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LEONARDO DA VINCI: ANNO 1462

1462

Il padre Piero avrebbe mostrato all'amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega; è in realtà alquanto improbabile che un apprendistato cominciasse ad appena dieci anni, per cui l'ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio è oggi ritenuto posteriore.

Si pensa infatti che Leonardo restasse in campagna nella casa dei nonni, dove avvenne la sua educazione, piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo, a cura del nonno Antonio, dello zio Francesco e del prete Piero che l'aveva battezzato. Il fanciullo imparò infatti a scrivere con la sinistra e a rovescia, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale. Vasari ricordò come il ragazzo nello studio cominciava «molte cose [...] e poi l'abbandonava» e nell'impossibilità di avviarlo alla carriera giuridica il padre decise di introdurlo alla conoscenza dell'abaco, anche se «movendo di continuo dubbi e difficultà al maestro che gl'insegnava, bene [che] spesso lo confondeva».

 

1462, 29 ottobre

Ser Piero  lavora a Firenze e lo farà sino al 29 marzo 1464. Abita con la moglie Albiera nel quartiere di Santa Maria Novella, dove si trova la chiesa del Popolo di Santa Maria Sopra Porta.  La parrocchia era  abitata da famiglie ghibeline, quali gli Amidei, gli Arrighi, i Fifanti e gli Uberti. Si trova adiacente la Piazza di Parte Guelfa (alla quale si accede da via Pellicceria, dal vicolo della Seta e dal chiasso di San Biagio). La casa confinava da un lato con la strada e su due lati con l’Arte del Cambio.

1462: 

Se si considera la fornace di famiglia a Bacchereto, centro della ceramica artistica del comprensorio e la presenza, a Vinci e nel suo territorio, di numerosi pittori e scultori fiorentini, si può verosimilmente pensare che Leonardo abbia iniziato già in questi anni la sua formazione artistica. 

 

Una precoce iniziazione a questa pratica è del resto testimoniata anche per altri artisti del tempo, come dimostra il caso di Raffaello Sanzio, figlio d'arte, a bottega dal Perugino già tra gli otto e i dieci anni. 

 

Una precoce iniziazione a questa pratica è del resto testimoniata anche per altri artisti del tempo, come dimostra il caso di Raffaello Sanzio, figlio d'arte, a bottega dal Perugino già tra gli otto e i dieci anni.

 

La zia di Leonardo, Violante, abita a Pistoia, città d'arte vicinissima a Vinci e centro culturale e religioso per tutto il territorio circostante. Dopo la morte del nonno Antonio, suo padre Ser Piero continua ad esercitare in Firenze la professione di notaio per gli esponenti di nobili famiglie, come Cosimo de' Medici che assiste nelle sue relazioni con Ercole Bentivoglio, signore di Bologna.

Bacchereto al tempo di Leonardo era un centro di produzione di ceramica smaltata in forte sviluppo. Leonardo conosceva bene questa piccola località posta sul versante del Montalbano opposto a quello del suo paese di origine, Vinci. Nelle sue mappe più famose della Valle dell’Arno riporta anche, sul Montalbano, il disegno di Bacchereto che egli raffigura come un piccolo centro circondato da mura (RL 12685 di Windsor). 

 

In effetti la storia di questo minuscolo borgo rinascimentale di fornaciai-ceramisti affonda le sue radici nei secoli centrali del Medioevo, quando Bacchereto era un castello controllato dal vescovo di Pistoia. La zona delle fornaci, sulla viabilità che dal crinale del Montalbano, presso Pietramarina, scende verso Novelleto e Toia, è oggi parte del programma dei percorsi proposti dal Parco Archeologico di Carmignano.

 

Leonardo cita un’unica volta Bacchereto nelle sue carte, quando in un appunto in margine ad alcuni disegni di macchine e lo schizzo di un profilo maschile, rammenta il debito di un certo “Francesco d’Antonio in Firenze e compare in Bacchereto” (Codice Atlantico 878v). 

Leonardo aveva sicuramente frequentato in giovane età Bacchereto, dove si trovavano ancora i parenti della nonna Lucia. Qui, forse, avrebbe potuto cominciare a far pratica nella modellazione dell’argilla (si ricordano le famose teste femminili “di terra” rammentate dal Vasari nelle Vite) e nell’osservazione delle fornaci rammentate in diverse carte dei codici leonardiani (Codice Atlantico ff. 87r e 188r; Madrid II, 142r, 149v, 87v; Libro di Pittura, Carta 22r; Manoscritto di Francia G, f. 47r). Leonardo disegna la parte alta di Bacchereto come doveva apparire al suo tempo, con la pieve di Santa Maria all’interno del minuscolo circuito murario probabilmente ancora ben riconoscibile (RL 12685 di Windsor). Invece in un’altra famosa mappa, la veduta a volo d’uccello della valle dell’Arno (Madrid II ff. 22v-23r), .

 

A cura di Alessandro Vezzosi, con la collaborazione di Agnese Sabato

 

Assieme alle consuete località di quel versante del Montalbano (Bacchereto, Carmignano e Verghereto), Leonardo riporta anche la località Fornia. Si tratta di un micro-toponimo che si trovava, al tempo di Leonardo, lungo la strada che dal crinale del Montalbano scendeva verso la casa della famiglia della nonna di Leonardo, in località Toia.

Non sappiamo esattamente quando Leonardo giunge alla bottega del Verrocchio, Secondo Giorgio Vasari già nel 1462. Secondo una ricostruzione più attendibile, dopo la morte di nonno Antonio. Dunque, tra il 1468 e il 1469, quando ha sedici o diciassette anni e sta uscendo dall'adolescenza.

 

Leonardo nel “college” del Verrocchio 

Leonardo da Vinci, come figlio naturale di un notabile di Firenze, non poteva godere di tutti i privilegi accademici di chi invece legittimo lo era e suo padre non lo iscrisse alle scuole di allora dove si studiava, fra l‟altro, la lingua latina. Considerata la porta di accesso alla Cultura. Questo fatto lo angustiò molto. 

 

Più volte scrive di considerarsi un illetterato perché non conoscendo questa lingua, non aveva studiato i classici e spesso si dà dell‟”ignorante”, “dell “omo sanza lettere”. Ma, consapevole di questa sua mancanza, si è sempre dato anima e corpo allo studio per suo conto. E se ne è spesso vantato. E questo suo considerarsi non alla altezza dei suoi contemporanei più fortunati, la ha sempre spinto a puntare su se stesso. Ad un approccio totalmente autodidatta contando pressoché solamente sulle sue capacità, che erano infinite. Imparava soprattutto dalla Natura e dall‟Esperienza. Sentirsi in un certo senso inferiore agli altri lo ha sempre spinto a diventar famoso per superare tutti proprio nella Conoscenza. 

 

Per sopravanzare i cosiddetti Dotti di allora. Sosteneva che colui che in vita non raggiunge vette tali da diventar famoso, sbaglia. La sua continua paura dell‟insuccesso lo portava ad approfondire ogni materia che lo incuriosisse. A diventarne padrone. A passare da una materia all‟altra per raggiungere quel successo al quale aspirava in vita. 

Che non sempre gli veniva riconosciuto. La sua speculazione intellettuale sembra infinita. Ed anche se era considerato un sapiente in tanti settori dello scibile umano, ciò non gli bastava, e questa insoddisfazione costante lo ha portato a conquistare vette di conoscenza mai raggiunte da nessun altro al mondo. 

Grande ammiratore di Giotto, sembra che lavorasse indefessamente per acquisire tutte le tecniche insegnate dal Verrocchio in vari settori, perché voleva diventare il pittore più grande di tutti. Le “Botteghe” di artisti e artigiani, allora, producevano di tutto in ferro, mattoni, marmo, colori, ed ogni altro materiale. 

Un Artigianato tuttofare, anche artistico. Da pale di altare, a statue in bronzo, da quadri e stendardi ad armature, da soprammobili ad armi, da attrezzi e macchine a utensili. 

Pressoché tutto il costruibile in quasi tutti i campi.  Sembra che l‟apertura mentale del suo maestro infondesse in Leonardo una sicurezza tecnica crescente e lo sollecitasse a bruciare le tappe. Tanto che a vent‟anni, nel 1472, è già maestro, iscritto alla Compagnia di San Luca, una delle molte Corporazioni dei pittori della Firenze di allora. 

È probabile che Andrea Verrocchio gli avesse facilitato, inoltre, la sua naturale propensione per uno stile di vita anticonformista. 

Altre due Botteghe vi erano allora in Firenze, quella di Filippo Lippi e del Pollaiolo, con le quali quella del Verrocchio era sempre in competizione per spartirsi i clienti e le commesse. 

 

Fonte: Marco Biffani

 


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