L’ELISIR DI BUONA VITA…..
La vita era stata buona con lui. Vissuta facendo il macellaio in un paese della Russia di diecimila abitanti, nel quale i vegani non esistevano. Marc
Befanikov aveva lavorato duro senza risparmiarsi, anche fisicamente, ed
accumulato una notevole ricchezza. A cinquant’anni, quando aveva deciso di ritirarsi a godersela, il medico gli aveva diagnosticato un brutto male ed una prognosi di alcuni mesi. Quello shock gli aveva fatto venire in mente quanto gli aveva detto suo padre, vissuto fino a cento anni, in punto di morte.
Facendogli anche un piccolo dono: “L’uomo passa la prima parte della sua
vita a rovinarsi la salute e la seconda metà a cercare di guarire”. Tentò
disperatamente di ricordarsi dove lo avesse messo. Viveva da sempre nella
casa di famiglia, che da poco stava ristrutturando. L’unico locale rimasto
sempre intatto ed intoccabile era la soffitta. Erano anni che non vi entrava,
data anche la sua frenetica vita di macellaio che frequentava anche tutte le
sagre alimentari dei paesi vicini e le frequenti riunioni da Presidente degli
esercenti locali. Con una scala la raggiunse e faticò a rintracciare quella
specie di libretto di legno costituito da due sottili tavolette di massello di
quercia scuro. Lo pulì con la mano dalle ragnatele e dalla polvere e comparve una scritta dorata, ancora leggibile. Alma Salus. Marc si precipitò in cucina, lo pulì bene e, con un coltello, ruppe i quattro sigilli facendo attenzione a non rovinare l’unico foglio di carta particolare che conteneva. Sopra c’era tracciata la pianta di un fabbricato con delle scritte incomprensibili vicino e quattro gruppi di quattro righe ciascuno, altrettanto incomprensibili. Sembrava cinese, arabo o giù di lì. Si precipitò a prendere il dizionario per tradurre Alma Salus e lesse: “Colei che nutre” e “Anima” e sotto Salus: “lo stare bene”.
Proprio quello che cercava. Forse l’elisir di lunga vita. Anche per la longevità
del padre. Il giorno successivo, dopo averlo avvolto in un panno, Marc prese
il suo calesse, agganciò due cavalli e raggiunse la vicina capitale Pietrogrado. Vi conosceva, alla lontana, un sapiente scrittore, esperto
anche in lingue straniere che avrebbe potuto tradurlo. Neppure lui riuscì a
farlo. Allora gli propose di consultare, a pagamento, tre esperti di lingue
orientali e arabe, per sfidarli a tradurlo Chi vi fosse riuscito avrebbe ricevuto
in premio 100.000 rubli, ma solo se l’avesse fatto entro il termine di un solo
mese. Una cifra enorme per allora. Gli lasciò tre copie che si era fatto fare da un bravo amanuense della capitale e per l’incarico gli diede un sacchetto con alcune monete d’oro di risparmi che aveva accumulato. E tornò al paese.
Trovò la casa in disordine per i lavori di ristrutturazione che aveva ordinato,
mise nel cassetto della sua scrivania con specchiera, il libretto di legno e
tornò al suo lavoro.
Due mattine dopo gli si avvicinò il titolare della impresa incaricata della
ristrutturazione. Contrito, con il cappello in mano gli disse: “Sor padrone sono venuto a scusarmi. Spostando la toeletta con lo specchio è caduta, si è rotto il vetro e dal cassetto è caduto questo foglio. Naturalmente ne sottragga il costo dalle mie spettanze” E gli diede proprio quel foglio prezioso che teneva in mano. E proseguì “Mi è successo una cosa strana, questo era caduto su un pezzo di specchio a terra e, nel sollevarlo, ne ho letto il contenuto sullo specchio. Me ne scuso, ma la curiosità ha preso il sopravvento. Era una strana poesia. Girandolo ho visto che era scritto in cinese e sono rimasto stupito che si leggesse solo allo specchio!”. Marc BefaniKov rimase altrettanto stupito.
Corsero entrambi a ripetere l’esperienza e, dopo averne compreso il
funzionamento, lo abbracciò calorosamente e mise in mano ad uno
stupitissimo impresario, che aveva appena commesso un danno, 10 monete d’oro. Avrebbe risparmiato i 100.000 rubli e appreso finalmente il messaggio che gli aveva lasciato il padre. Una vera Poesia fatta di quattro quartine in endecasillabi a rime baciate. Non era firmata e quindi non sapeva chi l’avesse scritta ma era certamente antica e vergata da un sapiente. Un elisir di buona vita che diceva:
Se voi star sano, osser[v]a questa norma:
non mangiar sanza voglia e cena leve,
mastica bene e quel che in te riceve
sia ben cotto e di semplice forma.
Chi medicina piglia, mal s’informa.
Guarti dall’ira e foggi l’aria grieve;
su diritto sta, quando da mensa leve;
di mezzogiorno fa che tu non do[r]ma.
El vin sia temperato, poco e spesso,
non for di pasto né a stommaco voto.
Non aspettar né indugiar il cesso.
Se fai esercizio, sia di picciol moto.
Col ventre resuppino e col capo depresso
non star, e sta coperto ben di notte.
El capo ti posa e tien la mente lieta.
Fuggi lussuria e attienti alla dieta.
Fu una illuminazione. Gli raccomandava il modo corretto di alimentarsi ed
uno stile di vita salvifico e salutare. Lo adottò in pieno, si dimenticò della
malattia e visse sano, in forma e lucido fino all’età di suo padre.
NOTAZIONE: Questa è la sola, unica, vera poesia in versi scritta da
Leonardo da Vinci nella sua vita. Chi scrive l’ha scoperta nel 2011 in un
museo di Roma, e copiata lettera per lettera da una sanguigna proveniente
dal Codice Atlantico e può dimostrarlo. A distanza di 500 anni è ancora
attuale e condivisibile.