PORTALE ITALIANO DI DIVULGAZIONE DELLA VITA E LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
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1501, 20 marzo
E' annotato a questa data nel Codice Atlantico, «A Tivoli vecchio», cioè presso le rovine della Villa di Adriano vicino Tivoli, dove Leonardo si reca per studiare l'antico. E' di quest'anno il foglio di Weimar (ora nel Getty Museum di Malibu) con studi per il Bambino e l'agnello e per una laminatrice, oltre alla trascrizione dell'incipit di un codice di geometria dell'arabo Savasorda.
In marzo Isabella d'Este gli chiede una replica del suo ritratto. In aprile Leonardo dipinge la Madonna dei fusi per il Robertet, segretario di re Luigi XII; «impazientissimo al pennello» e impegnato in studi scientifici e matematici, interviene nei dipinti che due collaboratori portano avanti per lui. Le più importanti versioni sono la Buccleuch e la ex-Reford di Montreal-Canada, ora a New York, ma ne esistono molte altre, con varianti, compresa la scena domestica del girello per il Bambino, eseguite anche da seguaci spagnoli e fiamminghi.
1501
Leonardo tornò a Firenze, dove non metteva piede da vent'anni e che sette anni prima i Francesi avevano conquistato , nonostante suo padre fosse ancora vivo decise di alloggiare presso il canonico Amadori a Fiesole, fratello della matrigna Albiera, nonostante suo padre Piero fosse ancora vivo; probabilmente l'artista si sarebbe trovato a disagio nella casa piena dei fratellastri che non conosceva nemmeno e che si rivelarono poi a lui ostili dopo la morte del padre, riguardo all'eredità.. Durante i venti anni di assenza Firenze era cambiata, politicamente e artisticamente.
In quel tempo Gerolamo Savonarola, con la sua Repubblica teocratica, castigava i costumi troppo licenziosi dei Fiorentini, distruggendo libri, quadri, sculture e affreschi (anche il Botticelli ed altri noti artisti dell‟epoca ne soffrirono), fino a che Papa Alessandro VI Borgia lo scomunicò, favorendo, con suo figlio Cesare Borgia, il ritorno dei Medici.
Questi, armi in pugno, assediano il convento di San Marco dove si era rifugiato il Savonarola. Lo catturano, lo arrestano, lo torturano e lo mettono a morte nel 1498 in Piazza della Signoria.
Leonardo era tormentato da problemi economici e bisognoso di lavorare. Fu così che l'amico Filippino Lippi, che in passato aveva ricevuto commissioni lasciate incompiute da Leonardo, rinunciò in suo favore all'incarico di dipingere per i frati Serviti una pala d'altare per l'altare maggiore della Basilica della Santissima Annunziata. Leonardo, col Salaì, si trasferì allora nel convento, ma ancora una volta non riuscì a completare l'opera affidatagli. I frati si dovettero accontentare di un cartone con la Sant'Anna, poi perduto, che godette di una straordinaria fama tra i contemporanei.
Ne resta una vivace descrizione del Vasari:
«Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl'artefici, ma finita ch'ella fu, nella stanza durarono due giorni d'andare a vederla gl'uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo.»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci.)
1501, 14 aprile
Come riuslta dalla lettera, il frate le comunicò che Leonardo stava eseguendo un "quadrettino" per il segretario del re di Francia Florimond Robertet, che raffigurava la Vergine nell'atto di "inaspare i fusi" e il Bambino mentre afferra l'aspo come se fosse una croce. Si tratta sicuramente della Madonna dei Fusi, della quale esistono molte versioni, nessuna pienamente autografa. Le più vicine alla mano leonardesca sono ritenute quella nella collezione del duca di Buccleuch nel castello di Drumlanrig presso Edimburgo, forse la più antica, e quella in una collezione privata a New York.
Le lettere testimoniano comunque che Leonardo fosse ormai, anche a Firenze, pienamente occupato come pittore.
1051, settembre
Ercole I d'Este richiede al governatore francese di Milano le forme del Monumento Sforza predisposte per la fusione.
1501 inverno
Leonardo aveva approntato un cartone, molto probabilmente riferito alla Sant'Anna, la Vergine e il bambino, con il gruppo della Sant'Anna per la basilica della Santissima Annunziata a Firenze, opera che si ritiene perduta. Tornato a Milano nel 1506 doveva aver creato una nuova versione del dipinto forse per Luigi XII, il cosiddetto Cartone di Burlington House, oggi alla National Gallery di Londra.
Leonardo da Vinci nei documenti dell'archivio di Stato di Mantova e la lettera ritrovata
Nell’aprile 2019, presso la sacrestia della SS.ma Trinità annessa all’Archivio di Stato di Mantova, si è tenuta la mostra documentaria dal titolo Leonardo da Vinci nei documenti dell’Archivio di Stato di Mantova. Nella ricorrenza dei 500 anni dalla morte, il Comune di Mantova, l’Archivio di Stato e l’Associazione Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani, grazie ad una felice sinergia hanno voluto tributare un omaggio al genio del Rinascimento.
La mostra, fortemente voluta da Giovanni Pasetti consigliere delegato alla Cultura per il Comune di Mantova, ha visto esposti tutti i documenti ‘leonardeschi’ conservati presso questo Archivio di Stato. Si tratta di una ventina di carte che coprono un arco temporale tra il 1498 ed il 1506, cui si aggiungono una lettera del 1531 e uno stralcio dell’inventario dei beni della famiglia Gonzaga del 1627.
Nell’occasione è stato inoltre pubblicato un volume con studi, documenti e trascrizioni dal titolo Leonardo da Vinci nei documenti dell’Archivio di Stato di Mantova, per i tipi di Publi Paolini, a cura dello storico dell’arte Stefano L’Occaso, già direttore del Polo Museale Lombardo, con testi di Giovanni Pasetti, Stefano L’Occaso, Luisa Onesta Tamassia, Anna Casotto e Cecilia Tamagnini.
Com’è forse noto, Leonardo da Vinci, in fuga da Milano a seguito della caduta degli Sforza, soggiornò a Mantova per circa tre mesi, tra il dicembre 1499 ed il febbraio 1500, ospite dei marchesi Isabella d’Este e Francesco II Gonzaga: si fa risalire a quel breve arco di tempo l’abbozzo del ritratto di Isabella, oggi conservato al Louvre, che mai si tradusse in un dipinto compiuto.
Madonna dei fusiIl percorso espositivo si è snodato sostanzialmente attraverso il carteggio che la marchesa di Mantova intrattenne con il maestro nel tentativo di ottenere, inizialmente, il proprio ritratto, ed in seguito almeno un’opera, di qualunque soggetto, purché di sua mano. Isabella inviò direttamente a Leonardo tre lettere, cui egli non rispose mai personalmente, mentre una fitta rete di intermediari e corrispondenti permette di ricostruire non solo le opere di pittura e gli interessi del genio del Rinascimento in quegli anni, ma anche i suoi atteggiamenti.
Tra questi emerge in particolare, in una lettera del 3 aprile 1501 del predicatore carmelitano Pietro da Novellara, che la sua vita è “varia e indeterminata forte, sichè pare vivere a giornata” e che predilige gli studi della geometria «impacientissimo al pennello».
Della stessa condizione esistenziale dà conto anche una seconda lettera dello stesso Pietro da Novellara, che è stata esposta per la prima volta alla mostra, dopo un felice recupero.
La missiva, datata 14 aprile 1501 e già facente parte dell’Archivio Gonzaga, fu presumibilmente trafugata in tempi molto remoti, tra il 1781 ed il 1869, per poi finire sul mercato antiquario. Di essa chi scrive ebbe notizia nel 2018, durante le riprese per un documentario effettuate da una troupe francese per conto del canale televisivo franco-tedesco ARTE.
L’anonimo possessore, attuale proprietario del dipinto noto come Madonna dei fusi attribuito a Leonardo, ha voluto generosamente restituire il documento alla sua sede naturale, a condizione di mantenere l’anonimato. Attraverso una rete di intermediari la lettera è stata fatta pervenire a Parigi, dove chi scrive si è recata a prelevarla tra il 20 ed il 22 marzo 2019.Il documento è riportato in fonti bibliografiche otto-novecentesche, ma è del tutto sconosciuto ad Alessandro Luzio nel 1888.
Tuttavia nessun dubbio sussiste sull’appartenenza all’Archivio Gonzaga, dal momento che esso presenta, apposta nel margine superiore, la segnatura «E.XXVIII. n. 3» che identifica la corrispondenza proveniente da Firenze di “diversi”. Tali marcature archivistiche furono apposte sulla corrispondenza estera gonzaghesca entro il 31 ottobre 1781, nell’ambito dei lavori di riordino dell’Archivio Segreto di corte intrapresi a partire dal 1760.
Un secondo indizio permette infine di ipotizzare che il documento sia stato distratto dall’Archivio Gonzaga in tempi assai remoti: infatti, nella indicizzazione analitica condotta sulla corrispondenza dagli Stati esteri dall’archivista Stefano Davari, attivo tra il 1869 ed il 1909, anno della morte, risulta censita solo la lettera di Pietro da Novellara datata 3 aprile 1501.
Nel testo di questa seconda lettera fortunosamente ritrovata il predicatore carmelitano informa Isabella di avere finalmente incontrato Leonardo «il merchordi scorso», e benchè «li suoi esperimenti mathematici l’hano distracto tanto dal dipingere, che non può patire el pennello», il maestro si mostra disponibile «al volere gratificare vostra excellentia per la humanità gli monstroe a Mantua».
Si noti come questa frase renda esplicito il soggiorno di Leonardo sulle rive del Mincio e il debito di riconoscenza contrattovi per l’ospitalità. Il maestro promette dunque che «fornito c’egli havesse un quadretino che fa ad uno Roberteto favorito del re de Franza, farebbe subito el retrato e lo manderebbe a vostra excellentia». Il quadro di cui si fa menzione, accuratamente descritto nella missiva è, appunto, la cosiddetta Madonna dei fusi, commissionata da Florimond Robertet, potente segretario di Stato di Luigi XII, ed ora conservata in una collezione privata a New York.
Dunque, grazie alla sensibilità dell’anonimo possessore, che ha riconosciuto l’appartenenza del documento ad una istituzione pubblica quale l’Archivio di Stato di Mantova ed ha voluto liberalmente sanare una situazione di illegittimità, una nuova significativa testimonianza si è aggiunta ai documenti su Leonardo da Vinci conservati presso questo Istituto.
Luisa Onesta Tamassia
Direttore dell’Archivio di Stato di Mantova
Archivio di Stato di Mantova
Via Roberto Ardigò, 11, Via Dottrina Cristiana, 4 ,MANTOVA
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