotto il “formato” Codice atlantico, in quanto vi racchiuse in fogli di grandi dimensioni, spesso utilizzati anche per mappature nautiche utilizzate in grande formato, da qui il nome “atlantico”.
Malgrado ciò, il Codice Atlantico rappresenta comunque l’opera più straordinaria giunta fino a noi tra i codici di Leonardo da Vinci. Sia per grandezza che per ampiezza dei contenuti trattati ma anche a livello cronologico. Il Codice Atlantico copre infatti circa 40 anni della carriera di Leonardo, dal 1478 al 1519 – anno della sua morte avvenuta in Francia.
1540
Arrivò a Roma, molto probabilmente in questo viaggio iniziò a prendere contatti per la vendita del Codice Atlantico.
1551
compiuto un viaggio di formazione nell'Urbe, il L. entrò al servizio di Antoine Perrenot de Granvelle, per il quale rinettò a Innsbruck un ritratto ovato di Carlo V, fuso in bronzo da Leone (Vienna, Kunsthistorisches Museum).
1554
il L. rientrò presso il padre (Madrid, Archivo de Palacio, Mss. II, 2270, c. 253r, con data errata in A. Pérez de Tudela, Algunas notas…, in Archivo español de arte, LXXIII [2000], p. 264, n. II). Tra il 1554 e il 1556 firmò due medaglie di Ercole II d'Este, che testimoniano un trascurato passaggio dell'artista per Ferrara, e realizzò forse anche la medaglia di Ferdinando Castaldo.
1556
condusse a Bruxelles i ritratti asburgici gettati in bronzo dal padre a Milano e non ancora compiuti (le figure intere di Carlo V che trionfa sul Furore, Isabella, Filippo II, Maria d'Ungheria, un busto dell'Imperatore e un bassorilievo perduto con il profilo dell'Imperatrice), ma anche un busto marmoreo finito di Carlo V (conservato, come i precedenti, al Museo del Prado di Madrid); con essi si trovava la prima scultura autonoma del L., una statua marmorea di Filippo II che venne terminata nel 1568 (Aranjuez, palazzo reale).
1556
circa risale anche una medaglia di Carlo V (al rovescio: Omaggio delle nazioni). Sulla scia di queste buone prove le statue di Leone vennero affidate al figlio per essere portate a compimento in Spagna.
1557
il L. divenne dunque scultore reale e fu attivo prima alla corte di Valladolid, presso Maria d'Asburgo regina d'Ungheria, e poi a Madrid, presso Filippo II. Tra i mecenati dello scultore va inoltre annoverato il principe Carlo, per il quale sin dal 1556-57 realizzò diverse medaglie (Carlo d'Asburgo, Juan Honorato) e un crocifisso dorato e smaltato.
Alcune frasi eterodosse del L., che intendeva il tedesco e conosceva il castigliano e nei suoi ripetuti viaggi era venuto a contatto con aree di fede protestante, attirarono però l'attenzione dell'Inquisizione spagnola, che nel 1557 lo condannò a un anno di confino correttivo presso un monastero ignoto.
1569
sposò Estefanía Pérez de Mora (morta nel 1604), che diede alla luce Leon Battista o Giovambattista (1564-1615), dottore in utroque iure; Alfonsina Diamante (nata a Milano nel 1571); Michelangelo (1573 circa - 1611), pittore e scultore di Filippo III; e Vittoria, che andò in sposa al lombardo Polidoro Calchi (ai cui eredi sarebbe andata la casa milanese del L., detta "degli omenoni").
1608
Dopo la morte del Leoni, i suoi eredi vendettero il Codice Atlantico a Galeazzo Arconati.
1637
Il conte Galeazzo Arconati donò l’opera alla Biblioteca Ambrosiana. E ancora oggi il Codice Atlantico è conservato a Milano, se si esclude il periodo in cui fu a Parigi (dal 1795 al 1815).
1790
Fino alla fine del ‘700, i codici di Leonardo da Vinci erano suddivisi quindi tra tre grandi città europee: Milano, Madrid e Londra. Ma l’avvento di Napoleone era destinato a sconvolgere ulteriormente la geografia dei codici di Leonardo da Vinci.
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