LEONARDO INTUIZIONE PIU’ CHE REALIZZAZIONE
L’istinto umano, primario, da sempre, è stato quello della curiosità. Per comprendere i perché delle cose.
Per servirsene, per tenersene lontano, per sapere se potevano essere utili, se dovevamo temerle. Per convivere col mondo che ci circonda. Nei bimbi è normale. Tutto è nuovo. Ed il conoscere le cause degli effetti che vede, sente e tocca, è naturale. Per Leonardo da Vinci era un comportamento inarrestabile.
Poco sappiamo dei suoi primi anni di bambino in Anchiano ed in Vinci. Probabilmente il contatto con la natura era uno stimolo continuo. Dalla vicinanza affettuosa del nonno e dello zio otteneva certamente risposte. La libertà che doveva avere da ragazzo in campagna, e nelle attività dei parenti, lo sollecitava a chiedersi i motivi dei comportamenti degli animali e degli uccelli in particolare. I motivi delle cose. Man mano che cresceva non gli erano più sufficienti delle risposte superficiali, evasive. Soprattutto poi da gente che non sapeva questi perché. Normalmente le persone approfondiscono un argomento per volta e fino ad un certo limite. Dovuto al momento, all’interesse ludico o professionale. Alla motivazione. A Leonardo non bastava.
E questo desiderio di approfondire la conoscenza delle cose, cresce enormemente dopo gli anni trascorsi presso la bottega del Verrocchio. Nella quale aveva imparato ad usare gli attrezzi, gli strumenti, a come
servirsene, a programmare lo svolgimento delle sue azioni. Per lui approfondire un argomento significava superare livelli di conoscenza allora inesistenti. Leggere libri in lingua greca o latina che contenevano i
principi delle cose visti dagli antichi. La cultura vera. Gli era impossibile. Quindi doveva esclusivamente servirsi dei propri mezzi culturali. L’essere un autodidatta come Giotto era un vanto. E non attribuire a Cimabue la sua sapienza rendeva Giotto, per Leonardo, qualcuno simile a lui. Raramente citerà il Verrocchio nei suoi scritti. Anche se da lui aveva imparato molte delle sue basilari conoscenze in vari rami dello scibile.
Esistono dei periodi nella storia in cui cresce il desiderio di saperne di più. A livello planetario. Per migliorare. Per danaro, Per semplice evoluzione. Soprattutto poi dopo un periodo, come il Medioevo in cui la conoscenza del nuovo si era a lungo fermata. Nel quale la Chiesa sosteneva l’inamovibilità delle cose.
Nate così per rimanere tali. Inutile spiegarsene il perché. Una eresia il tentare di farlo. La Bibbia un dizionario di vita. Un sillabario per tutti. Un freno alla novità, alla conoscenza. Il diluvio universale non bastava più a spiegare il perché si trovavano conchiglie sui monti. Così doveva essere all’epoca di Leonardo.
Un periodo di cambiamenti, di invenzioni, di azioni mai intraprese prima. Rischiando anche accuse di “stregoneria” per chi cercava spiegazioni. Un’era di competizione a sapere, a fare, a vivere in modo più consapevole. A ricominciare, a rinascere da un periodo oscurantista.
E’ impossibile dissociare curiosità da creatività. Investigazione da Scienza. Il pregio maggiore di Leonardo da Vinci era quello di avere una intuizione inestinguibile. Di anticipare il comportamento di un avvenimento, di
un processo, di un meccanismo. Riuscire ad intuire da un effetto la sua causa. Ipotizzandone i perché.
Cercando almeno di gettarne le basi. Disegnando sempre le sue idee, le sue intuizioni, le sue possibili creazioni. Magari con schizzi su foglietti anche piccoli o sui bordi di disegni che portava con se. O pezzi di carta che non gli mancavano mai.
Con l’impossibilità di approfondire tutto quello che intuiva e che avvertiva di dover spiegare. Lasciando ritratti, quadri, disegni non finiti. Non completando progetti che oggi molti studiosi realizzano con i mezzi di allora. E funzionano! Diventando persino inadempiente per mancanza di tempo o perché tormentato da nuovi stimoli, artistici o tecnici. Per cercare di studiarli si, ma a modo suo. A fondo. Scientificamente. Una imponente massa di dati impossibile a portare avanti per un uomo solo anche con pochi allievi.
Il fatto poi che c’era l’abitudine a non firmare i quadri, i ritratti e tantomeno i disegni rende la sterminata produzione leonardesca di difficile attribuzione. Un quadro poteva averlo dipinto uno dei suoi allievi e lui appena ritoccato. Il fatto che gli si riconoscesse l’aspetto di un Maestro in tanti rami ha fatto si che molti ne copiassero i soggetti ed addirittura gli sfumati ed il modo di pitturare.
Questi sono alcuni dei motivi per cui è difficile attribuire con certezza un’opera a Leonardo da Vinci.