PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
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Titolo dell'opera: cartone di Sant'Anna
Data di produzione: 1501 -1505
Dimensioni: 1,42 x 1,05 m
Conservata presso: National Portrait Gallery
Soggetto: Sant'Anna, Maria, Giovanni Battista, Madonna col Bambino
Tecnica: Carbone vegetale, Chalk
Attribuzione: Leonardo da Vinci
Titolo dell'opera: Sant'Anna, Maria, Giovanni Battista, Madonna col Bambino
Data di produzione: 1510-1513 circa
Dimensioni: 168 x 130 cm
Conservata presso: Museo de Louvre, Parigi
Soggetto: Sant'Anna, Maria, Giovanni Battista, Madonna col Bambino
Tecnica: olio su tavola
Attribuzione: Leonardo da Vinci
ll Cartone di sant'Anna
(Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e san Giovannino) è un disegno a gessetto nero, biacca e sfumino su carta (141,5x104,6 cm) di Leonardo da Vinci, databile al 1501-1505 circa e conservato nella National Gallery di Londra.
Sant'Anna
Fin dai primi tempi del cristianesimo, con l’accrescere del culto mariano, grande attenzione viene riservata alle figure di Anna e Gioacchino, genitori della Vergine. Le notizie più antiche, risalenti al II secolo, compaiono nel testo apocrifo del Protovangelo di Giacomo che narra del concepimento tardivo e miracoloso, annunciato agli anziani sposi da un angelo apparso ad Anna durante la preghiera. Grati a Dio del dono ricevuto, crebbero con amore Maria fino all’età di tre anni, poi, fedeli alla promessa fatta da entrambi quando imploravano la grazia di un figlio, la condussero al Tempio di Gerusalemme dove fu accolta e allevata.
Nel cartone di Leonardo tiene sua figlia Maria sulle sue ginocchia e quest'ultima trattiene il Figlio, che si rivolge verso san Giovannino. Anna indica con la sinistra il cielo e guarda Maria con uno sguardo festoso e familiare, come a voler chiedere conferma della sua miracolosa gravidanza.
San Giovanni
Leonardo si sforzò di riprodurre un senso policentrico di movimento, facendo in modo che i due personaggi principali, le donne, si fondessero in un unico gruppo. La struttura piramidale conferisce loro monumentalità plastica e ne sottolinea l'organicità.
L'opera è inoltre uno degli esempi più convincenti dell'influenza della statuaria antica su Leonardo, forse ispirata a un gruppo di Muse di Villa Madama che l'artista avrebbe potuto osservare nel suo viaggio a Tivoli del marzo 1501.
Oltre ai disegni preparatori, ciò si leggerebbe negli ampi panneggi, nell'impianto vigoroso e nella citazione piuttosto precisa contenuta nel busto della Vergine, che appare, come nelle antiche statue di Tivoli, con le braccia "tagliate" dalla strana foggia dell'abito. Anche l'uso del chiaroscuro accentuato e delle velature cromatiche sembra perlustrare nuove strade all'insegna della monumentalità, della resa atmosferica e dell'indagine psicologica, caratteristiche tipiche della sua migliore produzione della piena maturità.
L'opera, custodita a Milano nel corso del Cinquecento, ebbe particolare influenza sulla scuola leonardesca. L'interpretazione più celebre resta la Sacra Famiglia con sant'Anna e san Giovannino di Bernardino Luini, cui probabilmente appartenne il cartone, documentato successivamente nella collezione del figlio Aurelio.
Note
La storia dell'opera
1500
In quest'anno Leonardo torna a Firenze dove non vi faceva ritorno dal 1480. Leonardo sta vivendo un momento tormentato da problemi economici e bisognoso di lavorare, venne aiutato da Filippino Lippi, che in passato aveva lavorato più di una volta a commissioni lasciate incompiute e abbandonate da Leonardo. Filippino rinunciò in suo favore all'incarico di dipingere per i frati Serviti una pala d'altare per l'altare maggiore della Santissima Annunziata. Leonardo, col Salaì, si trasferì allora nel convento, dove realizzò un cartone con una Sant'Anna che godette di una straordinaria fama tra i contemporanei, come raccontò Vasari:
«Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl'artefici, ma finita ch'ella fu, nella stanza durarono due giorni d'andare a vederla gl'uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo.»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci.)
I frati si dovettero però accontentare del solo disegno, poiché Leonardo poco dopo lasciava di nuovo Firenze. Cambiato il programma iconografico la pala per l'altare maggiore venne poi avviata da Filippino e completata, dopo la sua morte, da Pietro Perugino. Del cartone leonardesco si persero presto le tracce.
1501, 3 Aprile
Secondo una lettera inviata dal carmelitano Pietro da Novellara a Isabella d'Este, in cui si parla di «un Cristo Bambino di età circa un anno, che uscendo quasi de' bracci ad la mamma piglia un agnello et pare che lo stringa. La mamma quasi levandosi de grembo ad S. Anna, piglia il bambino per spiccarlo dall'agnellino. S. Anna, alquanto levandosi da sedere pare che voglia ritenere la figliola che non spicca il bambino dall'agnellino».
1721
il cartone passò dagli Arconati ai Casnedi nel 1721
1763
I Casnedi cedettero alla famiglia Sagredo di Venezia, che lo cedettero a loro volta, nel 1763, a Robert Udney. L'inglese trasportò l'opera alla sua residenza di Burlington House, dove venne inventariata (per questo è chiamato spesso anche cartone di Burlington House), prima di approdare alla sede odierna nel 1962.
Il dipinto è l’esito di un lungo processo di creazione iniziato a Milano intorno al 1510 e portato avanti in Francia.
Leonardo, nel mettere in scena il tema della prefigurazione della Passione, riprende il motivo dell’agnello e porta la narrazione a un livello quasi domestico. A sovrastare il maestoso gruppo è la testa di sant’Anna - raffigurazione della Chiesa – dallo sguardo sereno e imperturbabile; con il braccio non visto, cinge la schiena della figlia chinata in avanti a sorreggere il bambino, che, abbracciato l’agnello, si volge gioioso a guardarla.
«La madre dal sorriso dolcemente malinconico sa che potrebbe portarselo via con un semplice levar di testa. È la testa, infatti, che tiene il suo corpo in equilibrio: il piede della sua gamba piegata, anch’esso non visto, è posto sulla stessa roccia sulla quale siede sant’Anna; è quindi il fulcro di una bilancia umana. Ma una bilancia che sant’Anna può controllare con la mano non vista».
(Pedretti 2005, p. 33)
Una sorta di moto continuo caratterizza la composizione: dal flusso generazionale - trasmesso da sant’Anna alla Vergine e al Bambino - al maestoso e nebuloso scenario di catene montuose sottoposte alla lenta azione metamorfica degli agenti atmosferici: allegoria del passare del tempo.
Se da grembo di Anna nasce Maria e da Maria nasce Gesù, proprio da Gesù rinascerà il mondo alla nuova vita cristiana. L'agnello simboleggia l'Agnus Dei e allude al sacrificio cui è destinato il Salvatore.
L’opera ha esercitato una notevole influenza sulla pittura del primo Cinquecento, come mostrano i soli due dipinti sottostanti presi ad esempio.
S. Giovannino, particolare daI Cartone di sant'Anna.
Leonardo da Vinci. 1501-1505. disegno a gessetto nero, biacca e sfumino su carta. presso National Gallery di Londra.
Descrizione dell'opera
L'opera raffigura le tre generazioni della famiglia di Cristo: Sant'Anna, sua figlia Maria e Gesù bambino. Anna tiene Maria sulle ginocchia, quasi fondendosi l'un l'altra; Maria sta per afferrare il Bambino sporgendosi verso destra, mentre egli gioca con un agnello, prefigurazione della sua futura Passione.
La composizione, ricca di significati allegorici, è modellata efficacemente secondo una forma piramidale, come in molte celebri pale rinascimentali, con la sommità nella testa di sant'Anna, che assume quindi un'importanza preminente. Essa lancia uno sguardo benevolo e sorridente a Maria e a Gesù, con una fisionomia tipica della produzione matura di Leonardo. Il suo ruolo è quello di simboleggiare la Chiesa che, ostacolando l'azione di materna apprensione di Maria, ribadisce la necessità del sacrificio volontario di Gesù.
La luce è soffusa e la cromia sapientemente modulata, con effetti atmosferici che legano le monumentali figure in primo piano con l'ampio paesaggio dall'orizzonte altissimo sullo sfondo, caratterizzato da una veduta montana che sfuma in toni chiarissimi per effetto della prospettiva aerea. La cromia spenta e brumosa dello sfondo amplifica la plasticità del gruppo centrale, sapientemente composto con gesti e sguardi che si sviluppano anche in profondità, in un difficile equilibrio tra diagonali e linee contrapposte.
Rispetto al cartone di Burlington House la composizione è più sciolta e meno legata all'esempio classico.
1501
Leonardo aveva approntato un cartone con il gruppo della Sant'Anna per la basilica della Santissima Annunziata a Firenze, opera che si ritiene perduta. Tornato a Milano nel 1506 doveva aver creato una nuova versione del dipinto forse per Luigi XII, il cosiddetto Cartone di Burlington House, oggi alla National Gallery di Londra.
La descrizione che nel 1501 il carmelitano Pietro da Novellara diede del dipinto fiorentino a Isabella d'Este «un Cristo Bambino di età circa un anno, che uscendo quasi de' bracci ad la mamma piglia un agnello e pare che lo stringa; la mamma quasi levandosi de grembo ad S. Anna, piglia il bambino per spiccarlo dall'agnellino» combacia con quella della tavola del Louvre, che eventualmente era una copia o una variante autografa dello stesso Leonardo.
1508-1513
Leonardo, basandosi sugli studi condotti a Firenze per l'altare dell'Annunziata, dipinse la pala a Milano durante il suo secondo soggiorno (1508-1513), per poi lasciarla lì durante il suo soggiorno romano, per poi riprenderla e portarla con sé in occasione della partenza in Francia, dove forse venne acquistata da Francesco I. Una «Madonna col bambino seduta sui ginocchi di Sant'Anna» venne ammirata dal cardinale Luigi d'Aragona durante la sua visita al Castello di Clos-Lucé, dove viveva Leonardo.
1517
l'opera è citata dal segretario del cardinale nella sua Relazione del viaggio, assieme a un San Giovanni Battista giovane e due ritratti (uno dei quali si presume fosse la Gioconda).
1629
Fu ritrovata dal cardinale Richelieu a Casale durante la guerra del Monferrato.
1636
L'opera risulta essere presso le collezioni di Francia
1801
Risulta essere presso il Louvre di Parigi.
La struttura del dipinto influenzò Raffaello e Andrea del Sarto in pittura, e Andrea Sansovino (Sant'Anna della basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio, Roma) e Francesco da Sangallo (Sant'Anna di Orsanmichele, Firenze) in scultura.
Nel dicembre 2008 un conservatore del Louvre scoprì diversi schizzi sbiaditi nel retro della tavola.
La riflettografia infrarossa rivelò tre disegni: una testa di cavallo di 18x10 cm, simile come stile ai cavalli del cartone leonardesco della Battaglia di Anghiari; una parte di teschio umano di 16,5x10 cm; un Gesù bambino con agnello, simile a quello dipinto sul davanti della tavola. Gli schizzi, eseguiti in pietra nera o carboncino, sono con molta probabilità di Leonardo stesso.
2012
Il dipinto fu restaurato dalla specialista italiana Cinzia Pasquali, che già aveva restaurato molti capolavori su incarichi affidati dai direttori di vari musei importanti. Questo intervento fu definito "il restauro del secolo" e con tale espressione s'intitola il documentario dedicato al lavoro di Pasquali.
Il documento che attesta e descrive l'attività di Leonardo in questo secondo periodo fiorentino, è l'importantissima lettera del carmelitano Pietro da Novellara, inviata il 14 aprile 1501, alla Marchesa di Mantova Isabella d'Este, nella quale il Vicario generale informava la sua nobile corrispondente che Leonardo avrebbe dipinto il suo ritratto non appena si fosse liberato da un impegno con il Robertet, favorito del re di Francia, in merito alla composizione di una Madonna con il Bambino "che sede come se volesse inastare fusi e come desideroso dessa Croce ride et tienla salda non la volendo cedere alla mamma che pare gliela voglia torre". Ma perché un paesaggio aretino per questa Madonna?
Pietro da Novellara, Lettera a Isabelle d'Este, 3 aprile 1501, Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, E. XXVIII, 3, b.1103, C.272
Milena Magnano, Leonardo, collana I Geni dell'arte, Mondadori Arte, Milano 2007, pag. 112. ISBN 978-88-370-6432-7
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