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Dopo l’apogeo toccato con Gian Galeazzo Visconti (morto nel 1402) la signoria dei Visconti decade: la Serenissima Repubblica di Venezia strappa al ducato di Milano i territori di Bergamo e di Brescia. L’ultimo duca Visconti, Filippo Maria, muore nel 1447, senza eredi maschi. Dopo un periodo di controversie, la dinastia ducale riprende con Francesco Sforza, il condottiero che aveva sposato Bianca Maria Visconti.
Sotto la guida degli Sforza, il ducato di Milano si afferma come uno Stato ricco e in piena espansione, forte di una rete commerciale estesa in tutta Europa, e anche come un esuberante laboratorio di idee nuove di urbanistica, architettura e arte.
Gli Sforza e il primo Rinascimento
Francesco Sforza, capostipite della nuova dinastia, entra a Milano nell’anno 1450. Partendo dal gusto ricco e sontuoso della tradizione tardo-gotica, la cultura artistica della corte milanese avvia una rapida e impressionante politica di rinnovamento della città, coinvolgendo architetti e artisti di varie parti d’Italia.
Il volto di Milano cambia velocemente, grazie a una serie di edifici monumentali, fra i quali spicca il meraviglioso Ospedale (“Cà Granda”) espressamente voluto dal duca e realizzato da Filarete, e allo sviluppo di piani urbanistici innovativi. Fra le chiese della prima età sforzesco vanno ricordate San Pietro in Gessate, ricca di notevoli affreschi quattrocenteschi, Santa Maria del Carmine nei pressi del Castello e la singolare Santa Maria Incoronata, composta da due corpi di fabbrica, nel cui complesso conventuale si conserva un autentico gioiello umanistico, la biblioteca degli Agostiniani.
Il massimo simbolo della potenza milanese è senza dubbio il Castello Sforzesco, baluardo difensivo e insieme raffinata reggia rinascimentale. Sorto come edificio militare e sede di uffici amministrativi, viene trasformato da Galeazzo Maria Sforza (figlio di Francesco Sforza, duca dal 1466 al 1476) in una residenza sontuosa. Lasciata la Corte Vecchia, il duca si stabilisce nel Castello, di cui un’intera ala assume forme eleganti e riccamente decorate con sculture e affreschi.
Vanitoso e impopolare, amante più della musica che delle arti figurative, il duca Galeazzo Maria Sforza cade vittima di un attentato, organizzato da un gruppo di nobili: suo figlio Gian Galeazzo è ancora un bambino, e il potere viene di fatto conquistato da Ludovico il Moro, fratello minore di Galeazzo Maria.
In questo periodo l’arte lombarda propone uno dei più importanti protagonisti: Vincenzo Foppa, il primo pittore capace di introdurre coerentemente nell’ambiente milanese i concetti della prospettiva, della cultura umanistica, del recupero dei modelli classici. Pur senza mai perdere il contatto con la realtà, testimoniato con sommessa e toccante poesia da opere come la Madonna col Bambino del castello Sforzesco, Foppa concepisce anche grandiosi cicli di affreschi, in cui dimostra un pieno aggiornamento culturale. ne è un eccellente esempio l’arco trionfale classico in cui viene inserita la Madonna della Pinacoteca di Brera. Il capolavoro di Foppa sono gli affreschi che ornano la Cappella Portinari (1468).
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Il Cenacolo e le altre opere di Leonardo a Milano
L’episodio che caratterizza l’arte del Rinascimento a Milano è l’arrivo di Leonardo da Vinci alla corte del duca Ludovico Maria Sforza, soprannominato “il Moro”.
Gli ultimi vent’anni del Quattrocento, caratterizzati dalle iniziative di Ludovico il Moro, segnano l’apogeo della signoria sforzesca.
Per offrire una immagine architettonica nuova della città Ludovico il Moro immagina progetti grandiosi e si affida soprattutto a Bramante, che realizza capolavori assoluti come la grandiosa tribuna di Santa Maria delle Grazie e il prodigioso interno di San Satiro, la chiesetta a due passi dal Duomo che assume proporzioni monumentali grazie all’illusionismo prospettico qui sperimentato dall’architetto urbinate. Bramante è anche l’autore della “ponticella”, il loggiato sul fossato del Castello in cui erano ricavate le sale private del duca.
Nonostante le numerose iniziative architettoniche e artistiche “moderne”, lo suo stile della élite politica era ancora legato al gusto e allo sfarzo di una festosa corte gotica, imperniata sulla celebrazione della figura del duca. Parte integrante della vita di corte era la presenza di un artista attivo a tempo pieno per fornire al duca, alla sua famiglia e alla ristretta cerchia dei cortigiani una cornice di feste, decorazioni, costumi, arredi, affreschi, ritratti, e oggetti destinati ad allietare i più diversi momenti della vita aristocratica.
Nel 1482, quando lascia la Firenze di Lorenzo il Magnifico per la corte milanese Leonardo è un giovane artista di trent’anni . Si presenta al duca con una lettera in cui elenca le proprie doti di inventore, ingegnere, tecnico militare e, “in tempo di pace”, grande artista. Milano e la Lombardia diventano la seconda patria del genio toscano, che qui trascorre due lunghi periodi di permanenza (1492-99; 1506-13), per un totale di venticinque anni. Leonardo trova un ambiente culturale vivace, un territorio e una meteorologia mutevoli e interessanti, libri e mezzi più avanzati per allargare la propria dimensione di uomo “universale”, capace di interpretare i segreti della natura nell’unione armonica tra scienza e pittura. Milano ha avuto il privilegio di accogliere Leonardo, ma anche la prontezza di comprenderne la grandezza e di sostenerne l’attività.
Collegato al Castello Sforzesco da un passaggio sotterraneo, il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie è uno dei più importanti complessi quattrocenteschi a Milano.
Iniziato nel 1460, è stato ampliato e rinnovato a partire dal 1490, per volere di Ludovico il Moro. Il duca voleva trasformare la chiesa nel proprio mausoleo, e ha affidato al celebre architetto Donato Bramante la costruzione del corpo absidale, sontuosamente decorato all’esterno e incentrato su un’ampia cupola.
Bramante è probabilmente anche l’autore della Sagrestia, un ambiente di profonda suggestione, oggi utilizzato per l’esposizione di disegni di Leonardo pertinenti all’Ambrosiana.
Intanto, importanti pittori della scuola lombarda decorano vari ambienti della chiesa e del convento. L’Ultima Cena di Leonardo, sulla parete di fondo del refettorio, si inserisce dunque nel vivo di un cantiere artistico di eccezionale qualità.
L’esecuzione dell’Ultima Cena prende avvio intorno al 1494 e si conclude nel 1497. Un tempo decisamente lungo, ma che riflette la meticolosa attenzione che Leonardo poneva in ogni sua opera. Per lungo tempo, Leonardo ha studiato la composizione generale e, una per una, le singole figure. Al momento della stesura, ha sperimentato una tecnica innovativa per dipingere sul muro, evitando i tempi ristretti imposti dalla tradizionale e sicura tecnica dell’affresco, che richiede un’esecuzione rapida. Nel lavoro sulla parete, Leonardo voleva essere del tutto libero di scegliere il ritmo: poteva passare giornate intere senza toccare i pennelli oppure trascorrere ininterrottamente ore e ore sulle impalcature.
Leonardo ha portato significative innovazioni nell’impostazione della scena. Per la prima volta nella storia dell’arte, tutti i tredici personaggi si trovano lungo lo stesso lato di una tavolata rettangolare. Cristo occupa il centro della composizione, e gli Apostoli sono divisi simmetricamente, in quattro gruppi di tre personaggi. L’assoluta regolarità geometrica della struttura rende ancora più animata e drammatica la violenza espressiva dei personaggi.
fonte: museomilano.org
Per alcuni studiosi il disegno è stato eseguito nel 1497, per altri nei primi anni del XVI secolo. Pantaleo Di Marzo così riporta: «Pianta e prospetto di Milano in orizzontale nel disegno di Leonardo da Vinci eseguito nel 1497. Biblioteca Ambrosiana – cod. Atlantico» (Pantaleo Di Marzo -a cura di-, Milano piante topografiche nel tempo, Tipolitografia Signum, Milano 1997, p. 21); In altro testo: «Pianta schematica di Milano, ca. 1508-1510. Penna e inchiostro, 285×210 mm Milano, Biblioteca Ambrosiana Codice Atlantico, ff. 199v/73v/a» (Frank Zöllner, Leonardo da Vinci 1452 – 1519, Taschen, Cina 2009, p. 549).
Amelio Fara così osserva: «si percepisce una sistemazione urbanistica periferica ideata da Leonardo nella Milano di Lodovico il Moro. Si tratta di un disegno che descrive l’impianto della città, percorsa da due fossati acquei concentrici, e da strade e canali radiali di raccordo. La zona interessata è caratterizzata da una piazza ubicata a cavaliere di uno di quei raccordi radiali fra i due fossati, creando incroci doppi ortogonali di strade. E le strade di maggior significato urbanistico sono quelle trasversali che smistano il traffico difensivo alle fronti laterali»
(Amelio Fara -a cura di-, Leonardo a Piombino. L’idea della città moderna tra Quattro e Cinquecento, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1999, pp. 10-11).
Gianluca Padovan (Ass.ne S.C.A.M. – F.N.C.A.)
Pianta e prospetto della Città di Milano con indicazione delle porte urbane (Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, f. 73 v.).
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